Il super efficace libro di Lucia Tozzi racconta l’ultima grande trasformazione di Milano a vantaggio dei profitti della speculazione finanziario-immobiliare attraverso un bombardamento comunicativo di socialwashing misto a greenwashing, quindi alla gentification a discapito dei meno fortunati costretti a migrare altrove o espulsi. Un caso esemplare di controrivoluzione neoliberale pervasiva_
Chi visita Milano oggi non immaginerà mai che fino all’inizio degli anni ’70 questa città è stata la capitale del movimento operaio, con scioperi e manifestazioni di centocinquantamila lavoratori, studenti e residenti, la più importante città industriale, commerciale ma anche dei gruppi finanziari italiani. Da allora la città ha continuato a perdere centinaia di migliaia di abitanti (oggi conta 1.371.850 residenti, di cui solo circa il 40% nati in città). Il turnover dei suoi residenti aumenta sempre di più: dal 1971 al 2022 si sono avuti quasi due milioni di nuove iscrizioni all’anagrafe e due milioni di cancellati (emigrati altrove). Dal 2001 alla fine del 2021 ci sono stati 40.520 decessi più delle nascite. Un turnover che secondo Lucia Tozzi ben si adatta al “modello” di città che amministratori e attori dominanti perseguono: una città di persone che non hanno radici, che non hanno memoria del territorio, pronte a farsi fagocitare dai discorsi dominanti grazie al bombardamento della comunicazione pervasiva.
Fino all’inizio degli anni 2000 Milano era una città piuttosto triste e in declino. Come racconta Lucia Tozzi, è con l’Expo del 2005 che tutto viene stravolto dalla strategia dei grandi gruppi finanziario-immobiliari che puntano su una comunicazione superpervasiva ed efficace mescolando il discorso della riconversione pseudo-green (il greenwashing alla moda ovunque nel mondo) e il discorso pseudo-sociale (socialwashing) che fa credere a progetti che in realtà non fanno altro che attribuire ai privati sempre più parte del patrimonio pubblico; è in particolare il caso di ciò che è chiamata edilizia sociale, cioè la privatizzazione mascherata delle case popolari o il loro inserimento nel mercato degli affitti e delle compravendite a prezzi di mercato… che ora a Milano si avvicinano a quelli di Parigi o Londra.
La letteratura mainstream degli intellettuali e accademici cari agli attori dominanti (ad esempio Andreotti e Le Galès) non rende conto di questo processo; al contrario esalta i cambiamenti in atto come un favoloso e ben governato “rinascimento” (SIC!).
Lucia Tozzi decifra questa letteratura che riguarda anche gli esperti delle numerose Fondazioni dietro le quali si trovano i gruppi finanziario-immobiliari transnazionali. Di fatto Milano diventa la capitale o la provincia del capitalismo neoliberista globalizzato. Una città in balia della speculazione immobiliare, delle economie sotterranee, la città più inquinata d’Europa (come dimostrano le immagini satellitari europee ma anche lo stato dei corsi d’acqua, dei terreni e delle aree agricole circostanti, l’enorme quantità di allevamenti industriali e anche i dati sulla mortalità).Una realtà sfacciatamente tagliata in due, soprattutto tra la lunghissima coda di poveri che aspettano quotidianamente di avere un sacchetto di cibo davanti alla porta del Pane quotidiano, le famiglie delle periferie (che ormai il linguaggio del socialwashing chiama quartieri in processo di riqualificazione), la città dei riders e di decine di migliaia di pendolari, degli studenti fuori sede che non possono trovare un posto letto a causa dei prezzi allucinanti e, dall’altro lato, la città di decine delle nuove torri di grandi aziende e gruppi finanziari con le loro piazze circondate da bistrots e boutiques di lusso.
Gli attori dominanti della città, con il pieno sostegno dell’amministrazione (di “sinistra”), non smettono di costruire alloggi estremamente costosi (non meno di mille euro per stanza e ultimamente in forte aumento).
Secondo il sito dell’UE l’Italia è prima nell’UE per IVA non riscossa (evasa) e la provincia di Milano (così come tutta la Lombardia) è la regione con il maggior numero di evasioni fiscali e contributi sociali. Il 25% dei contribuenti ha un reddito annuo inferiore a 10mila euro, l’11% quelli con un reddito compreso tra 10mila e 15mila e il 26% quelli tra 15mila e 26mila;quindi il 62% dei contribuenti non raggiunge un reddito annuo superiore a 26mila euro, mentre il 7% supera i 75mila euro. In breve, il reddito annuo del quindicesimo più ricco della popolazione raggiunge i 105mila euro e più, mentre il quarto più povero arriva solo a 4.521 euro. Questa situazione sta rapidamente cambiando, nel senso che i meno fortunati sono costretti a emigrare verso le periferie più povere. Inoltre, i contribuenti con i redditi più alti sono spesso evasori fiscali, sempre ben supportati da esperti in questo campo così come in quello dei paradisi fiscali.
Da notare che in Italia quasi sempre le forze di polizia e parte della magistratura sono complici degli illegalismi degli attori dominanti. Questo a partire da Berlusconi e dall’ex sinistra che governava alternandosi con le destre. E ora non è un caso che l’attuale governo fascista adotti solo decreti e leggi a favore dell’evasione fiscale e dei contributi sociali, cioè delle economie sommerse e quindi degli illegalismi dei dominanti (orientando le polizie nazionali e locali a ignorare le vere insicurezze che affliggono la gran parte della popolazione e innanzitutto i lavoratori vittime di incidenti sul lavoro e tumori da contaminazioni tossiche).
