Cisgiordania e Gerusalemme est
Incessanti rastrellamenti israeliani nelle città e villaggi della Cisgiordania. Ieri sono stati arrestati 25 attivisti civili tra i quali ragazze e bambini. Il numero degli arresti dall’inizio di ottobre 2023 è stato di 8.575 attivisti.
Negli attacchi armati dell’esercito e dei coloni ebrei, secondo i dati forniti dal Ministero della Sanità dell’ANP da ottobre 496 palestinesi sono stati assassinati in Cisgiordania e Gerusalemme e 4.950 sono stati feriti.
UNRWA
Il commissario dell’UNRWA, Lazzarini, ha dichiarato che per l’ennesima volta l’esercito israeliano gli ha impedito l’ingresso a Gaza. L’arroganza del governo israeliano lo porta a sfidare la legalità internazionale impunemente, perché protetto dalle potenze capitalistiche colonialiste.
Il Ministro degli Esteri Katz aveva parlato senza mezzi termini lo scorso marzo della cancellazione dell’UNRWA, come ente che ricorda i diritti storici dei palestinesi, da quello del ritorno alla terra natia, la Palestina, a quello del risarcimento per la deportazione della Nakba (1948).
L’UNRWA è anche impegnata nell’istruzione e servizi sanitari per le comunità di profughi palestinesi sparsi per la diaspora e nei territori occupati. Lazzarini ha denunciato la scarsa fornitura di derrate alimentari alla popolazione civile ed in particolar modo nel nord della Striscia. “Constatiamo inoltre – ha scritto Lazzarini – che l’esercito israeliano ha preso di mira e più volte i convogli di aiuti internazionali, mettendo a repentaglio la vita dei funzionari ONU. Chiediamo una commissione indipendente per verificare questi episodi”.
Israele
I familiari degli ostaggi in una lettera rivolta a Netanyahu hanno scritto: “La storia non ti perdonerà per aver sprecato un’occasione per liberarli”.
Il governo israeliano ha già approvato i piani per l’invasione di terra contro Rafah e l’esercito sta organizzando le truppe.
Le immagini satellitari hanno svelato l’ammassamento di truppe e la creazione di nuove basi ed accampamenti di tende per i soldati ad est di Rafah. In una di queste basi ci sono 120 carri armati. Israele ha chiuso il valico di Karam Abu Salem dopo l’attacco con missili compiuto dalle Brigate Qassam contro una base militare nei pressi del valico. L’esercito ha ammesso l’uccisione di tre ufficiali.
Trattative
Il capo della Cia, Burns, è volato a Doha per incontrare il Premier e Ministro degli Esteri Al-Thani e tentare di smuovere le acque della trattativa Netanyahu-Hamas per lo scambio di prigionieri e poi si è diretto a Tel Aviv per tentare di trovare la quadratura del cerchio con il recalcitrante Netanyahu.
La sua firma sull’accordo proposto dagli egiziani equivarrebbe alla caduta del governo, per l’annunciato e minacciato ritiro dei sionisti religiosi dalla maggioranza che lo sorregge e quindi il premier è costretto a ripetere che “l’invasione di Rafah è imminente, con o senza l’accordo”.
Un giornalista della tv israeliana Canale 12 ha contato 444 dichiarazioni di Netanyahu sull’imminenza dell’avanzata di terra su Rafah.
Anche la delegazione di Hamas ha lasciato il Cairo, “per consultazioni” con la direzione del movimento.
Ismail Hanie, presidente dell’ufficio politico, ha affermato che Hamas è impegnata per raggiungere un accordo “che garantisca la fine dell’aggressione, il ritiro degli invasori, il ritorno dei gazzawi alle loro case, la ricostruzione e lo scambio di prigionieri”.
È sottinteso che senza l’esplicita sottoscrizione di un documento che mette fine alla guerra non ci sarà ritorno degli ostaggi vivi alle loro famiglie. “Le minacce di Netanyahu – ha affermato un altro dirigente di Hamas sotto copertura di anonimato – non ci fanno paura; un’offensiva di terra su Rafah sarà una carneficina per i civili palestinesi e anche per soldati e prigionieri israeliani”.
Dopo la visita di Burns a Doha, fonti diplomatiche qatariote hanno rivelato ad Al-Jazeera che il governo del Qatar non accetta pressioni nel suo ruolo di mediazione e che opera su richiesta delle parti in causa.
Ha anche attaccato senza nominarlo il premier israeliano, per le accuse rivolte al Qatar e le richieste di far pressione su Hamas per accettare le condizioni di Tel Aviv.
Libertà di stampa
L’ufficio di Al-Jazeera in Israele è stato chiuso per ordine di Netanyahu. L’emittente del Qatar non potrà trasmettere notizie da Israele e dai territori palestinesi occupati dall’esercito israeliano.
Gli uffici dell’emittente a Gerusalemme ieri mattina sono stati invasi dalla polizia e dagli ispettori del Ministero delle Comunicazioni, che hanno sequestrato tutte le attrezzature e l’archivio dell’emittente. Il governo israeliano ha paura della verità sui crimini che compie a Gaza e nei territori palestinesi occupati e vuole chiudere la bocca a un media che ha rappresentato una delle poche fonti di informazione sull’aggressione.
Solidarietà internazionale
La protesta giovanile nelle università del mondo si sta estendendo a macchia d’olio, interessando sempre alti atenei e nuove nazioni. Dagli Stati Uniti è divampata in Canada e poi ha attraversato l’Atlantico per approdare a Londra, Parigi e Berlino. Anche in Italia è avvenuta la prima occupazione con l’allestimento di tende per passare la notte all’Università di Bologna.
Anche gli studenti giapponesi sono scesi in campo occupando 4 università di Tokio ed altri atenei in diverse città compresa Hiroshima, luogo del genocidio compiuto nel 1945 dagli Stati Uniti con l’uso della bomba atomica.
Altre manifestazioni studentesche si sono registrate in Yemen, Marocco, Turchia, Norvegia, Svezia, Austria e Australia.
In Italia, Milano, Roma e Napoli sono le città dove non è mai cessata la solidarietà permanente di massa a fianco del popolo palestinese e contro il genocidio in corso a Gaza.
A Modena, una nostra lettrice ci ha informato che un gruppo di solidarietà con la Palestina organizza un sit-in quotidiano in piazza e gli attivisti danno lettura alle notizie che la nostra rassegna Anbamed pubblica.
Al MIT alla manifestazione pro Palestina hanno partecipato studenti israeliani che hanno chiesto il cessate il fuoco immediato e lo scambio di prigionieri. Un’altra prova contro i fautori della repressione che vorrebbero bollare il movimento di protesta come discriminatorio contro gli ebrei.