Dopo la caduta del 2020, nell’ultimo triennio il nostro paese, pur in un quadro macroeconomico internazionale incerto, è tornato a crescere a un ritmo superiore a quello medio dell’Unione. Ma l’episodio inflazionistico, straordinario per ampiezza, ha avuto effetti differenti sulle imprese e sulle famiglie. L’impatto è stato maggiore per le famiglie meno abbienti, sulla cui spesa hanno un peso maggiore i beni energetici e alimentari. E anche il mercato del lavoro, nonostante i miglioramenti osservati, presenta una parte ancora elevata di occupati che versa in condizioni di vulnerabilità, anche per la diffusione di tipologie contrattuali meno tutelate e a bassa intensità lavorativa. Sono i giovani, le donne e gli stranieri gli individui esposti, con maggiore frequenza, a criticità retributive. Sono alcuni dei dati dell’ultimo Rapporto ISTAT 2024 sulla situazione del paese

La buona performance dell’economia e del mercato del lavoro negli ultimi anni non è riuscita a intaccare le disuguaglianze economiche e l’aumento della sofferenza economica si è riflesso nel contemporaneo peggioramento degli indicatori di povertà assoluta: 2milioni 235mila famiglie in povertà assoluta (8,5% del totale nel 2023), ovvero 5milioni 752mila individui in povertà assoluta (9,8% della popolazione nel 2023), raggiungendo così livelli mai toccati negli ultimi 10 anni  E, come sottolinea l’ISTAT, negli ultimi 10 anni si è allargato il divario tra le condizioni economiche delle generazioni: più una persona è giovane, più è probabile che abbia difficoltà. La situazione si è invertita alla fine degli anni 2000: la grande recessione ha penalizzato di più le giovani generazioni.

Sono stati 1,3 milioni i minori in condizioni di povertà assoluta nel 2023, con un’incidenza del 14,0%. Valori più elevati della media nazionale si registrano anche per i 18-34enni e i 35-44enni (11,9 e 11,8 per cento, rispettivamente). Migliore la situazione per le fasce più anziane: 5,4% per i 65-74enni, 7,0% per gli individui con 75 anni e più. Nel nostro Paese, il 13,5 % dei minori di 16 anni è in deprivazione materiale e sociale (circa 1 milione 127 mila ragazzi e ragazze), 0,5 punti percentuali in più della media dell’Unione europea. Il rischio di povertà monetaria raggiunge il 25,6 %, al quarto posto dopo Romania, Spagna e Lussemburgo, e superiore alla media europea di 6,5 punti percentuali. Nel 2021, la quota di minori in condizioni di deprivazione raggiungeva il 20,1% nel Mezzogiorno, mentre nel Centro l’incidenza della deprivazione era pari a 5,7 %, valore dimezzato rispetto all’11,7 del 2017. Nel Nord si registra invece un peggioramento delle condizioni di vita dei minori di 16 anni, dall’8,5 % del 2017 all’11,9 del 2021. La deprivazione alimentare interessa complessivamente il 5,9 % dei minori di 16 anni (6,2 per cento nel Nord, 2,5 nel Centro e 7,6 nel Mezzogiorno).

Nell’intero periodo 2014-2023 l’incidenza di povertà assoluta individuale è aumentata di 2,9 punti percentuali, e tutte le fasce da 0 a 64 anni hanno peggiorato la propria posizione più della media (con un massimo di +4,5 punti percentuali per i minorenni). Le fasce di età più anziane hanno, invece, limitato il peggioramento a poco più di un punto percentuale. L’incremento di povertà assoluta ha, quindi, riguardato principalmente le fasce di popolazione in età lavorativa e i loro figli. Il reddito da lavoro ha visto affievolirsi la sua capacità di proteggere individui e famiglie dal disagio economico. Nei 10 anni, l’incidenza di povertà individuale tra gli occupati ha avuto un incremento di 2,7 punti percentuali, passando dal 4,9 % nel 2014, al 5,3 % nel 2019 fino al 7,6 % nel 2023. Nel 2014, l’incidenza di povertà era su livelli simili per i lavoratori dipendenti (5,0 %) e indipendenti (4,7 %); nel 2023, i dipendenti salgono all’8,2 %, gli indipendenti si attestano al 5,1 % di incidenza rispettivamente. Operai e assimilati sono l’unico sottogruppo di lavoratori la cui incidenza di povertà è costantemente superiore alla media nazionale, con una differenza rispetto alla media cresciuta di 3,0 punti percentuali tra il 2014 e il 2023 (da 1,8 a 4,8), corrispondente a un aumento dell’incidenza dall’8,7 al 14,6 %. 

Una situazione gravissima che il Reddito di cittadinanza aveva in parte cercato di contrastare. “Tra il 2020 e il 2022 – scrive l’ISTAT, l’erogazione del RdC ha permesso di uscire dalla povertà a 404 mila famiglie nel 2020, 484 mila nel 2021 e 451 mila nel 2022. Per quanto riguarda gli individui, l’uscita dalla povertà ha riguardato 876 mila persone nel 2020 e oltre un milione nel 2021 e nel 2022. Senza il RdC, l’incidenza di povertà assoluta familiare nel 2022 sarebbe stata superiore di 3,8 e 3,9 punti percentuali rispettivamente nel Sud e nelle Isole. Tra le famiglie in affitto, l’incidenza di povertà sarebbe stata 5 punti percentuali superiore. Tra le famiglie con persona di riferimento in cerca di occupazione, l’incidenza avrebbe raggiunto il 36,2 per cento nel 2022, 13,8 punti percentuali in più. L’erogazione del RdC ha portato il Poverty gap a una riduzione da 9,1 a 5,2 miliardi nel 2020, da 9,5 a 5,2 miliardi nel 2021, e da 9,8 a 6,2 miliardi nel 2022.”

L’evoluzione delle condizioni socio-economiche della popolazione si è compiuta in parallelo all’accentuarsi dello squilibrio strutturale indotto dalla dinamica demografica: 379mila nascite (minimo storico), a fronte di 661mila decessi e a 5,3milioni di cittadini stranieri (più 3,2% rispetto al 2022). Nel 2023 il calo della mortalità si traduce in un cospicuo recupero della speranza di vita alla nascita, che guadagna sei mesi rispetto al 2022. Aumenta di oltre 64 punti percentuali la quota di persone di 65 anni e oltre rispetto a quella dei giovani con meno di 15 anni tra il 2004 e il 2024. Il Rapporto ISTAT certifica anche i cambiamenti della famiglia: le coppie non coniugate, le famiglie ricostituite, i single non vedovi e monogenitoriali non vedovi nel 2023 sono il 39,7%, mentre sono il 22,1% gli adulti 25-64 che vivono senza partner.  

Qui il Rapporto ISTAT: https://www.istat.it/it/files//2024/05/Rapporto-Annuale-2024.pdf