Il ticket d’accesso altro non è che il tentativo ad abituarci all’idea che per circolare in città si debba esibire un “titolo autorizzativo”, che sia un QRcode o un documento di riconoscimento poco conta; che per ospitare un amico o un parente, sia necessario denunciarlo al Comune per avere un Qrcode; che per lavorare o studiare, occorre informare il Comune; che chi partecipa alle manifestazioni approvate dalla giunta comunale, non paga il ticket d’accesso, mentre, per le altre deve pagare, ma in ogni caso deve comunicarlo al comune e questo comporta far conoscere il proprio orientamento religioso e il pensiero politico; che le visite mediche non sono più riservate; che per presenziare al funerale di un proprio caro, i parenti fuori regione devono preoccuparsi di prenotarsi in barba all’umanità e alla compassione.
Ogni “autodenuncia”, comporta la registrazione sul portale con l’obbligo di accettare la privacy del Comune, in base alla quale i nostri dati sono conservati per cinque anni e su server extracomunitari dove non vige il GDPR; inoltre, questi dati posso essere ceduti a terze parti: ma perché? e chi sono queste terze parti?
Questi aspetti inquietanti non sono stati mai chiariti dall’amministrazione comunale.
A tutto ciò occorre aggiungere che dal 2019 sono state installate più di settecento telecamere (con a bordo AI e algoritmi di video analisi vietate dalla legge italiana) gestite da organi di controllo pubblico e collegate alla smart controll room, un sistema digitale che acquisisce i nostri movimenti in città agganciandosi alle celle telefoniche, ma anche “sentiment analysis” cioè lo studio del tono emotivo dei nostri messaggi e profilazione di coloro che si registrano sulla piattaforma, ossia in pratica, tutti.
Certo è che il sistema del ticket di accesso è basato e organizzato su quello della Smart Control Room, e ne potenzia l’estrazione dei nostri dati per addestrare gli algoritmi di deep learning della piattaforma digitale chiamata Urban Genius gestita da una nota compagnia telefonica e su cui si basa la realizzazione della cosiddetta “Smart City”: questa moltitudine di dati saranno analizzati, controllati, archiviati e venduti a operatori che sapranno ogni cosa di noi e potrebbero utilizzarli non solo per fini commerciali ma anche potenzialmente in modo ostile.
Questo sistema sarà ancora più pervasivo grazie allo sviluppo del 5G, che amplificherà in modo incontrollato la formazione di campi elettromagnetici con picchi altissimi, nonostante numerosi studi e ricerche dimostrino gli effetti gravi sulla salute dell’uomo ma anche sull’ambiente, compresi insetti, animali e piante.
In realtà negli ultimi anni a Venezia si sono adottate politiche errate che hanno esasperato la situazione delocalizzando e riducendo i servizi per i residenti; convertendo troppi immobili al turismo, in particolare da parte di grandi società che hanno attinto a piene mani su interi palazzi; permettendo la trasformazione di botteghe e negozi artigianali in attività commerciali a vocazione turistica.
I numeri di questa prima settimana dimostrano che il ticket non ha sortito il minimo effetto ai fini della riduzione del flusso turistico giornaliero, anzi, è maggiore di quanto previsto. L’unica cosa che non è mancata è l’immensa quantità di dati sensibili che ora possono essere gestiti, venduti ed esportati, con finalità che non ci è dato sapere.
Il mio auspicio è che tutto questo venga alla luce, compreso e bloccato sul nascere affinché Venezia resti una città che sia veramente libera e sostenibile.