1. L’ENAC (Ente nazionale per l’aviazione civile), dipendente dal ministero dei Trasporti di Salvini, ha comunicato cinque “ordinanze” con riferimento agli aeroporti siciliani di Palermo (Punta Raisi e Boccadifalco), Lampedusa, Pantelleria e Trapani, titolate “Interdizione all’operatività dei velivoli e delle imbarcazioni delle ONG, sullo scenario del Mare Mediterraneo centrale”.
Sulla base di una ricostruzione parziale e contraddittoria delle fonti normative interne e sovranazionali che disciplinano le attività SAR (di ricerca e salvataggio), dopo avere “preso atto” delle comunicazioni ricevute dalla Centrale di coordinamento della Guardia costiera italiana (IMRCC), “circa le reiterate attività effettuata da velivoli e natanti, riconducibili alla proprietà di Soggetti anche extra UE, che si traduce nel prelievo – da imbarcazioni di fortuna – di persone migranti provenienti da rotte nordafricane”, vista “la sostanziale elusione del quadro normativo di riferimento in ambito Search and Rescue, che si traduce per la Guardia costiera nazionale in un aggravio dei propri compiti istituzionali di intervento in mare”, non si vietano le attività di volo per attività SAR degli aerei civili, come si enuncia nel titolo del provvedimento, ma ci si limita ad un “ordine”, non si comprende bene neppure a chi indirizzato, che si risolve nel ribadire “le sanzioni di cui al codice della navigazione”, nonchè “l’adozione di ulteriori misure sanzionatorie quali il fermo amministrativo dell’aeromobile”.
Di fatto un “avvertimento”, in piena campagna elettorale, che non poggia su norme specificamente indicate, tanto che non si richiama neppure il Decreto Piantedosi anti ONG (legge m.15 del 2023), tuttora sotto esame dalla Corte Costituzionale, che prevede i fermi amministrativi, ma ci si basa soltanto su generiche “previsioni del quadro normativo”. Tanto da rimettere alla totale discrezionalità dell’ENAC, e dunque del ministero delle infrastrutture, il potere di fermo e di successivo sequestro, fino alla confisca, in caso di reiterazione, degli aeromobili impiegati dalle ONG, per individuare barconi carichi di naufraghi in acque internazionali e procedere anche con le navi del soccorso civile, dandone immediata comunicazione alle “autorità competenti”, al loro soccorso.
Dopo il fallimento totale dei tentativi di bloccare i soccorsi umanitari attraverso i procedimenti penali, si ribadisce il ricorso a misure di carattere amministrativo e dunque di competenza del Tribunale amministrativo della Sicilia, non solo per impedire i soccorsi umanitari a mare, ma anche per impedire il volo ai velivoli delle ONG, che sono testimoni scomodi dei respingimenti collettivi delegati dalle autorità italiane e maltesi alla sedicente Guardia costiera “libica”.
2. Le ordinanze a firma del Direttore territoriale dell’ENAC risultano viziate per incompetenza ed eccesso di potere, contraddittorietà della motivazione, e violazione di legge.
Spettano al’ENAC, in base alla legge 250/1997, citata in premessa delle ordinanze le funzioni di “regolamentazione tecnica ed attività ispettiva, sanzionatoria, di certificazione, di autorizzazione, di coordinamento e di controllo, nonché tenuta dei registri e degli albi nelle materie di competenza”.
L’attività “sanzionatoria” dell’ente deve essere legata a precise norme di legge, o regolamentari, che dalle ordinanze che “interdicono” l’operatività dei velivoli e delle imbarcazioni delle ONG “sullo scenario del Mediterraneo centrale” non si evincono, tanto che neppure si fa richiamo, per quanto riguarda le navi delle ONG, al Decreto Piantedosi (legge n. 15/2023), che sulla base di diversi presupposti, come il mancato coordinamento da parte delle “autorità competenti” per la zona SAR nella quale si verificano gli eventi di soccorso, prevede i fermi amministrativi. Appare evidente soltanto l’intento di bloccare a qualunque costo i soccorsi umanitari nel Mediterraneo centrale.
