L’Italia non è uguale per tutti: non lo è nelle prestazioni del welfare, né sul piano sociale ed economico. Se il 70% dei residenti nel Nord promuove i servizi pubblici nel proprio territorio, il dato si riduce al 39% nel Sud e nelle Isole, dove il 61% dei cittadini è del tutto insoddisfatto. Alla vigilia delle Elezioni Europee, meno di un quinto degli italiani confida che le risorse del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza saranno spese in modo efficace per far ripartire il Paese. E il 53% degli italiani che non hanno votato negli ultimi anni indica come motivazione la delusione e la sfiducia nei partiti. Si conferma un clima di sfiducia con relativo astensionismo: oltre 22 milioni di italiani sono orientati a non votare alle prossime elezioni europee dell’8 e 9 giugno. Sono alcuni dei dati emersi dall’indagine promossa dalla Fondazione Con il Sud e condotta dall’Istituto Demopolis su un campione di oltre 4.000 intervistati.
Lo studio ha analizzato l’opinione pubblica nazionale rilevando le dimensioni problematiche che gravano sulla quotidianità e sul futuro del Paese, i divari territoriali e di cittadinanza percepiti dagli italiani, ma anche le propensioni degli intervistati su temi caldi del dibattito politico come la riforma dell’Autonomia Differenziata.
Non è solo una faccenda di velocità; le “Italie” sono almeno due per una questione di servizi essenziali. E dopo le crisi sistemiche innescate dalla pandemia e dalla deriva inflazionistica che ha sferzato duramente l’Italia nell’ultimo biennio, le disuguaglianze si sono acuite e si sono ulteriormente dilatati i divari di cittadinanza. Meno di un quinto degli italiani ritiene che il Welfare pubblico garantisca oggi tutte le prestazioni di cui c’è bisogno nella propria regione di residenza. I servizi sociali, la sanità, la scuola sono garantiti nella dimensione strettamente essenziale, nella percezione del 43%, ma il 38% afferma che non sono più garantiti oggi neanche i servizi fondamentali del Welfare, con un dato che a Sud sale al 58%.
A livello nazionale, il 58% degli italiani promuove i servizi pubblici, ma con nette differenziazioni territoriali: in un’ideale pagella scolastica, le prestazioni sui territori ottengono almeno la sufficienza per il 70% dei cittadini residenti a Nord, dato che si riduce al 57% fra quanti vivono nel Centro Italia e si assottiglia al 39% nel Sud e nelle Isole. Su tutte le possibili ipoteche al futuro del Paese – secondo l’indagine Demopolis per Fondazione Con il Sud – è la sanità a rappresentare la dimensione più problematica nella percezione dei cittadini: per l’84%, dopo le crisi che si sono susseguite negli ultimi anni, il problema che peserà maggiormente sul futuro dell’Italia è la fragilità della sanità pubblica. La deriva inflattiva e l’aumento del costo della vita, con la riduzione del potere d’acquisto delle famiglie, sono citati dai due terzi degli intervistati, mentre il 62% richiama le carenze nel welfare ed il 59% l’insicurezza urbana e la criminalità.
Ma nella percezione degli italiani esistono questioni che si sollevano ben oltre la quotidianità nazionale e che iniziano a minacciare il futuro: lo spopolamento e la denatalità, con la riduzione delle nascite e l’invecchiamento della popolazione, citati dal 58%, ma anche gli effetti del cambiamento climatico (53%), che il Paese inizia a sperimentare con frequenza sempre maggiore, nelle forme degli eventi estremi, dalle alluvioni alle ondate di calore smodato e di siccità.
Su un dato, esiste davvero un’unica Italia: la percezione di inefficacia dei fondi Pnrr. Solo il 16% degli italiani (il 17% al Nord, il 14% al Sud) ritiene che le risorse del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, assegnate all’Italia dall’Unione Europea, saranno spese in modo efficace per far ripartire il Paese. Secondo l’analisi condotta dall’Istituto Demopolis per la Fondazione Con il Sud, gli italiani individuano due principali problemi che gravano su Comuni e Amministrazioni pubbliche per avviare i progetti del Pnrr: le lentezze della burocrazia e l’insufficienza di figure specializzate nella PA (78%), ma anche la bassa qualità o improvvisazione di molti progetti (60%). Un dato che evidenzia come vi sia una percezione consapevole nell’opinione pubblica sui limiti concreti della messa a terra dei progetti del Pnrr, come conferma anche un recente studio promosso dalla Fondazione Con il Sud e condotto da Gianfranco Viesti dell’Università di Bari da cui emerge come, soprattutto al Sud, vi sia un forte carenza di dipendenti e personale qualificato nelle pubbliche amministrazioni.
Quanto all’Autonomia Differenziata, il 53% degli italiani ritiene che sia inopportuna e sbagliata, perché favorirebbe solo le regioni più ricche, mentre il 35% la considera necessaria e urgente, perché aiuterebbe tutte le regioni. A pesare sui giudizi degli intervistati è innanzi tutto la percezione di quanto l’attuazione dell’Autonomia Differenziata possa incidere sulla qualità dei servizi erogati nella regione di residenza. I due terzi degli intervistati a Nord prevedono un impatto positivo della riforma, ma è solo il 38% a ipotizzarlo per il Centro Italia ed appena l’11% per il Mezzogiorno.
Esiste un divario di sviluppo in Italia che, a differenza di quanto accaduto in altri Paesi europei, non è mai stato colmato e si è addirittura progressivamente aggravato. E le forme di sostegno, le risorse speciali, i fondi di coesione destinati per decenni alle aree in deficit di sviluppo, poco hanno inciso sulla trasformazione socio-economica del Mezzogiorno e sulla reale unità del Paese. E gli italiani ne sono consapevoli. Considerando le differenze Nord-Sud, appena il 18% degli italiani ritiene che oggi, sul piano sociale ed economico, l’Italia sia unita. Non lo è per l’82%. Inoltre, il 45% sostiene che il divario si sia aggravato negli ultimi cinque anni, con una percezione che fra i residenti a Sud e nelle Isole sale al 60%.
L’analisi delle motivazioni dell’insanato divario si mantiene aperta e policentrica. Un primo elemento di riflessione emerge dall’indagine promossa dalla Fondazione Con il Sud: i cittadini meridionali (69%) ritengono che il Mezzogiorno abbia inciso poco o per niente nelle scelte della politica nazionale. Un ulteriore dato conferma le dinamiche di sfiducia istituzionale alla base dell’incremento dell’astensionismo: chi ha scelto di non votare nelle ultime tornate elettorali lamenta di certo delusione verso i partiti (53%), ma anche una complessiva sfiducia nella capacità della politica di incidere sulla vita reale delle famiglie (38%) e nella possibilità, votando, di cambiare la gestione della cosa pubblica (36%).
In questo contesto, dall’indagine emerge l’attesa di un approccio rinnovato alle politiche di sviluppo. Per la schiacciante maggioranza degli italiani (65%), a occuparsi di pianificare lo sviluppo sui territori dovrebbe ancora essere lo Stato, purché con l’ascolto e il coinvolgimento di imprese e cittadini anche in forma organizzata, affinché l’assunzione delle scelte di interesse collettivo abbia un respiro condiviso.
Qui Indagine dell’Istituto Demopolis per Fondazione Con il Sud: https://www.fondazioneconilsud.it/wp-content/uploads/2024/05/Fonda_Sud__2024_Demopolis_21_Maggio_Presentazione.pdf