Sabato 11 Maggio, ancora una volta la rete “Mai più lager-No ai CPR” si fa sentire, ma questa volta sceglie un modo diverso. L’arte, la musica, con la speranza che questa superi le barriere.
Un concerto straordinario, in tutti i sensi: 200 persone impegnate a suonare, cantare, “mettersi d’accordo”, coordinarsi. Non è facile, né scontato. Molt@ di loro vengono da vere e proprie orchestre (ANPI teatro alla Scala, conservatorio Musica Verdi, Civica scuola di musica Claudio Abbado), altr@ più amatoriali, a loro si aggiungono gli intramontabili e inossidabili Ottoni a Scoppio.
Certo la Questura non avrebbe mai lasciato avvicinarsi troppo, si sapeva; il concerto si svolge in via Omodeo 90, a circa un chilometro dal CPR di via Corelli.
Vengono suonati più pezzi, da quelli più “seri” a quelli più popolari.
Alla fine si concorda con la Questura, ben presente come sempre, che una delegazione si avvicini. La delegazione riesce ad essere sufficientemente cospicua e soprattutto gli Ottoni si infilano come dei gatti.
Così la musica, la solidarietà, si avvicina a quel portone malefico, dietro il quale succede di tutto, ma che non si deve né vedere, né sapere. Arrivano a 30 metri di distanza.
Gli Ottoni suonano con tutto il fiato che hanno in corpo, la musica sale fino in cima a quel muro e poi scende fino alle orecchie di chi è dentro. Viene cantata anche Bella Ciao, in arabo stavolta.
Qualche riscontro da dentro arriva, forse qualcuno si commuove, dentro e fuori.
Una voce è arrivata. Un suono di rabbia e dolcezza, frullate insieme.
Qualcuno dirà: abbiamo bagnato le labbra a degli assetati.
Io dico: grazie a tutti e tutte coloro che hanno dedicato un sabato mattina alla complicata lotta per chiudere questi luoghi. Una lotta che ogni tanto sembra far balzi in avanti (servizi in tv, denunce, commissariamenti) per poi farne indietro, come dopo le aggressioni a poliziotti da parte di un paio di persone visibilmente squilibrate, quando si è approfittato per gridare all’apertura di un altro CPR a Milano.
Grazie a tutti e tutte coloro che martellano quotidianamente, tenendo sempre una luce accesa, mentre i riflettori sono capaci di accendersi come di spegnersi in fretta.
Ottimo cercare e trovare forme di comunicazione e coinvolgimento che rompano quel silenzio che accompagna la vita e la morte in questi luoghi maledetti.