Era avvenuta da poche settimane la rivoluzione in Ucraina – o il colpo di stato, a seconda della prospettiva – in seguito alla quale ci fu l’annessione della Crimea alla Russia e l’inizio del conflitto armato nel Donbass tra milizie filorusse e filogovernative, quando si svolse a Verona l’Arena di Pace e Disarmo del 25 aprile 2014 dalla quale fu lanciata la Campagna per la difesa civile non armata e nonviolenta, che prenderà il nome “Un’altra difesa è possibile”. Una campagna non ancora conclusa che, già dieci anni fa, proponeva attraverso una legge di iniziativa popolare (e successive proposte di iniziativa parlamentare), tra le altre cose, la costituzione dei Corpi civili di pace come forza non armata capace di intervenire nei conflitti con gli strumenti della nonviolenza, invece di inviarvi armi ed armati. Scrivevo allora che era necessario “far diventare l’Arena di pace e disarmo il punto di partenza di una nuova grande mobilitazione europea per il disarmo e la pace per superare le politiche di potenza che hanno dominato i secoli degli imperialismi e delle guerre mondiali attraverso l’esercizio del potere dei popoli, l’unico capace di imporre politiche di pace” (7 marzo 2014).
Invece, in questi dieci anni, tutti i governi che si sono succeduti in Italia hanno ignorato la proposta dei Corpi civili di pace, che avrebbero dotato il nostro paese di un “mezzo” costituzionale di “risoluzione delle controversie internazionali”, anziché la ripudiata guerra; la guerra regionale del Donbass, con l’invasione russa dell’Ucraina, è stata internazionalizzata e subisce un’escalation che ogni giorno rischia di scatenare l’apocalisse nucleare; l’Europa, schiacciata sulla politica di potenza statunitense, anziché svolgere il ruolo di Terzo mediatore, spende oggi in armamenti il 62% in più e, invece di approntare un Corpo civile europeo di pace, secondo la proposta avanzata da Alex Langer al Parlamento europeo fin dal 1995, minaccia l’invio di soldati a morire nelle trincee ucraine. In questo scenario disastroso – e mentre continua senza sosta il massacro di Gaza, che ogni giorno che passa assume le dimensioni del genocidio – si è svolta, sabato 18 maggio a Verona, la nuova Arena di Pace con la presenza di papa Francesco.
Promossa dalla Diocesi di Verona e dalle riviste cattoliche impegnate per la pace, sulla scia delle “Arene” precedenti, l’Arena di pace del 2024 ha visto la presenza di oltre 12.000 pacifisti e nonviolenti, laici e cattolici, riuniti in uno scenario straordinario con la bandiera bianca in mano – oltre alle bandiere arcobaleno – a ribadire l’urgenza dell’impegno per la pace, attraverso il disarmo e la costruzione degli strumenti nonviolenti di gestione dei conflitti, anziché la follia della nuova corsa agli armamenti che genera immensi profitti con le guerre. Papa Francesco ha fatto una lezione di nonviolenza contro il bellicismo dilagante, spiegando che “dobbiamo saper fare i conti con la fisiologia dei conflitti, che sono una sfida alla creatività, per uscirne non con la violenza, ma al di sopra, attraverso il dialogo che prevede l’ascolto della pluralità”. Sembra evocare, Francesco, l’approccio di Johan Galtung, il fondatore dei Peace Studies, sul “trascendimento” dei conflitti attraverso la nonviolenza: prendersene cura e lavorarci con la fatica della mediazione creativa, anziché esasperarli ed armarli.
L’Arena di pace 2024 è stata preparata nelle settimane precedenti dai Tavoli di lavoro, tra i quali quello su Pace e Disarmo partecipato dai movimenti per la nonviolenza, che ha elaborato un denso documento che indica le strade “per uscire dal sistema di guerra”. Si va dal ridurre progressivamente e rapidamente le spese militari e destinare le risorse liberate a politiche culturali e sociali alla sottoscrizione del Trattato per la proibizione delle armi nucleari, allontanando dal territorio italiano tutte le testate presenti; dalla costituzione della Difesa civile non armata e nonviolenta, con il relativo “Dipartimento” come primo nucleo di un futuro “Ministero della Pace” all’istituzione dei Corpi civili di pace, a partire dal nostro Paese; dal vietare senza eccezioni l’esportazione di armi e la cooperazione militare con paesi in guerra, difendendo la Legge 185/90 oggi sotto attacco, al fare della scuola una istituzione educativa che formi alla pace attraverso la nonviolenza, contrastandone i processi di militarizzazione con l’ingresso delle forze armate, e liberando anche l’Università dai condizionamenti del complesso militare-industriale.
Insomma un rinnovato impegno programmatico dei “costruttori di pace”, tanto più necessario quanto più, come ha detto in conclusione papa Francesco, “la pace è nelle mani dei popoli che devono averne coscienza ed organizzarsi”. Rispondendo così anche all’appello registrato da Edgar Morin, le cui condizioni di salute a quasi 103 anni non hanno consentito di essere presente fisicamente, ma che non ha voluto far mancare la propria voce all’Arena di Verona: di fronte “a tanti pericoli, tante guerre, tanta difficoltà a trattare i problemi fondamentali dell’umanità, c’è bisogno di una coscienza fortissima della necessità di lavorare insieme per fare un movimento ardente e forte per la pace”. Vista la sordità dei governi, dieci anni dopo è più urgente che mai.
[Articolo pubblicato su I blog del Fatto Quotidiano]