3. Il “quadro normativo vigente” richiamato dalle ordinanze emanate dall’ENAC contiene riferimenti a Convenzioni internazionali ed a normative nazionali (leggi e decreti) che non attribuiscono all’ENAC il potere di interdire il volo di aerei civili sulle acque internazionali sulla base della mera considerazione che gli interventi dei “velivoli e dei natanti” delle ONG “rischiano di compromettere l’incolumità delle persone migranti non assistite secondo i protocolli vigenti ed approvati (quali?) dall’Autorità marittima”.
Se il riferimento è all’Autorità marittima italiana, dunque alla Centrale di coordinamento della Guardia costiera, in acque internazionali, al di fuori della zona SAR italiana, dove normalmente operano le navi e gli aerei delle ONG, manca il potere di adottare provvedimenti amministrativi interdittivi di doverose attività di ricerca e salvataggio. Anche perchè se questi divieti di volo o di navigazione ci fossero davvero, le stesse autorità marittime italiane, appena informate degli eventi di soccorso, dovrebbero garantire con la massima tempestività quegli interventi che fino ad oggi sono operati dai mezzi delle Organizzazioni non governative, sempre che non intervengano motovedette libiche ad interrompere con l’uso delle armi operazioni di soccorso già avviate.
Se si rilegge il vigente Piano SAR nazionale del 2020, citato in premessa dalle ordinanze dell’ENAC, che richiama tutte le Convenzioni internazionali di diritto del mare, a partire dal manuale IAMSAR, e la normativa nazionale in materia di attività di ricerca e salvataggio in mare, non si rinviene una sola previsione che consenta di qualificare come “‘prelievo da imbarcazioni di fortuna” le doverose attività di ricerca e salvataggio svolte dalle navi del soccorso civile. In particolare, la Convenzione SOLAS obbliga il comandante di una nave che si ritrovi nella posizione di essere in grado di prestare assistenza “avendo ricevuto informazione da qualsiasi fonte circa la presenza di persone in pericolo in mare, a procedere con tutta rapidità alla loro assistenza, se possibile informando gli interessati o il servizio di ricerca e soccorso del fatto che la nave sta effettuando tale operazione… (Capitolo V, Regola 33).
Il soccorso in mare per la salvaguardia della vita dei naufraghi non è soggetto ad alcuna autorizzazione preventiva, salvi gli obblighi di informazione e di successivo coordinamento in capo ai soccorritori. E proprio questo il punto più critico delle più recenti ordinanze interdittive dell’ENAC. Nei provvedimenti a firma dei Direttori territoriali dell’Ente non si specifica infatti a quale area geografica si fa riferimento, se acque territoriali o internazionali, o zone contigue, ed a quali zone SAR (libica, tunisina, maltese, o italiana) si riferiscano le ordinanze interdittive. Un caso eclatante di omessa motivazione, in particolare per la mancata indicazione della giurisdizione competente, che rende impossibile di individuare le “previsioni del quadro normativo vigente” sulla base delle quali l’ENAC potrebbe imporre il fermo amministrativo dei velivoli delle ONG impegnate nel supporto delle attività di ricerca e salvataggio delle navi del soccorso civile presenti nel Mediterraneo centrale.
E’ del tutto evidente, o dovrebbe esserlo, che un soccorso operato in acque internazionali magari nella zona SAR maltese, o in quella che si continua a riconoscere alle autorità libiche, sebbene non siano ancora dotate di una Centrale di coordinamento unica (MRCC), e non garantiscano porti di sbarco sicuri, è regolato da normative e da autorità di coordinamento diverse rispetto ai soccorsi operati nella zona SAR italiana, nella quale peraltro non mancano casi di intervento delle navi delle ONG coordinate dalla Centrale operativa della Guardia costiera (IMRCC). Non sono ammissibili provvedimenti amministrativi che hanno una evidente portata discriminatoria, al di là delle conclamate finalità di garantire financo la “sicurezza nazionale”, che non è certo messa a rischio dai soccorsi operati in acque internazionali dai mezzi navali ed aerei delle ONG.
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