La lotta contro il ponte sullo Stretto di Messina non si arresta; stavolta è stata Villa San Giovanni ad ospitare, il 18 maggio u.s., una nuova manifestazione diretta a ribadire la contrarietà dei territori e della gente a questo progetto.
Alle associazioni e ai comitati promotori, nati da anni su entrambe le sponde proprio per contrastare la realizzazione di quest’opera, hanno dato adesione molte altre realtà, locali e non, istituzionali e non: tra gli altri il WWF, Legambiente, gli Scout, Libera, l’USB, la CGIL, ma anche, oltre a quello di Villa San Giovanni, i comuni di Polistena, Gioia Tauro e Catanzaro, il M5S, Rifondazione Comunista, il PD, AVS.
La cittadina è stata invasa da diverse migliaia di persone che con slogan, cartelli, musiche e interventi hanno voluto esprimere il dissenso per questa opera faraonica, che, nonostante ( o forse proprio per ) la montagna di soldi in essa impiegati, è priva di ricadute positive sul territorio, cui anzi apporta danni notevolissimi in termini di distruzione di risorse.
Il corteo è stato solare, colorato, musicale, danzato, partecipato fino alla fine da persone di tutte le età; accompagnato nel suo snodarsi dai tanti striscioni appesi alle finestre, ai balconi, ai cancelli delle abitazioni e che hanno fatto da sponda e da abbraccio al fiume di gente che ha animato le vie della città, unendo il sentimento degli abitanti di Villa San Giovanni e Cannitello a quello dei manifestanti.
“No al Ponte”, “Teniamocelo Stretto”, “Lo Stretto di Messina non si tocca: Sicilia, Calabria unite nella lotta”, “No al Ponte delle Menzogne”, questi alcuni degli slogans del corteo.
La marcia, partita dalla Piazza Valsesia di Villa San Giovanni, si è conclusa nella piazza della Chiesa di Cannitello, con gli interventi dal palco ivi allestito.
Le varie voci che si sono avvicendate hanno reso chiare le ragioni della protesta, che investono certamente gli aspetti tecnici dell’opera, tutt’altro che risolti, ma che riguardano anche, e anzi in primo luogo, l’idea di sviluppo da cui essa nasce, e che procede a colpi di macro opere imposte, conculcando le risorse esistenti e mortificando l’autodeterminazione dei territori.
L’immaginario collettivo si focalizza inoltre sulla immagine di un ponte che unisce magicamente le due sponde come se le lasciasse intatte: tutt’altro!
Gli interventi hanno spostato l’attenzione anche su tutto quello che, su entrambe le coste, vi sta alle spalle: sul delirio di svincoli, sull’enormità delle opere di sbancamento, sullo stravolgimento delle due coste per decine di chilometri a monte e a valle del ponte vero e proprio.
Sono stati ricordati gli interessi delle grandi multinazionali che stanno dietro a quest’opera, certo opposti a un’idea di sviluppo interno delle aree che dovrebbero subirla, ma simbiotici agli appetiti della criminalità organizzata locale, soprattutto per l’allentamento dei controlli e la specialità delle procedure adottati per la realizzazione del ponte.
Ancora, se i gravi rilievi tecnici fanno pensare che difficilmente si arriverà davvero a costruirlo, è emersa altrettanto grave la preoccupazione già per il “solo” avvio di quei lavori “preparatori” (espropri, sbancamenti, appostamento dei cantieri, abbattimento di abitazioni, svincoli ecc. su entrambe le sponde), che avrebbero l’effetto di stravolgere, devastare il territorio e di lasciarvi una cementificazione tanto vasta quanto inutile; come già in parte avvenuto nel 2011 proprio nel territorio di Cannitello, dove si apprezza l’incombere di una mastodontica variante stradale, parte di uno svincolo accessorio al ponte, incompiuta e inutilizzabile, che ha prodotto solo la distruzione di vasta porzione del versante collinare.
Il ponte, si è concluso, è dunque un’opera non solo inutile, ma anche dannosa, frutto di logiche speculative e predatorie che riducono ancora il territorio della Calabria e della Sicilia a oggetto di occupazione coloniale; un’opera contro cui la lotta deve e intende continuare con prossime iniziative sulla sponda sicula, già preannunciate dai comitati in chiusura della manifestazione.