Oggi davanti al Mase, Ministero Ambiente e sicurezza energetica, si sono riunite delegazioni di vari territori contaminati, dal nord al Sud Italia, per far sentire la propria voce. Da Falconara, Sulmona, Marghera, Brindisi, dalla Basilicata e dal Polesine, da Coltano, Rieti, Acerra, Taranto, Pescara.

“I nostri territori sono chiamati di sacrificio -dichiarano gli attivisti- territori che devono immolarsi per il Pil, la crescita e la sicurezza energetica. Ma un progresso che aumenta i problemi dei cittadini e fa guadagnare solo le grandi multinazionali del fossile, delle grandi opere inutili, dei gruppi finanziari e speculativi, non è progresso”. Gli attivisti incalzano: “Uomini donne e soprattutto bambini si ammalano a causa di inceneritori, raffinerie, acciaierie, impianti chimici, discariche, centrali a gas…si muore per amianto, pesticidi e inquinanti eterni come i PFAS, polveri sottili, benzene. Le bonifiche raramente vengono iniziate e quasi mai completate”.

Le associazioni non dicono solo “no” ma fanno proposte alternative, citano progetti di bonifica e riconversione, comunità solari ed energetiche.

Si passa in rassegna il lungo cahier de doleance. A partire da Falconara.

“La nostra città è dominata da decenni dalla raffineria Api e dalle sue esalazioni nocive, ci sono due processi in corso e l’Api è alla sbarra anche grazie a noi cittadini, alle nostre denunce e segnalazioni. La Procura della Repubblica di Ancona con l’inchiesta “Oro nero” ha contestato il reato di disastro ambientale. Ogni matrice ambientale (aria, suolo, sottosuolo, acque marine e di falda) da noi è stata contaminata.

Tre anni fa eravamo qua, per contestare Cingolani, -ricorda Fabrizio Recanatesi- e oggi continuiamo a chiedere giustizia. Perché non solo il Ministero ha continuato a concedere proroghe alla raffineria, ma non si è nemmeno costituito parte civile nel processo contro Api. Non è una questione formale, ma sostanziale. Se non si costituisce parte civile, il Ministero non può chiedere il risarcimento del nostro territorio contaminato, in caso di condanna e nessuno eccetto il Ministero può chiedere questo risarcimento. Hanno fatto sei indagini epidemiologiche accertando che qui ci si ammala più che altrove. Non vogliamo più essere cifre tristi di una statistica”.

Tutti concordano su un fatto: “rifiutiamo il ricatto lavorativo perché è chiaro che le bonifiche, in un paese contaminato come l’Italia, con oltre 46 Sin, possono portare molta più occupazione di quella che porta a mantenere in vita questi impianti inquinanti”.

Seguono le altre delegazioni, Sulmona che lotta contro la centrale a gas e la Linea Adriatica, Ravenna e Piombino contro il rigassificatore, Brindisi e Marghera, che si battono non solo contro i decennali veleni del petrolchimico ma contro nuovi impianti in progetto. “Contestiamo il progetto di raddoppio dell’inceneritore Veritas e del nuovo inceneritore Eni Rewind, che dovrebbe bruciare i fanghi provenienti dai depuratori veneti carichi di Pfas -spiega Mattia Donadel di No inceneritore Fusina-. A giugno ci sarà la conferenza dei servizi, abbiamo presentato osservazioni e tutta la cittadinanza è mobilitata. Il rischio che i Pfas vengano dispersi in aria in un gigantesco aerosol è confermato da vari studi”.

Il primo giugno una grande manifestazione attraverserà Mestre.

Attivisti dell’Osservatorio Val d’Agri e della Rete no Triv raccontano la situazione della Val d’Agri in Basilicata, terra del petrolio, Texas d’Europa, con i due grandi giacimenti sfruttati da Eni (Cova) e Total (Tempa Rossa) entrambe in joint venture con Shell. Disastri, inquinamento, sversamenti di petrolio, pozzi esausti usati come discariche hanno portato a ben tre processi, dal significativo nome Petrolgate.

Nonostante la situazione critica sotto tutti i punti di vista, il Ministero dell’Ambiente e la Giunta Bardi hanno rinnovato nel 2022 a Eni e nell’aprile 2024 a Total le concessioni. Per Tempa Rossa si parla addirittura di un termine lontanissimo, il 2068.

Da Roma parlano i comitati della Rete Roma sud, contro il progetto di inceneritore a Santa Palomba da 600 mila tonnellate. Da Rieti le attiviste di Balia dal Collare che si battono contro il progetto Acea, per il raddoppio dell’acquedotto del Peschiera. “Acea dovrebbe risolvere le dispersioni e le rotture che sprecano fino al 70% di acqua, anziché depredare fino a seccare i nostri fiumi”.

Verso le 12, Fabio Tancredi, Vice Capo di Gabinetto del Ministero, ha ricevuto alcuni manifestanti promettendo che il documento consegnato verrà letto con attenzione e che forniranno presto risposte puntuali.

Davanti al ministero si alza intanto un muro di scatoloni, ognuno porta il nome di una città, e il nome di chi la inquina.