Inoltre, si nota un turnover molto elevato nella maggior parte delle attività economiche (soprattutto bar, negozi di alimentari o di paccottiglie, piccoli ristoranti, ecc.). Ma come racconta Lucia Tozzi, le critiche e le proteste alla deriva neoliberista della città sono molto limitate, marginalizzate, oscurate innanzitutto perché la stragrande maggioranza degli abitanti è intrappolata in una doppia trappola: quella della comunicazione molto fagocitante/pervasiva e quella delle reti. C’è una cappa di propaganda e censura diffusa grazie al ricatto: “Siamo ancora sull’orlo del baratro, ma l’unica via di salvezza è comunicare insieme che qui va tutto bene! Che Milano è un’eccezione, un modello positivo, virtuoso!”
Durante l’esplosione della pandemia che ha colpito Milano più di tutte le altre città italiane, il sindaco (di “sinistra”) ha lanciato lo slogan: #milanononsiferma e ancora, dopo le forti critiche ricevute, ha dichiarato: “In città il ritorno alla normalità avverrà tra un paio di mesi”. Insomma, l’idea è che se lavoriamo tutti insieme convinceremo il mondo che è vero e vinceremo (una sorta di inno al celebre “la profezia che si auto-adempie”). Quanto alle reti, si tratta dell’effetto dell’enorme proliferazione di progetti e bandi di gara per ogni tipo di progetto per qualsiasi cosa. Questo ci costringe a fare rete e a rispettare le regole e le gabbie che questi bandi inevitabilmente impongono per far fare e dire quello che vogliono i donatori dei finanziamenti.
La narrativa dominante dice: “il pubblico non ha soldi ed è cattivo, il settore privato fa meglio e velocemente”. La devastante marcia delle privatizzazioni è iniziata nel settore sanitario ad opera della regione nelle mani della più spregevole destra (Formigoni adepto di Comunione e Liberazione, la setta holding dei cattolici di destra di cui l’allora presidente della Regione era un fedele seguace – successivamente è stato condannato per corruzione… ma non per tutti i crimini commessi durante quasi quindici anni al potere anche perché CL/Compagnia delle Opere è spesso sodale delle Coop e di altri, cioè di quelli che “fanno andare avanti l’economia del paese”). Da allora le privatizzazioni sono andate costantemente aumentando al punto che il Comune ha progressivamente affidato a privati gran parte e presto la quasi totalità del suo patrimonio immobiliare (piscine, parchi, piazze, giardini, scuole, biblioteche, abitazioni, ecc. ecc.).La giustificazione spacciata per indiscutibile era che tutto questo patrimonio era fatiscente, in uno stato inutilizzabile e il Comune non aveva i soldi per i lavori necessari al restauro (falso perché Miano è la più ricca città d’Italia). Da allora in poi tutta la città è diventata una serie di zone esclusive controllate dai proprietari di fatto di spazi “pubblici”… vietati a chi nell’aspetto o nell’apparenza non ha il profilo conforme a quello che si confà ai quartieri dei ricchi consumatori; ogni spazio di questo tipo è supermonitorato da polizie private, videosorveglianza a go-go etc.
Altro dato emblematico è che la partecipazione alle elezioni comunali è scesa intorno al 40%, il che permette di governare con appena il 20-22% degli aventi diritto al voto (è così anche per quasi tutte le città e regioni italiane governate dalle destre e dall’ex-sinistra).
È il trionfo della post-politica e della depoliticizzazione generalizzata. Un processo che conviene a tutte le parti perché hanno meno clientela da coltivare-comprare. Inoltre, come sottolinea Lucia Tozzi, colpisce notare che l’astensione più forte riguarda le periferie (come le banlieues in Francia) perché i loro abitanti sono stati da tempo abbandonati da tutti: non corrispondono ad alcun profilo adatto ad una città che punta sui consumatori benestanti o in grado di spendere abbastanza per l’after-hours, per le serate all’aperto o negli innumerevoli locali dove si mangia, si ascolta musica (spesso orrenda) o qualche giovane rapper… allora è ovvio che i meno fortunati tra le periferie meritano solo di essere allontanati il più possibile dalla città che deve essere riservata soprattutto se non solo ai residenti benestanti e molto ricettivi alla comunicazione degli attori dominanti.
Ben al di là delle sue specificità, Milano è una realtà del tutto simile a quella che quasi tutte le città aspirano a imitare.L’autrice cita numerosi esempi, dalla New York di Bloomberg, a Londra, Parigi, Vienna, Berlino, Barcellona ecc.e una vasta letteratura.
Milano appare, quindi,senza dubbio un caso estremo in un’Italia ormai in mano a una coalizione di destra che governa con il 27% degli aventi diritto (il fascismo democratico al potere).
Ma come sottolinea Lucia Tozzi, è possibile contrastare questa deriva reazionaria seguendo l’esempio di una città come Berlino dove il movimento dei residenti è riuscito a costringere il municipio a investire in un grandissimo parco veramente pubblico, completamente al di fuori di ogni contesto normativo. scopi degli imprenditori-speculatori privati.
Un libro che merita di essere letto con attenzione da tutti.