In risposta alla sentenza emessa dalla Corte internazionale di giustizia, che ha ordinato a Israele di interrompere immediatamente le operazioni militari nel governatorato di Rafah, in seguito alla richiesta del Sudafrica di adottare ulteriori misure cautelari nell’ambito della sua accusa di genocidio, Heba Morayef, direttrice per il Medio Oriente e Africa del nord di Amnesty International, ha dichiarato:
“Con questa ordinanza, la Corte internazionale di giustizia – il principale tribunale delle Nazioni Unite – ha reso estremamente chiaro che le autorità israeliane devono interrompere completamente le operazioni militari a Rafah, poiché qualsiasi azione militare in corso potrebbe sottintendere un atto di genocidio. Senza alcun dubbio, l’incursione via terra e il conseguente sfollamento di massa rappresentano un ulteriore rischio irreparabile per i diritti della popolazione palestinese, protetti dalla Convenzione sul Genocidio, nonché una minaccia per la sua sopravvivenza fisica, totale o parziale”.
“Sono passati quasi quattro mesi da quando la Corte internazionale di giustizia ha indicato per la prima volta misure cautelari. Durante questi mesi, la situazione umanitaria per i palestinesi è peggiorata esponenzialmente: 35000 di loro sono stati uccisi, ci sono state ulteriori prove di attacchi illegali contro i civili e le Nazioni Unite hanno denunciato la carestia e una continua e grave carenza di aiuti umanitari”.
“Nonostante tutto ciò, le autorità israeliane hanno portato avanti i loro piani per un’operazione via terra a Rafah, ignorando i ripetuti avvertimenti sull’impatto catastrofico che tale azione avrebbe avuto sulla popolazione civile palestinese, già ripetutamente sfollata con la forza, e per l’intero sistema di aiuti umanitari a Gaza. L’incursione via terra nella zona orientale di Rafah ha già portato allo sfollamento forzato di massa di oltre 800.000 palestinesi e alla chiusura del più grande ospedale del governatorato, Abu Yousef al-Najjar”.
“In maniera significativa, la Corte ha smascherato la farsa delle ‘zone sicure’ che le autorità israeliane hanno utilizzato per dare una parvenza di legalità alle operazioni. Le aree verso cui Israele ha costretto le persone a ‘evacuare’, in particolare al-Mawasi, sono del tutto inadatte a ospitarle e mancano dei più elementari standard di condizioni di vita sicure e dignitose, compresi acqua, servizi igienici, cibo, medicine e rifugi. Le azioni di Israele, inclusa la chiusura del valico di frontiera di Rafah il 7 maggio, dimostrano che, lungi dal proteggere i civili a Gaza, le sue forze militari hanno perseguito più volte politiche crudeli e disumane e hanno mostrato uno sconcertante disprezzo per la vita dei palestinesi, esposti a un reale rischio di genocidio”.
“La Corte internazionale di giustizia si è pronunciata ed è tempo che Israele e tutti gli stati agiscano in conformità ai loro obblighi rispetto alla Convenzione sul genocidio. Israele deve immediatamente interrompere le sue operazioni di terra a Rafah, nonché le operazioni militari in tutta la Striscia di Gaza, e garantire un accesso senza ostacoli per gli aiuti umanitari e i servizi di prima necessità. La Corte ha inoltre ordinato a Israele di consentire un accesso privo di ostacoli a missioni di accertamento dei fatti, commissioni d’inchiesta delle Nazioni Unite, investigatori e giornalisti per conservare le prove e verificare la situazione nella Striscia di Gaza, nonché per investigare in modo indipendente ed imparziale su possibili violazioni della Convenzione sul genocidio”.
“Dato che sono state emesse precedenti disposizioni, questa ordinanza non è più un semplice ‘richiamo’ a tutti gli stati, ma un’ulteriore e inequivocabile affermazione del loro dovere legale di prevenire il genocidio, il che implica che tutte le misure cautelari emesse dalla Corte devono essere debitamente attuate. Gli alleati di Israele devono utilizzare tutto il loro potere per influenzare le azioni di Israele al fine di fermare le operazioni via terra a Rafah e spingere per un cessate il fuoco immediato e duraturo da tutte le parti in conflitto”.
“Un cessate il fuoco rimane il mezzo più efficace per alleviare le sofferenze di massa dei civili e garantire che le misure della Corte internazionale di giustizia, incluso il suo appello per la liberazione immediata e incondizionata degli ostaggi nelle mani di Hamas e di altri gruppi armati, possano veramente essere attuate per prevenire il genocidio contro i palestinesi”.