La traduzione in greco del romanzo Il Segreto, scritto dall’autrice di questo articolo, è stata all’origine di un dibattito, organizzato ad Atene dal Comitato greco di solidarietà con il Venezuela, “Todos somos Venezuela GR”, Siamo tutti Venezuela (https://somosvenezuelagr blogspot.com), e coordinato da un grande amico del processo bolivariano, Vaguelis Gonatas, più volte accompagnatore internazionale nelle precedenti elezioni. 

Il romanzo parla ai giovani di quanto accaduto durante il ciclo di lotta degli anni ’70 e ’80 in Italia. E, nell’introduzione, invita a riflettere su ciò che accade quando, come da noi, i tentativi rivoluzionari vengono demonizzati e ai giovani non è consentito utilizzare la memoria storica per costruire un’alternativa nel presente; e quando, invece, come è avvenuto in Venezuela con il socialismo bolivariano, quella memoria storica si rinnova, con nuove modalità ma con identici ideali, per costruire il futuro.

La Grecia, un paese di 11 milioni di abitanti, come si sa, è membro dell’Unione Europea dal 1986. E sono state le istituzioni europee a rovesciare la leadership del partito Syriza nel luglio 2015. All’epoca, Syriza era il principale partito della sinistra e del Paese, in una Grecia epicentro della crisi economica che stava colpendo l’Unione Europea. Con il suo risultato (36,34%) e la sua rappresentanza parlamentare (149 seggi su 300), Syriza aveva superato i migliori risultati storici del Partito comunista italiano (Pci) e del Partito comunista francese (Pcf), i due principali partiti della sinistra del dopoguerra nell’Europa occidentale.

Nonostante la clamorosa vittoria del “No” all’imposizione del piano di aggiustamento strutturale, nel referendum del 5 luglio, il primo ministro greco Alexis Tsipras (allora soprannominato “il Chávez dei Balcani”), capitolò di fronte alle richieste della “troika”. 

E si ricorderà anche che la Banca Centrale Europea, uno dei tre componenti l’organismo decisionale (insieme al Fondo Monetario Internazionale e alla Commissione Europea), che si dedica allo studio della situazione economica dei paesi per imporre un brutale pacchetto di aggiustamenti in cambio di finanziamenti, era diretta da Mario Draghi, ex primo ministro italiano. Di fronte a una crisi paragonabile, in proporzione, alla Grande Depressione nordamericana del 1929, il programma economico di Tsipras era piuttosto moderato, ma le autorità europee non erano disposte né ad accettarlo né a negoziarlo seriamente. La Troika è un organismo la cui ricetta serve a risanare le banche e non certo i cittadini delle classi popolari. Il “modello motosega”, di Milei in Argentina è solo l’ultimo degli esempi.

Da allora, la Grecia è diventata un “laboratorio di austerità”, dove sia la povertà che il debito pubblico sono saliti alle stelle, e dove l’assenza di risposte adeguate ai bisogni dei settori popolari delusi e impoveriti, ha aperto la strada al ritorno del fascismo e dell’estrema destra. Nel giugno dello scorso anno, Kiriakos Mitsotakis, del partito conservatore greco Nuova Democrazia, ha consolidato il suo secondo mandato come primo ministro del paese, dopo aver ottenuto più del 40% dei voti. Il suo principale rivale, Syriza, ha subito una sconfitta schiacciante con poco meno del 18%.

Se Syriza avesse trionfato, i partiti fratelli della sinistra radicale avrebbero avuto un modello concreto a cui riferirsi. La sua sconfitta, al contrario, ha concorso alla comparsa di un “contromodello” che vediamo dilagare in Europa e che – come si è messo in rilievo durante il dibattito ad Atene – mostra più di un elemento di “venezuelanizzazione”. Lo si è visto durante il recente convegno internazionale di Vox, in Spagna, a cui hanno particolato tutti i partiti di estrema destra, di Europa e dell’America latina. Se, infatti, la Grecia è stata un laboratorio di ciò che avrebbe potuto essere, ma non si è dato, il Venezuela bolivariano è un laboratorio in pieno corso: che indica la portata dello scontro da assumersi, per le forze di alternativa, anche solo per porsi sul terreno di vere riforme di struttura, ma per la via elettorale.

Allora, in Grecia, uno degli argomenti usati per soccombere al ricatto della Troika fu lo spettro del ritorno dell’estrema destra… Oggi, la società greca, smobilitata dopo la spinta del 2015, delusa dalle promesse non mantenute e, soprattutto, stanca di una crisi economica molto lunga, ha interiorizzato le condizioni internazionali che hanno reso impossibile una politica alternativa. E, come si è visto, dopo che Tsipras si è dimesso dalla presidenza del partito in seguito alla debacle elettorale, è stato eletto nuovo leader l’ex banchiere e uomo d’affari Stefanos Kasselakis. 

Durante il nostro viaggio, il governo ha risposto con una dura repressione agli studenti che occupavano l’università in solidarietà con la Palestina. Di tutto questo si è parlato nell’incontro di Atene, che ha sottolineato l’importanza di difendere il modello bolivariano “come esempio concreto di unità, lotta, battaglia e vittoria”.

Un esempio che è possibile resistere al ricatto dell’imperialismo e delle grandi istituzioni internazionali adottando, quando necessario, un atteggiamento flessibile a livello tattico, ma senza derogare dai principi. L’ambasciatore venezuelano in Grecia, Freddy Fernández, che proviene dalle fila della gioventù comunista venezuelana, ha risposto con profondità e franchezza alle domande di giornalisti e militanti, spiegando perché è essenziale, anche per chi lotta per un’alternativa in Europa, difendere il processo bolivariano.

Fernández ha spiegato in dettaglio come funziona il sistema elettorale in Venezuela, perché è stato considerato a prova di frode: poiché è controllato prima, durante e dopo ed è completamente automatizzato. E perché è necessario stare attenti ai piani per disconoscere i risultati che l’estrema destra protetta da Washington e dall’Unione Europea hanno già pronti. Piani per ignorare la volontà del popolo, che ha candidato il presidente Nicolás Maduro per un terzo mandato.

Dietro questi piani, ha ricordato l’ambasciatore, ci sono interessi giganteschi, centri di potere promossi da Washington che provano un profondo disprezzo per il popolo e per le sue idee, e che sono disposti a finanziare qualsiasi personaggio, anche oscuro e incomprensibile come Juan Guaidó, per contrastare Maduro. La politica anticubana, antivenezuelana o antisandinista che si sta costruendo a Miami, ha ricordato, è un grande affare: che arricchisce chi la dirige e gli fornisce un grosso portafoglio per pagare politici, media e mercenari nei vari paesi. Ungere adeguatamente i media mainstream – ha detto ancora Fernández – serve a mettere a tacere il fatto che, anche negli Stati Uniti, tra i dieci candidati alle prossime elezioni presidenziali ce ne sono anche alcuni che sono contrari alla guerra imperialista e all’aggressione contro i popoli che non si sottomettono. E così, “siamo venuti a conoscenza dell’esistenza di Jill Stein, candidata del Partito Verde alle presidenziali americane, solo quando è stata arrestata durante una protesta filo-palestinese alla Washington University di St. Louis, nello stato del Missouri. Anche per questo, di fronte alla censura dei media borghesi, occorre moltiplicare sui social il sostegno al candidato del popolo, posizionando l’hashtag #YoSigoAMaduro”. 

 

Articolo originale  scritto per El Correo del Orinoco