La Rete 26 febbraio e il Comitato Free Maysoon esprimono profonda preoccupazione e sgomento per la vicenda delle due donne curde-iraniane detenute da diversi mesi con pesanti quanto incredibili accuse.

Il 10 maggio si è tenuto l’incidente probatorio davanti al Gup del Tribunale di Crotone per Maysoon Majidi, di 27 anni, da cinque mesi reclusa nel carcere di Castrovillari. Maysoon è un’attivista che si è apertamente schierata contro il regime iraniano ed è stata costretta a fuggire. Poiché anche per lei, come per tante vittime di guerre, terrorismo e persecuzioni, non ci sono vie legali e sicure di ingresso, è stata obbligata al viaggio della speranza, imbarcandosi con suo fratello per raggiungere l’Europa. Qui, nella tanto decantata Europa democratica, anziché essere accolta è stata incriminata sulla base di improbabili accuse di altri due migranti. Accuse che gli stessi, in un’intervista in cui hanno parlato di un probabile errore di traduzione, negano di aver formulato.

Nell’ultima udienza, uno di loro, Asan Hosenzadi, che avrebbe dovuto essere sentito in merito, per la polizia giudiziaria è risultato irreperibile. Cosa strana, visto che l’avvocato della difesa ha il suo recapito ed il numero di telefono, al punto che subito dopo l’udienza ha parlato con lui in video chiamata davanti a telecamere e giornalisti. Per giunta, vivendo in un centro di accoglienza tedesco, il suo recapito è certamente noto alle autorità del posto.

Maryam Jamali, l’altra donna curdo-iraniana detenuta in Calabria, è invece arrivata con suo figlio di 8 anni, ma anche lei è accusata, guarda caso da due uomini che avevano tentato di violentarla, di essere una scafista; nei fatti, tale aggressione a cui lei ha resistito, le sta costando il carcere da fine ottobre 2023. Non bastasse ciò, il bambino le è stato tolto ed è stato affidato a un centro di accoglienza.  Ci chiediamo: quale scafista porta con sé un bambino di otto anni? Come si può lasciare in carcere una ragazza di 27 anni, che in 5 mesi ha perso già 15 chili, con anche solo il dubbio che sia lì per un errore dell’interprete? E ancora, come si può non dare subito i domiciliari a queste due donne e a quanti e quante si trovano nella loro stessa situazione? Si tratta, al minimo, di condizioni che traumatizzano bambini e adulti costretti a rischiare la loro vita in questi viaggi.

E poi, per entrare ancora nel merito della vicenda processuale, perché pur avendo chiesto più volte di essere sentita, Maysoon non è stata ancora interrogata?

Davvero lo Stato italiano non riesce a trovare un migrante ospite in un centro di accoglienza tedesco, pur avendo telefono e indirizzo?

Davvero basta così poco per rimanere stritolati nelle maglie della giustizia?

Davvero si crede che trafficanti e criminali si trovino sulle carrette del mare in balia delle onde?

Continuiamo a essere fortemente indignati, così come dopo i fatti di Cutro, e avversiamo questa retorica propagandistica che trasforma le vittime in colpevoli, pensando di costruire consenso sulla pelle di donne e bambini. Chiediamo giustizia per Maysoon e Maryam, giustizia vera, quella che tutela i diritti e la dignità di ogni essere umano, soprattutto dei più vulnerabili. Ben sapendo, purtroppo, che alcune inumane leggi europee e nazionali riservano lo stesso trattamento a oltre un migliaio di migranti.

Rete 26 febbraio e Comitato Free Maysoon