A Porto Torres quando sentono parlare di «modernità» e «nuova industria» mettono le mani avanti esclamando solitamente «abbiamo già dato». In un territorio che ha pagato un prezzo altissimo all’industrializzazione pesante e alla relativa deindustrializzazione, c’è voglia di sperimentare percorsi economici finalmente compatibili con le esigenze della comunità e rispettosi dell’ambiente. Così lo scorso 11 maggio, alla chiamata del Comitato Nurra contro la speculazione energetica, i cittadini di Porto Torres hanno riempito la sala delle Casa delle Associazioni, in via principe di Piemonte.
Al microfono si alternano i vari relatori, tutti esponenti del «Comitadu de sa Nurra. No ispeculatzione energètica» sciorinando con sicurezza dati allarmanti. In Sardegna, al 31 dicembre 2023, erano pervenute a Terna 756 richieste di connessione di impianti di produzione elettrica, per una potenza di 55,05 GW. Un’enormità se si pensa che al 2022 la produzione di energia elettrica in Sardegna è stata pari a 12.423 GWh (per una potenza efficiente lorda di 5,09 GW), con un esubero del 39,2% rispetto ai consumi.
A presiedere l’incontro Mauro Gargiulo, punto di riferimento dell’ambientalismo isolano e della fitta rete di comitati sardi che da nord a sud dell’isola stanno opponendo una strenua resistenza ad una «rivoluzione energetica» in odore di ennesima truffa a danno dei sardi: «noi non critichiamo l’energia verde in sé, ma è in atto un attacco speculativo. Chiunque può presentare un progetto, può essere realizzato anche su area agricola ed è considerato di pubblica utilità prevedendo espropri selvaggi. Lo stato ha derogato totalmente ai privati ma eroga incentivi che graveranno sulla comunità per trent’anni».
Insomma, la posizione del Comitato Nurra e della rete di comitati a cui gli attivisti aderiscono, sfugge alla narrazione a maglie strette di chi vorrebbe una querelle tra ambientalisti e amici aficionados del fossile: «a fronte di un obiettivo dato allo stato italiano di 70 GW, in Sardegna sono state proposte richieste di connessione per 60 GW. Se tutti i progetti andassero in porto questi progetti, ricopriremmo l’intero fabbisogno dello stato. Il destino socio economico non è quello di diventare la ciabatta elettrica dell’Italia».
Sul tavolo della discussione anche la cosiddetta moratoria della Giunta Todde che però – rintuzzano gli esponenti del Comitato – non ha mantenuto la promessa elettorale di incontrarci: «i comitati chiedono semplicemente la partecipazione attiva delle comunità che è richiesta anche dalla normativa europea. Lo ignora solo lo Stato Italiano. Le comunità non sono state coinvolte per nulla» – spiega ancora Gargiulo.
Fra tutti i territori sardi la Nurra è tra i più sacrificati: «Noi ricaviamo le nostre informazioni dal sito di Terna dove sono stimate le ricerche di allaccio alla rete» – spiega Riccardo Anedda -«sul nostro territorio i progetti realmente presentati che devono passare per il VIA ammontano a quasi 5 GW, quindi da sola la Nurra soddisfarebbe il target statale individuato per l’intera Sardegna. La Nurra e soprattutto Porto Torres sono stati massacrati in nome dell’industrializzazione e ora ci chiedono nuovamente sacrifici. Soltanto il progetto di Palmadula coprirà mille ettari».
Sempre per il comitato è intervenuta anche la geologa Giulia Cossu che ha messo in luce il rapporto tra terre rare ed energie rinnovabili: «estrarle è nocivo e i giacimenti conosciuti non ci consentono di fare fronte agli impianti previsti, per cui le rinnovabili non possono essere considerate una soluzione, se non limitiamo quanto più possibile la produzione energetica». Inoltre la Sardegna – ha aggiunto l’esperta -«è un territorio fragile da un punto di vista Idro geologico ed esiste un concreto pericolo circa il mancato ripristino di questi impianti. Le promesse sono largamente inattendibili».
Le alternative alla monocultura però ci sono: «noi siamo per l’autoproduzione e per l’autoconsumo – ha spiegato Gianni Cabitta – siamo per le comunità energetiche il che vuol dire democrazia energetica e zero speculazione. L’altra misura che serve è il solare aziendale, cioè piazzare i pannelli sui capannoni. Con queste due misure non si consuma suolo e gli incentivi rimarrebbero per intero in loco riducendo sensibilmente la bolletta delle famiglie e delle imprese. Queste due misure hanno il pregio di favorire l’economia circolare in quanto questi impianti non hanno bisogno di nessun intervento esterno, ma sono interamente realizzati da maestranze locali».
Alla riunione era presente anche Alessandro Carta, assessore al Bilancio e alla sostenibilità energetica che ha invitato il Comitato ad esporre le sue ricerche nella casa comunale, individuando una sinergia fra gli obiettivi di sviluppo territoriale elaborati dall’amministrazione e l’idea di difesa del territorio che anima gli attivisti del comitato.