Le brutalità e le torture delle guardie sui minorenni al Beccaria rivelate da diversi media e anche da video sono forse l’ultimo episodio della orribile realtà che vivono quei ragazzi (soprattutto stranieri o di origine straniera) di fatto confinati al rango di umanità indesiderata, “a perdere”, da eliminare_
Già oltre 20 anni fa un operatore sociale milanese raccontava che alcuni ragazzi stranieri si erano ridotti a vivere nei sotterranei della città a cui accedevano da botole dell’Enel o della Telecom in particolare nella zona fra piazza Napoli e San Siro. Spesso tossicodipendenti persino incapaci di spacciare, vivevano nell’indigenza, alla giornata, in anfratti urbani quasi totalmente invisibili per le stesse polizie. Alcuni erano stati arrestati e poi rilasciati perché minorenni sotto i 14 anni e perché non si sapeva che farne vista l’impossibilità di una identificazione certa. Identificazione che loro stessi consideravano insulsa, senza alcuna ragione: erano fuggiti dalle loro origini, dalla loro famiglia, non potevano avere alcun legame con radici e identità desiderabili. E non avevano avuto la fortuna di trovare la possibilità di un inserimento umano e sociale. Forse peggio che alla stregua dei miserabili della Parigi di Victor Hugo (perché questi erano una sorta di “comunità”) i ragazzi “a perdere” di Milano sono un po’ i reietti dei reietti. E lo sviluppo della città in questi ultimi 20 anni ancora di più esclude totalmente ogni possibile spazio per loro (sulle caratteristiche di questo sviluppo si veda l’efficace libro di Lucia Tozzi, L’invenzione di Milano).
Alcuni operatori sociali hanno cercato di aiutare questi ragazzi ma non potevano fare gran che vista la scarsezza tragica delle risorse e dei mezzi dell’assistenza sociale riservata a questa umanità … “a perdere”.
Non è quindi un caso che il celebre don Rigoldi, cappellano del Beccaria da decenni, dica che lui stesso non aveva avuto “segnali di particolare disagio” da parte dei ragazzi … e gli agenti del Beccaria “è trent’anni che non hanno un comandante, e li mandano qui giovani e senza formazione. Questo non giustifica l’accaduto, ma in ogni reato ci sono sempre delle premesse”. E don Rigoldi si illude sul benefico apporto di “corsi di formazione, dedicati alla polizia penitenziaria, che coinvolgano anche gli imam”. Poiché -aggiunge- “I ragazzi del Beccaria sono quasi tutti arabi, la maggior parte è analfabeta e questo vuol dire che anche il linguaggio da utilizzare e come contattarli dovrà specializzarsi”. A Milano, arrivano ogni anno circa 1.400 minori stranieri non accompagnati. “Il Comune – ha detto – ne ospita la metà, l’altra metà è in giro. Siamo pieni di ragazzini che commettono reati di sopravvivenza. Un po’ li teniamo qui, un po’ ci chiacchieriamo, un po’, con depressione forte, loro e nostra, li rimettiamo in strada”.
Sappiamo che da sempre gli operatori sociali, i cappellani e anche gli imam riescono ad avere rapporti solo con una minoranza dei giovani stranieri e anche degli italiani proprio perché -oltre alla scarsezza dei mezzi e delle possibilità di inserimento che possono offrire, i ragazzi più marginalizzati sono un’umanità di outsiders che di fatto è relegata nella categoria degli irrecuperabili.
Non sorprende allora che alcune guardie carcerarie “spontaneamente” approdino all’uso delle brutalità e torture, come del resto altri operatori delle polizie non solo nelle carceri ma anche in strada (si pensi a quelli della “uno bianca” di Bologna che si erigevano ad agenti della “pulizia etnica” e ai tanti casi di brutalità, torture e persino assassinii noti in questi ultimi 20 anni).
L’orientamento adottato dall’attuale governo accentua palesemente la deriva sicuritaria e aizza gli operatori delle polizie nazionali e locali a questo tipo di pratiche. Non è allora esagerato immaginare che si proceda così verso una vera e propria tanatopolitica, “far morire e lasciar morire” nei confronti dell’“umanità a perdere”, dei soggetti sociali considerati irrecuperabili, tutti quelli che nell’antica Sparta si buttavano giù dalla rupe.
La società liberista esclude la sopravvivenza stessa di esseri umani che non siano utili, idonei e quindi conformi alla super-produttività, a condizioni di lavoro sino all’insostenibile e a salari miserabili e al consumismo. Tende, quindi, a smantellare i servizi sociali e socio-sanitari mentre aumenta le spese per il sicuritarismo (videosorveglianza intelligente e dispositivi di controllo sempre più sofisticati per non lasciar nessuno spazio agli indesiderabili, più fondi per le polizie come per gli armamenti e le guerre permanenti). Le informazioni e le statistiche sulle carceri (vedi qui l’articolo su Internazionale), come sui CPR e altri luoghi di detenzione, inducono immancabilmente a pensare che siano destinati a diventare sempre più luoghi del “far morire e lasciar morire”.
Il caso del Beccaria è perciò emblematico (vedi qui Rapporto di Antigone sulle condizioni di detenzione dei minori).
Tutte le persone che cercano di operare in questi universi stanno vivendo la drammaticità di non poter agire come si dovrebbe perché relegati a limiti e scarsezza di risorse e di fatto marginalizzati nell’isolamento contiguo a quello dei detenuti. La congiuntura attuale sembra non permettere alcuna speranza di miglioramento di questa tragica realtà. Ma resistere è sempre l’unico modo di sopravvivere.