Pubblichiamo il comunicato finale del comitato che ha organizzato il recente festival S’atobiu, svoltosi in Sardegna fra il 1° e il 5 maggio.
Che cos’è S’atobiu?
S’atobiu è un’idea.
S’atobiu è una piazza di incontro, un crocicchio di anime. Un luogo di ritrovo capace di connettere il Cilento a Treviso, Roma a Brescia, l’Uruguay alla Sardegna, la Turchia a Reggio Calabria, Ginevra a Riace.
A s’atobiu puoi chiacchierare con Raul Zibechi o Mimmo Lucano, cenare con Maria De Biase o Tiziana Barillà. A s’atobiu trovi attiviste ed attivisti, giornalisti, filosofi, antropologhe, scrittori e scrittrici. Esperti docenti dall’Università di Napoli o di Cagliari.
A s’atobiu si possono raccontare esperienze di vita comunitaria di ispirazione anarchica, o società matriarcali. Si scorgono vie alternative di transizione dal capitalismo. Si parla del Kurdistan e di autogestione. Di Ecofemminismo e di municipalismo libertario. Di idee talmente semplici da divenire pericolose.
S’atobiu è una trama tessuta a più mani e i nodi congiungono comunità e stringono relazioni.
Una finestra spazio temporale aperta in cui la fine confluisce nell’inizio e passato, presente e futuro tratteggiano i contorni di mondi migliori ancora possibili.
A s’atobiu circola la libera informazione e fioriscono i libri. Libri che narrano una storia diversa, raccontando di diritti, di uguaglianza e di pari dignità. Libri in cui si legge che la pace non si costruisce con le bombe ma si lotta solo per una Giustizia sociale, per contrastare il potere degli uomini sulle donne, del più grande sul più piccolo, del più forte sul più debole.
Le case editrici sono indipendenti, e resistenti, affrancate dalle logiche di mercato. Si può leggere da Nova Delphi, da Eleuthera, da Alegre, da Ortica, da Prospettiva Edizioni, da Becco Giallo, da Anima Mundi, da OsoMelero e da Multimage.
A s’atobiu la cultura si mescola con la terra rendendola più fertile. Al mercato contadino parli con il pastore, con il contadino e con l’apicoltore. E la terra poi si mescola con la musica nutrendola di nuove sonorità.
A s’atobiu, quest’anno, le parole hanno riecheggiato raccontando la storia dell’uomo:
Privilegio. Intersezionalità, Stereotipo. Discriminazione. Meritocrazia. Illusione. Mercificazione. Colonizzazione. Competizione. Sistema. Oppressi. Oppressori. Pregiudizio.
Ma altre parole hanno anche evocato sogni con potenza generatrice capace di spezzare le catene:
Decostruzione. Liberazione. Osservazione. Autoeducazione. Nonviolenza. Incidentale. Amore. Bellezza. Scelta. Diversità. Accoglienza. Ascolto. Terra. Condivisione. Rispetto. Eco merenda.
Le parole quest’anno hanno cantato delle bambine e dei bambini seminatrici e seminatori di Pace. Parole in tensione verso una ricerca pedagogica che, partendo da contributi teorici, diventi pratica quotidiana declinata ed attualizzata nel nostro tempo e nel nostro spazio. E le parole hanno parlato più forte, in tono severo, rivolgendosi a noi, adulti, invitandoci ad una piena assunzione di responsabilità all’interno di un processo trasformativo che, ribaltando la prospettiva, muti i luoghi dell’agire educativo da adultocentrici a puerocentrici. Le parole ci hanno poi bisbigliato all’orecchio, rivelandoci che l’unico cambiamento possibile può avvenire solo partendo da noi.
E da s’atobiu, infatti, si torna cambiate e cambiati. Si torna più ricche e più ricchi. Si torna migliori.
Il comitato organizzativo di S’ATOBIU