Incontriamo le ragazze e i ragazzi che stanno dando vita alla acampada nel parco della cittadella universitaria di Palermo per contestare gli accordi economici dell’Ateneo con la Leonardo spa, fabbrica d’armamenti, e con Israele e intervistiamo uno dei loro portavoce, Alessio Celano.
Com’è nata l’Intifada studentesca a Palermo?
L’intifada studentesca arriva a Palermo sull’onda delle mobilitazioni globali che hanno visto occupazioni e accampamenti nelle università di tutto il mondo, dagli Stati Uniti all’Italia. Nel corso delle scorse settimane, infatti, si è raggiunto un livello ulteriore del genocidio sionista del popolo palestinese con l’inizio del bombardamento massiccio su Rafah, luogo dove si è rifugiata al momento tutta la popolazione civile palestinese della striscia di Gaza. Sentiamo quindi la necessità di esercitare ogni pressione possibile sullo stato di Israele per fermare questa strage e dare il nostro supporto alla resistenza palestinese nella lotta contro il colonialismo sionista.
Siamo un movimento globale che anche qui in Italia si è attivato in molte università. Per questo stiamo provando a coordinarci per cercare di dare una risposta che sia più incisiva possibile.
Di seguito pubblichiamo il vostro documento sulla Palestina. Pensate di allargare ad altri temi la vostra riflessione e la vostra contestazione? Al corteo di sabato 11 maggio e poi ancora nella commemorazione della Nakba, alcuni cartelli denunciavano, per esempio, la criminalizzazione del dissenso…
Come studenti e studentesse abbiamo chiesto un incontro con il Rettore per far presenti le nostre preoccupazioni e richieste rispetto al posizionamento dell’università nell’attuale scenario internazionale e in particolar modo nella grave situazione esacerbatasi in Palestina.
Chiediamo che venga presa una posizione più netta da parte del Senato Accademico e del Consiglio d’Amministrazione, che faccia menzione della condizione coloniale, di apartheid preesistente al 7 ottobre, della negazione del diritto allo studio sistematica a cui è sottoposta la popolazione palestinese da più di 75 anni, e della necessità del diritto al ritorno dei rifugiati palestinesi nei territori del ’48, in continuità con il Senato dell’Università di Barcellona che ha approvato una mozione di sostegno per la Palestina presentata da un gruppo di 45 membri della facoltà, in cui si afferma che «Israele pratica il genocidio della popolazione palestinese» e che da 75 anni «applica una politica di occupazione e apartheid sul territorio e sulla popolazione palestinese», mentre «viola sistematicamente il diritto internazionale».
Così l’università catalana accetta di sospendere tutte le relazioni istituzionali o accademiche con le università, gli istituti di ricerca, le aziende e le altre istituzioni israeliane come meccanismo di pressione sullo Stato di Israele, chiedendo anche al governo spagnolo di rompere i rapporti con il governo israeliano.
In aggiunta a quanto affermato nell’ultima mozione approvata da Senato e CdA dello scorso aprile, sul punto «Si invitano, inoltre, gli organi di governo a valutare con estrema attenzione le future proposte di accordi con enti o università israeliane tenendo in conto anche (i) eventuali pronunciamenti dei relativi organi di governo a favore o contro il prolungamento delle operazioni militari a Gaza e (ii) eventuali utilizzi delle ricerche anche solo potenzialmente per fini militari», che lo si renda meno arbitrario e ambiguo richiedendo la sospensione degli accordi finché le condizioni sopracitate (fine dell’occupazione coloniale e ritorno dei profughi nei territori del ’48) non saranno state attuate.
Oltre che potenziare i rapporti con le università palestinesi e contribuire con i mezzi che si hanno a disposizione alla ricostruzione degli atenei distrutti dall’aggressione israeliana.
Le nostre richieste non si esauriscono alle posizioni dell’Università di Palermo, ma si rivolgono anche alla CRUI per esprimersi come fatto dalla CRUE sollecitata e comprensiva rispetto agli accampamenti presso le università spagnole e prendere esempio dal Trinity College di Dublino, e che questo non risulti nella mera espressione di un’intenzione ma che si traduca in un’azione effettiva con un’attestazione dell’avvenuta rescissione degli accordi da parte dei singoli atenei.
Avete stabilito contatti con altre università o pensate di farlo? Immaginate di costruire una rete di studenti o di poter strutturare dei gruppi, anche tramite i social, che durino nel tempo e diano continuità alla protesta?
Noi non siamo accampati solo per chiedere la rescissione degli accordi di UniPa, ma per sostenere un movimento studentesco generale e trasversale, a sostegno delle altre università italiane che hanno innumerevoli accordi anche con Università istituite negli insediamenti considerati illegali persino dal diritto internazionale, per cui chiediamo che il Rettore si faccia portavoce delle nostre istanze e che questi punti vengano discussi alla prossima assemblea del 23 maggio. Sentiamo di doverci esprimere contro la normalizzazione del rapporto delle università con le aziende, a maggior ragione se queste sono industrie direttamente implicate in contesti di guerra e coloniali.
