Un corteo di circa millecinquecento persone, composto per buona parte da giovani e studenti, ha percorso i circa tre chilometri che dal viale Poetto portano al lungomare, per concludersi di fronte allo stabilimento balneare riservato all’aeronautica militare.
Promossa da A FORAS, l’assemblea che raccoglie varie anime del movimento antimilitarista e pacifista sardo, la manifestazione del 2 giugno ha avuto quest’anno tra i suoi temi forti, oltre a quello della dismissione delle basi militari in Sardegna, anche quello del cessate il fuoco in Palestina e della resistenza popolare contro le speculazioni energetiche nell’isola.
Un corteo arrabbiato e gioioso, ha scandito per tutto il percorso, sotto un sole già caldo, slogan che vogliono ricordare la presenza sull’isola di oltre il 62% delle basi militari italiane, dove si esercitano permanentemente gli eserciti della NATO e di altri paesi (compreso Israele) che, oltre a preparare le vere guerre sul terreno, rilasciano nell’ambiente scorie e veleni. La devastazione, sia essa operata dagli apparati bellici, che dalle multinazionali delle speculazioni energetiche, ha rappresentato il filo conduttore di questa giornata di lotta. Devastazione che ci riporta subito alla drammatica situazione in Palestina, come hanno ricordato gli attivisti della comunità palestinese sarda.
Quella del 2 giugno, festa della repubblica, è una data simbolo. Qui in Sardegna ha un valore particolare, perché quella stessa Repubblica italiana che ha fra i principi costituzionali il ripudio della guerra, utilizza la nostra isola come territorio a sua disposizione per la preparazione delle guerre, per la costruzione e sperimentazione di nuove armi, che vengono poi vendute a paesi belligeranti per fare strage fra i civili: in Palestina, nello Yemen, in Ucraina, nell’Africa sub-sahariana e in varie altre parti del martoriato pianeta.
La massiccia presenza studentesca e giovanile, è sicuramente un indicatore importante, che ci dice che le nuove generazioni, o almeno la loro parte più cosciente e attiva, non sono disposte a chiudere gli occhi e a tapparsi le orecchie davanti all’obbrobrio della guerra, all’ottusa logica di un militarismo anacronistico, che cerca di pervadere la stessa aria che respiriamo.
Durante la sfilata, numerosi automobilisti e passanti hanno mostrato solidarietà nei confronti dei manifestanti, con colpi di clacson e grida di approvazione: segno che l’insofferenza verso la massiccia presenza militare è ben più diffusa di quanto dicano i semplici numeri dei partecipanti al corteo.
Una manifestazione che, più che un punto d’arrivo, può diventare davvero un punto di partenza, perché questo corteo pur numeroso di oggi diventi, nel prossimo futuro, una massa critica tale da condizionare le decisioni di quelle istituzioni che, fino ad oggi, hanno fatto della Sardegna l’isola delle caserme.