( Alcuni brani dell’intervista realizzata dall’agenzia stampa Interris.it. Foto di Olga Makar a cura della Comunità di S. Egidio Ucraina)
In Ucraina la Comunità di Sant’Egidio ha aperto delle “Scuole della Pace” per aiutare i bambini orfani o sfollati a causa della guerra.
In tutto sono nove, sparse in quattro città: Kiev, Leopoli, Ivano-Frankivsk e l’ultima, aperta da pochi giorni, a Kharkiv, città ancora sotto i bombardamenti dell’esercito russo.
Interris.it ha intervistato Olga Makar, giornalista e blogger, responsabile del movimento Giovani per la Pace della Comunità di Sant’Egidio in Ucraina per comprendere come vivono i bambini in una zona di guerra e quali conseguenze sulla loro psiche hanno avuto questi due anni di conflitti.
“La Comunità di Sant’Egidio è presente in Ucraina da 33 anni – esordisce Olga -. Ci sono cinque centri in tre città (Kiev, Leopoli e Ivano-Frankivsk) che aiutano gli sfollati che hanno lasciato le regioni maggiormente colpite dai bombardamenti. Sono quasi tutte donne e bambini oltre ad anziani e disabili. Cercano rifugio perché non hanno più una casa o l’hanno dovuta abbandonare a causa delle bombe. Oppure vengono da noi solo temporaneamente per proseguire il loro esodo verso altre nazioni, in primis la Polonia”.
Parlaci delle Scuole della Pace
“Abbiamo nove Scuole della Pace per i bambini e i minori sfollati o che stanno in zona di guerra e non possono più studiare. Pochi giorni fa abbiamo aperto l’ultima, a Kharkiv, in Ucraina Orientale, dove ancora infuriano i combattimenti. Lo scopo è quello di sostenere ed essere vicini a chi soffre maggiormente le conseguenze della guerra. Infatti, i più vulnerabili sono i bambini. Lo vediamo ogni giorno. A Kharkiv fanno lezione dentro un rifugio antiaereo. Ma in questi giorni hanno delle difficoltà perché sono ripresi i bombardamenti e la struttura serve come rifugio a tutta la popolazione”.
Quanti sono i bambini della Scuola della Pace?
“I bambini che seguono la Scuola della Pace a Kharkiv sono una ventina. In tutto, seguiamo oltre 500 minori in quattro città”.
Come stanno vivendo i bambini i bombardamenti e la guerra?
“La situazione dei bambini ucraini è tragica, sono davvero molto traumatizzati. Quelli di Kharkiv, ad esempio, fanno la scuola online da quattro anni: due a causa del Covid e altri due a causa della guerra. Questo significa che alcuni di loro non sono mai entrati in un’aula scolastica in vita loro, né hanno mai avuto dei compagni di classe. Quindi conoscono a memoria cos’è un rifugio e quali sono i tipi di missili usati in guerra, ma non sanno rapportarsi con gli altri bambini perché sono rimasti chiusi in casa per molto tempo. Hanno un grande bisogno di farsi degli amici, di stare con gli altri, di imparare a socializzare”.
Quali altre difficoltà avete riscontrato in loro?
“Metà dei ragazzi di 13-15 anni hanno problemi a dormire. E tantissimi altri hanno bisogno di aiuto psicologico. Sono dati Unicef. Che noi come Sant’Egidio confermiamo e constatiamo nella pratica di tutti i giorni. Vediamo infatti che i bambini sono molto impauriti. Seguono spasmodicamente tutte le notizie al telegiornale, sanno tutto quello che sta succedendo e questo non è normale né giusto per la loro età. Se disegnano, disegnano solo morti, missili, carri armati, edifici distrutti. Non sono abituati a stare con gli altri: arrivano da noi, alla Scuola della Pace, e si nascondono perché non vogliono stare nella sala con gli altri bambini. Ci vuole tanto tempo per farli parlare con gli altri, interagire e giocare con i loro coetanei”.
Manca loro la famiglia?
“Certamente: scappare dalla guerra significa anche dividere le famiglie. Infatti, anche se loro sono fuggiti dalla zona di guerra, c’è sempre un parente rimasto lì, ad esempio la nonna, e il padre che sta combattendo al fronte”.
Qual è la sofferenza più grande che vivono?
“Direi che la sofferenza più grande è la paura di perdere il genitore o aver perso il genitore in guerra. Il futuro non è chiaro. Il pericolo c’è sempre e non c’è una prospettiva di pace nel breve periodo. E anche se ci fosse la pace domani, rimarrebbero le ferite: le case distrutte, la paura costante, aver visto parenti e amici morire. La rabbia per questo tempo rubato. Nulla sarà più come prima, i bambini questo lo sanno. Ma non capiscono come possa esserci ancora un futuro felice”.