L’attuale stato delle cose non è la norma ma l’esito di un processo avviatosi diverse decadi fa, e al quale già alla fine degli anni Ottanta nostri colleghe e colleghi in questo ateneo si erano opposti, contestando la riforma Ruberti.
La maggiore autonomia delle università ha favorito l’ingresso a gamba tesa di aziende che hanno via via modificato la natura dell’università intesa come università di massa quale era diventata nella seconda metà del secolo scorso con un protagonismo reale della componente studentesca, al di là degli attuali organi di rappresentanza.
Far passare come necessaria la presenza delle aziende, a maggior ragione implicate in contesto bellico e coloniale, all’interno dell’università, è in realtà una scelta ben precisa che vuole un’università orientata alle esigenze del mercato e all’insinuazione delle logiche aziendalistiche al suo interno.
In questo quadro per noi è più che legittima la contestazione della presenza di accordi, tra gli altri, con la Leonardo Spa.
La Leonardo, il cui maggiore azionista è lo Stato italiano attraverso il Ministero dell’Economia e delle Finanze, più di due anni fa ha fuso la sua controllata statunitense Leonardo DRS con Rada Electronic Industries, fornitore israeliano di avanzati radar tattici militari, oggi diventata DRS Rada Technologies. Questo rende la Leonardo direttamente coinvolta nella perpetrazione del progetto coloniale in corso in Palestina.
Per noi risulta quindi inaccettabile che la nostra università decida di collaborare con un’azienda che, tra le altre cose, contribuisce ad attaccare sistematicamente il diritto allo studio di un’altra popolazione.
Per noi il diritto allo studio o è di tutti o non è di nessuno.
Infine una domanda un po’ autobiografica. Per noi vecchi sessantottini è bellissimo partecipare alle vostre iniziative e ai vostri cortei, avvertiamo come un lascito che si è trasmesso, ci suscita speranza, ma voi forse non vi preoccupate affatto della nostra ingombrante eredità e magari fate anche bene: ogni generazione deve trovare il proprio linguaggio e scoprire la propria unicità.
Sappiamo di camminare sulle spalle dei giganti e pensiamo che la fase che stiamo vivendo in questo momento possa segnare veramente l’inizio di una nuova ondata di mobilitazioni a livello globale come non si vedeva da decenni. Sentiamo molto forte sulla nostra pelle la responsabilità generazionale di cercare di capire come rilanciare il movimento e tradurre con nuovi linguaggi e pratiche militanti le nostre rivendicazioni radicali e antagoniste. Infatti sentiamo il bisogno di spiegare le nostre lotte e le nostre rivendicazioni senza dare nulla per scontato. Al di là di questo, pensiamo che in realtà una vera ricomposizione delle soggettività radicali e antagoniste debba edificarsi sulla condivisione di posture e pratiche militanti prima che sull’unanimità, sui sistemi teorici e sui dettami ideologici. E questa esperienza collettiva che stiamo vivendo in accampamento è sicuramente un’ottima occasione.
Grazie per il vostro entusiasmo e per la vostra convinzione, continuate così!
Ecco il documento presentato al Rettore nell’incontro del 15 maggio.
Con questo incontro, in sintesi chiediamo:
– Alle università italiane, per tramite la CRUI, la risoluzione immediata di tutti gli accordi universitari con atenei e aziende ubicati in Israele e il boicottaggio totale del sistema accademico israeliano, braccio forte dell’apparato di prevaricazione coloniale e base fondamentale di supporto al complesso politico-militare israeliano;
– La rescissione dell’accordo con Afeka Tel-Aviv Academic College of Engineering la cui scadenza è prevista per il 2025;
– Una presa di posizione dell’Università di Palermo con una mozione che parli chiaramente di “colonialismo” e “apartheid” in riferimento alle violenze sistematiche perpetrate da Israele nei confronti della popolazione palestinese;
– Che l’Università di Palermo chieda formalmente al docente di diritto privato comparato Antonello Miranda di dimettersi dal suo ruolo di membro del comitato scientifico della fondazione Med-Or;
‐ Un’assunzione di responsabilità da parte dell’Università per contrastare il fenomeno dell’islamofobia dilagante, che dopo il 7 ottobre si è intensificato a causa della forte polarizzazione mediatica;
– Di istituire un fondo per finanziare misure di sostegno per studenti, ricercatori e docenti palestinesi, affinché possano svolgere le loro attività presso università, istituzioni per l’alta formazione artistica, musicale e coreutica ed enti di ricerca italiani.