I Paesi occidentali e i loro alleati – un settimo della popolazione mondiale – rappresentano circa due terzi della spesa militare globale. L’industria bellica sta guadagnando di peso in Germania, gli economisti prevedono la classica formula del secolo scorso: “cannoni e niente burro”.
La quota di spesa militare totale dei Paesi occidentali e dei loro alleati, ovvero due terzi di quella globale, è raddoppiata rispetto al resto del mondo, ed è in continuo aumento, secondo quanto emerge da un nuovo studio pubblicato a fine aprile dall’istituto di ricerca del SIPRI di Stoccolma. Secondo lo studio, l’anno scorso la spesa militare globale ha raggiunto il livello record di circa 2.443.000 miliardi di dollari, di cui il 37% è stato speso dagli Stati Uniti, il 24% dai Paesi europei, a cui si aggiungono le spese degli alleati più stretti come il Giappone. La Germania è al settimo posto nella classifica del SIPRI dei paesi con la più alta spesa militare a livello mondiale, ma quest’anno potrebbe salire al quinto posto grazie al suo massiccio riarmo.
L’accelerazione della militarizzazione in Occidente sta avvenendo in un momento in cui l’influenza economica, ed ora anche politica delle potenze transatlantiche, si sta riducendo – uno sviluppo che può essere fermato solo con la forza. Allo stesso tempo, in Germania sta crescendo l’importanza politica dell’industria bellica e del bilancio della difesa, a scapito delle voci di bilancio destinate ai civili.
I costi della militarizzazione
La stragrande maggioranza della spesa militare mondiale in costante crescita è sostenuta dai Paesi occidentali, secondo quanto emerge da uno studio pubblicato il 30 aprile 2024 dall’istituto di ricerca SIPRI di Stoccolma. Secondo lo studio, circa il 37% della spesa militare globale di 2,443 trilioni di dollari – 916 miliardi di dollari – nel 2023 è attribuibile ai soli Stati Uniti. Secondo i calcoli del SIPRI, i membri della NATO hanno speso insieme 1.341.000 miliardi di dollari – ben il 55% di tutta la spesa militare mondiale.[1]
L’Europa, a sua volta, ha speso lo scorso anno il 24% di tutti i fondi investiti nelle rispettive forze armate nazionali in tutto il mondo, ovvero la sola Europa occidentale e centrale ha speso 407 miliardi di dollari nelle forze armate – un terzo in più rispetto alla Repubblica Popolare Cinese, ad esempio, la cui spesa militare è stimata dal SIPRI in 296 miliardi di dollari per il 2023, compresi i fondi al di fuori del bilancio ufficiale delle forze armate.
Altri Paesi strettamente alleati dell’Occidente sono il Giappone e la Corea del Sud, che occupano il 10° e l’11° posto della classifica mondiale con una spesa militare rispettivamente di 50,2 e 47,9 miliardi di dollari, e l’Australia, che si colloca al 13° posto con 32,3 miliardi di dollari.
Una tendenza in crescita
Attualmente la Germania si colloca al settimo posto nella classifica stilata dal SIPRI, dietro a Stati Uniti, Cina, Russia (109 miliardi di dollari), India (83,6 miliardi di dollari), Arabia Saudita (75,8 miliardi di dollari) e Regno Unito (74,9 miliardi di dollari). Sempre secondo il SIPRI, la spesa militare tedesca ammonta a circa 66,8 miliardi di dollari, più di quella della Francia (61,3 miliardi di dollari), e continuerà a crescere in futuro. Secondo il Ministero federale della Difesa, nel bilancio militare ufficiale di quest’anno, pari a 51,9 miliardi di euro, saranno integrati 19,8 miliardi di euro provenienti dai cosiddetti “fondi speciali”, che la Corte dei Conti federale definisce come “debiti speciali”[2].
In questo modo la spesa militare tedesca raggiungerà ufficialmente i 71,7 miliardi di euro quest’anno, anche se ciò non corrisponde ancora alla spesa militare effettiva. L’importo che Berlino comunica ogni anno alla NATO comprende spese al di fuori del bilancio militare, una cifra, quindi, nettamente superiore al bilancio militare ufficiale dichiarato. Secondo il tasso di cambio attuale, solo quest’anno l’importo ha già raggiunto una cifra di 76,4 miliardi di dollari americani, il che potrebbe portare la Germania al quinto posto nell’attuale classifica mondiale, davanti all’Arabia Saudita.
L’Europa guida la corsa agli armamenti
Il ruolo di guida assunto dall’Occidente, e dall’Europa in particolare, nel settore degli armamenti globali è ormai diventato un dato di fatto. Ad esempio, secondo il SIPRI, la spesa militare degli Stati Uniti è aumentata del 9,9% tra il 2014 e il 2023, quella della Germania di circa il 48% nello stesso periodo e quella dell’Europa addirittura del 62%. I Paesi europei occupano ormai una posizione significativa anche nel commercio globale di armi. La Francia ad esempio è stata il secondo esportatore di armi a livello mondiale nel quinquennio 2019-2023, seguita da Germania, Italia, Regno Unito e Spagna tra il quinto e l’ottavo posto.
