Oggi, 15 maggio, è la data in cui in tutto il mondo si terranno piccole e grandi cerimonie in ricordo della Nakba, la ‘catastrofe’ che 76 anni fa inaugurò il processo di pulizia etnica, occupazione di territori, attentato ai più fondamentali diritti umani e insomma genocidio (o comunque lo si voglia definire) del popolo palestinese – e soprattutto nei tanti campus universitari trasformati in colorate tendopoli in giro per il mondo, sarà occasione non solo di commemorazione, ma di rilancio per i giorni a venire.

E sarà un evento particolarmente significativo per l’organizzazione pacifista israelo-palestinese Combattenti per la Pace, che solo pochi giorni fa sono stati protagonisti della cerimonia alternativa a quella ufficiale nel ricordo delle vittime di guerra e stasera si troveranno a diffondere on line un evento in tutto simile a quello, ma ancor più doloroso per tutto ciò che il popolo palestinese si è trovato (e si trova in queste ore) a subire nella striscia di Gaza, con le decine di migliaia di morti, interi quartieri in macerie, centinaia di migliaia di sfollati perpetuamente in fuga entro lo stesso perimetro di devastazione e morte, catastrofe infinita.

Una data, quella di oggi, ulteriormente significativa per il fatto di seguire di poco più di un giorno le commemorazioni del giorno in cui Israele venne proclamato Stato indipendente e mai come quest’anno è risaltata chiarissima, nella stessa liturgia prevista dall’apparato governativo israeliano, l’evidenza della fragilità di quella narrazione di ‘indipendenza’ da sempre fondata sulla cancellazione concettuale (prima ancora che fisica e totale) del popolo palestinese. “E questo non è un segno di forza per qualunque società, semmai di debolezza” segnalava ieri il post di un’altra associazione pacifista israelo-palestinese che si chiama Standing Together. “Per essere solida una società dev’essere in grado di confrontarsi con gli aspetti più brutali e dolorosi della propria storia, e imparare dagli orrori del passato.”

Mai come quest’anno il bilancio di questa rimozione, di questa incapacità di confronto con la brutalità originaria della propria storia, è risaltato evidente non solo per il tono necessariamente ‘minore’ delle celebrazioni ufficiali, in un clima di crescenti tensioni e polarizzazioni, ma per la quantità di riflessioni e persino manifestazioni di plateale dissenso che ne sono derivate, e che i media hanno puntualmente registrato.
76 anni dalla Nakba che coincidono con la storia dello Stato d’Israele, e i cui anniversari cadono quest’anno quasi in contemporanea: chi ha ‘guadagnato’ cosa…? e fino a che punto la storia potrà proseguire così per sempre… e per tutti in perdita?

“I palestinesi hanno senz’altro pagato il prezzo più alto” continuava ieri il post di Standing Together sui social. “Ma il 7 ottobre Israele si è trovato a pagare al di là di ogni previsione: in termini di vite umane e più ancora di fiducia nella possibilità di vincere sul fronte della sicurezza.” Quella promessa di sicurezza che era stata la principale motivazione fondativa dello Stato di Israele, e che già da tempo una parte della popolazione riconosceva pericolante in quanto diretta conseguenza delle politiche di occupazione, è miseramente crollata nell’opinione pubblica con il 7 ottobre. E man mano che la guerra continua, cresce specialmente tra i giovani la consapevolezza dell’urgenza di un radicale cambio di rotta, di una quanto mai necessaria ‘liberazione’ da quella macchina infernale che perpetua per entrambi i fronti il discorso d’odio, l’infinita disumanizzazione del nemico, individuando nello “sterminio dell’avversario” l’unica possibile soluzione.

In questa logica si è mosso fino ad ora Netanyahu e l’ha ribadito anche nel discorso ufficiale dell’altro giorno: “non potrà esserci soluzione fino a che non avremo definitivamente eliminato quel mostro che si chiama Hamas…” e chissà se nel pronunciare queste belligeranti parole, era consapevole della condizione di auto-imposta reclusione! Perché diversamente dagli altri anni, per evitare le contestazioni di piazza sempre più frequenti negli ultimi mesi (l’ultima, particolarmente partecipata e rumorosa solo pochi giorni fa), questo discorso Netanjahu l’ha potuto pronunciare solo davanti alle telecamere, in un certo senso ostaggio (pure lui) di quella stessa macchina della guerra che dovrebbe eliminare il bubbone nei territori occupati, ma intanto sta alimentando il dissenso all’interno di un Israele sempre più dilaniato ed insicuro.

“Non può esserci altra soluzione allo stato di perpetua guerra che l’impegnativo, consapevole, instancabile perseguimento della pace”, questo il messaggio emerso dalle testimonianze che si sono succedute il 12 maggio per la Cerimonia Congiunta promossa dai Combattenti per la Pace e dal Forum delle Famiglie e Parenti dei caduti di entrambe le comunità in conflitto.

L’anno scorso furono in 15.000 ad assistere all’evento in un parco di Tel Aviv e oltre 200.000 le visualizzazioni totalizzate on line. Nel clima di tensione di quest’anno la cerimonia è stata pre-registrata e poi trasmessa on line, e nonostante il tentativo di hackeraggio iniziale, in tanti sono riusciti a collegarsi da ogni parte del mondo, soprattutto dagli Stati Uniti.

Per la commemorazione della Nakba di questa sera il tema sarà la “liberazione dalla gabbia mentale dell’attuale situazione. Entrambe le nostre comunità sono imprigionate in un limbo di oppressione e violenza apparentemente inevitabile, sebbene sia in effetti il risultato di scelte umane e in quanto tali modificabili (…)”

Il comunicato prosegue ricordando come in Israele la stessa parola, Nakba, sia un tabù, sebbene “nessuna pace o processo di riconciliazione potrà essere possibile senza un sincero e onesto riconoscimento del fatto che la Nakba non è finita nel 1948, ma è continuata fino ai nostri giorni e soprattutto dopo il 7 ottobre sta replicandosi con inimmaginabile violenza.”

E dunque da che parte cominciare per tratteggiare un possibile futuro di liberazione nel segno della riconciliazione? Questo il focus della Commemorazione in programma stasera (ore 19 circa per l’Italia) sui canali social dei Combattenti per la Pace, che ci invitano a partecipare registrandosi al seguente link: https://forms.gle/nSAcx3kSF3rJsUPK7

Con l’occasione siamo lieti di segnalare l’imminente uscita per le Edizioni Multimage/Pressenza del libro Combattenti per la Pace – Palestinesi e israeliani insieme per la liberazione collettiva (a cura di Daniela Bezzi, con contributi di Luisa Morgantini, Ilaria Olimpico e Sergio Sinigaglia) che verrà presentato il 31 maggio, alle ore 21 all’Eirene Festival di Roma (l’intero programma qui: https://www.eirenefest.it/)

(ecco qui il link per rivedere la Cerimonia Congiunta del 12 maggio scorso su You Tube)