Lo stato di salute della sanità in Italia è gravissimo e rischia di andare in coma, con sempre più persone, soprattutto le più vulnerabili, che rinunciano alle cure a causa della diminuzione della spesa sanitaria e dell’inasprimento delle proprie condizioni economiche. Milioni di persone si trovano oggi costrette a scegliere tra la propria salute e altre necessità basilari, come un’alimentazione sana e l’istruzione dei propri figli. Tutti i cittadini hanno un eguale diritto alla salute, ma nel nostro Paese non è più così: solo chi ha soldi si cura e ciò determina disuguaglianze economiche e sociali insanabili.
Serve una rivoluzione culturale per comprendere che la sanità non rappresenta solo un costo, ma un diritto primario che deve essere garantito a tutti, così come previsto dalla nostra Costituzione. Garantire l’accesso universale ai servizi sanitari e assicurare risposte e cure tempestive alle esigenze dei cittadini: è questo il senso della campagna nazionale “No alla povertà sanitaria. La salute non è un privilegio ma un bisogno primario”, promossa da Adoc, l’Associazione Nazionale per la Difesa e l’Orientamento dei Consumatori promossa dalla UIL. Una campagna di sensibilizzazione e informazione in ogni Regione d’Italia per rendere esigibile questo diritto e pretendere dalle Istituzioni il rispetto della salute di tutti i cittadini, recuperando ritardi e limiti di un sistema che penalizza i pazienti, il personale sanitario e tutto il Paese.
L’Adoc durante la presentazione della Campagna ha reso noti anche i dati di una ricerca curata da Eures, che certifica come la spesa pubblica sanitaria sia in calo a partire dal 2022 e non sia paragonabile con quella di altri paesi europei: “Il contesto europeo, si legge nel report, rende ancora più evidente la scarsa attenzione della politica italiana alla sanità: la spesa pubblica pro capite in sanità (a parità di potere d’acquisto) si attesta, infatti, in Italia, a 2.180 euro, con scarti rilevanti nel confronto con i principali benchmark dell’Unione, quali Germania e Francia, dove raggiunge, rispettivamente, i 4.641 ed i 3.766 euro per abitante. Superiore alla spesa italiana è anche quella della Norvegia (4.445 euro), del Belgio (3.387 euro), dei Paesi Bassi, dell’Irlanda e della Svezia. Dopo l’Italia, soltanto la Grecia (1.196 euro), la Polonia (1.491 euro) e il Portogallo (1.768).”
E mentre assistiamo al disimpegno dello Stato, cresce la spesa sanitaria privata, evidenziando come l’accesso alle cure sia sempre più un’opportunità differenziata sulla base dei livelli di reddito dei cittadini: tra il 2012 e il 2022, infatti, la spesa complessiva “out of pocket” delle famiglie italiane è passata da 31,5 a 36,8 miliardi di euro (+16,9%), pari ad una spesa media mensile di 113,5 euro; tale valore scende tuttavia a 97,3 euro al Sud (-15% sulla spesa media nazionale e -21% rispetto a quella del Nord), evidenziando una correlazione diretta tra livelli di reddito e accesso alla prevenzione e alle cure. Ciò nonostante, l’incidenza della spesa sanitaria delle famiglie su quella totale (pari in Italia al 4,3%), risulta più alta tra le fasce di popolazione più vulnerabile (5,5% tra gli anziani soli e 6% nelle coppie anziane) e nelle aree con la maggiore carenza di servizi (4,6% al Sud e 4,5% nelle Isole, contro il 4,4% del Nord Est e il 4,2% del Nord Ovest), evidenziando come la necessità delle cure vada ad erodere quote crescenti del reddito proprio tra i cittadini delle fasce meno abbienti. Nel 2022 le prestazioni intramoenia sono state in crescita del 16,7%, oltre 1 miliardo di spesa.
“Il disimpegno del pubblico in campo sanitario, con gli inevitabili squilibri che ciò comporta, emerge con chiarezza – evidenziano i ricercatori – anche considerando i dati relativi alle strutture e ai posti letto. Partendo da questi ultimi, emerge infatti come tra il 2007 e il 2022 i posti letto delle strutture sanitarie (pubbliche e accreditate) in Italia siano diminuiti del 13,1%, passando da 259,5 mila a 225,5 mila (-34 mila unità), scendendo l’offerta complessiva da 4,4 a 3,8 posti letto per 1.000 abitanti. Tale flessione è risultata tuttavia nelle strutture pubbliche (-14,1%) molto superiore a quella delle strutture private accreditate (-9%); conseguentemente, l’incidenza dei posti letto nelle private è salita dal 19,3% al 20,2% del totale.” Una riduzione dell’offerta pubblica che ha colpito soprattutto le regioni del Mezzogiorno (anche per effetto dei Piani di rientro), che hanno visto passare la propria “dotazione” da 4,2 posti letto per 1.000 abitanti nel 2007 – un valore già inferiore alla media italiana –, a 3,5 nel 2022 (ampliandosi il differenziale dalla media del Paese), mentre quella del Nord è scesa da 4,5 a 4 posti letto per 1.000 abitanti.”
E tutto ciò senza considerare che i medici sono sempre più anziani e gli infermieri sempre più precari. Mancano 100 mila assunzioni per adeguarsi alla media UE e la mobilità sanitaria (ospedaliera e specialistica ambulatoriale) in crescita dell’8,1% nel 2022, con oltre 19 milioni le prestazioni e quasi 5 miliardi di spesa.
Per affrontare questa sfida per l’Adoc sono necessari: maggiore impegno e trasparenza da parte delle Istituzioni; un ruolo protagonista delle cittadine e dei cittadini; un piano straordinario per la sanità pubblica; l’abbattimento delle liste d’attesa, che di fatto stanno facendo aumentare gli squilibri territoriali, generazionali e di genere e che rischiano di amplificarsi ancora di più con la proposta di legge sull’autonomia differenziata; la velocizzazione del processo della medicina territoriale (a tre anni dal covid siamo ancora in alto mare, bisogna arrivare in tutti i luoghi, nelle periferie e nei territori più lontani, bisogna raggiungere chi non può permettersi di spostarsi o “emigrare” per le cure).
L’Adoc propone anche la costituzione un Osservatorio sulla povertà sanitaria, un luogo di monitoraggio che raccolga e renda trasparenti tutti i dati relativi alla sanità, formato da Ministeri, Regioni, Associazioni degli operatori sanitari e Associazioni dei Consumatori. Solo attraverso un approccio collaborativo, responsabile e trasparente sarà possibile affrontare le sfide attuali e garantire risposte tempestive alle esigenze delle persone.
Qui il rapporto di ricerca Adoc-Eures “Sanità pubblica e tutela della salute Radiografia di un diritto negato”