L’Europa è stata anche l’unica grande regione a registrare un massiccio incremento delle importazioni di armi nel quinquennio 2019-2023, con un notevole incremento del 94% rispetto al quinquennio 2014-2018[3]. Inoltre, negli anni dal 2019 al 2023, importanti alleati dell’Occidente hanno aumentato in modo significativo le loro importazioni di attrezzature belliche: Corea del Sud (+6,5%), Filippine (+105%) e Giappone (+155%). Secondo i dati del SIPRI, gli armatori statunitensi ed europei sono in netto vantaggio anche in termini di portafoglio ordini, che quantifica di fatto l’armamento per i prossimi anni [4].
Il declino dell’Occidente
I Paesi occidentali stanno intensificando gli armamenti in un momento in cui la loro influenza economica si è da tempo ridotta e anche quella politica sta venendo meno. Nel 2000, questi paesi rappresentavano ancora il 56,36% della produzione economica mondiale – calcolata in base alla parità di potere d’acquisto – ma ora sono scesi al 40,62% e, secondo le previsioni del Fondo Monetario Internazionale (FMI), continueranno a diminuire, mentre la quota del Sud globale è ora pari al 59,38% e continuerà a crescere.
Il G7, che si definisce il “comitato direttivo della politica mondiale”, ha ottenuto per la prima volta nel 2021 una performance economica più debole – calcolata anche in base alla parità di potere d’acquisto – rispetto ai BRICS (30,7% contro il 31,5%) e da allora è rimasto sempre più indietro, soprattutto da quando i BRICS si sono allargati il 1° gennaio 2024. La Banque de France prevede che nel 2027 i BRICS+ rappresenteranno circa il 37,6% della produzione economica globale, mentre il G7 sarà solo il 28,2%.[5]
La perdita di influenza politica dell’Occidente è riconducibile all’insuccesso nel processo di inclusione dei paesi del Sud globale alla partecipazione delle sanzioni contro la Russia, e l’unico modo per fermare questa perdita di “potere” potrebbe proprio essere il ricorso all’esercito.
Il peso dell’industria militare
La massiccia crescita degli armamenti, necessaria a questo scopo e che, secondo i dati del SIPRI, viene perseguita con determinazione, ha ovviamente avuto un impatto anche sull’economia interna dei paesi occidentali. Nella Repubblica Federale Tedesca, ad esempio, per decenni l’industria della difesa non è stata uno dei settori di maggior rilievo nell’economia nazionale, tuttavia, ora la situazione è in evoluzione.
Nel marzo dello scorso anno, Rheinmetall è stata la prima azienda del settore della difesa a essere inclusa nell’indice DAX (segmento della Borsa di Francoforte), simbolo della crescente influenza dei produttori di armi tedeschi.[6] Rheinmetall è stata in grado di aumentare il suo fatturato fino a 7,2 miliardi di euro nel 2023 e prevede di raggiungere un fatturato di 13-14 miliardi di euro entro il 2026.
Si tratta di un risultato ancora lontano anni luce da aziende di spicco come Volkswagen, che vanta un fatturato annuo di 322 miliardi di euro, ma che si avvicina ai vertici dell’industria tedesca in termini di aspettative. Con il progressivo aumento del peso economico dell’industria tedesca della difesa, è cresciuto anche il suo rispettivo peso politico.
Cannoni e niente burro
Allo stesso tempo, le spese militari stanno facendo retrocedere altre voci del bilancio nazionale tedesco. Con una quota del 10,9% del bilancio federale totale, il bilancio della difesa è attualmente la seconda voce più grande dopo il bilancio destinato al lavoro e ai problemi sociali.[7] Tuttavia, questo non include le spese che devono essere effettuate dal “fondo speciale” e, se si considerano anche queste, la quota militare si aggira già intorno al 15%. A lungo andare queste spese finiranno a scapito delle voci di bilancio destinate ai civili.
Il presidente dell’Istituto Ifo, Clement Fuest, ha recentemente dichiarato: “Burro e cannoni – sarebbe bello se fosse possibile. Ma questo è il paese della cuccagna. Quindi, non funzionerà”[8]. Fuest ha previsto “cannoni e niente burro” (ricordando così il celebre motto, “Cannoni al posto del burro”, pronunciato l’11 ottobre del 1936 dal segretario e aiutante del Führer, Rudolf Heß N.d.T.).
NOTE:
[1] Dati citati da: Nan Tian, Diego Lopes da Silva, Xiao Liang, Lorenzo Scarazzato: Trends in World Military Expenditure, 2023. SIPRI Fact Sheet. Solna, April 2024.
[2] Discorso del Ministro tedesco della Difesa, Boris Pistorius, al Bundestag: La sicurezza non è a costo zero („Sicherheit gibt es nicht zum Nulltarif“) su bmvg.de 01.02.2024, e „Deutschland kriegstauglich machen“.
[3], [4] L’Europa guida la corsa agli armamenti (Rüstungstreiber Europa).
[5] Expansion of BRICS: what are the potential consequences for the global economy? banque-france.fr 13.02.2024.
[6] Rheinmetall sale al DAX su tagesschau.de 04.03.2023. e Kampfpanzer statt Dialyse.
[7] Bundeshaushalt digital su bundeshaushalt.de.
[8] Raphaël Schmeller: “La coalizione rosso-verde smantella lo Stato sociale”, su junge Welt 24.02.2024, e Der Wille zum Weltkrieg.
Traduzione dal tedesco di Maria Sartori. Revisione di Thomas Schmid.