A Yanis Varoufakis, ex ministro dell’economia greco e ora leader del movimento Diem25, è stato impedito di partecipare con una sua relazione al Palestine Congress in programma a Berlino nei giorni scorsi. L’evento intendeva coinvolgere politici e intellettuali da tutto il mondo con l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica sulla necessità di una pace giusta in Medio Oriente e manifestare solidarietà al popolo palestinese. Il congresso è stato interrotto dalle autorità tedesche, l’edificio in cui si teneva l’evento circondato dalle forze di polizia. La motivazione ufficiale data dalle forze dell’ordine: “possibili contenuti antisemiti e incitamento all’odio”, il solito ritornello ogni volta che si critica la politica di apartheid e genocida del governo d’Israele nei confronti del popolo palestinese, oggi sotto gli occhi di tutti per la punizione collettiva inflitta alla popolazione di Gaza dopo il 7 ottobre.
Sembra un trend inarrestabile giustificato dalle situazioni di emergenza in cui l’Europa e l’Italia sono precipitate a partire dall’incapacità di gestire i flussi migratori, per seguire con l’emergenza pandemica del Covid 19, dando adito a repressione del dissenso e a censura. I nostri sistemi democratici, che hanno a fondamento la libertà della persona umana, libertà di pensiero, di espressione, d’informazione, di manifestazione, di fronte a situazioni, definite dal potere emergenziali, si dimostrano conniventi con le procedure autoritarie, mentre vengono continuamente stigmatizzate nei confronti di regimi considerati dittatoriali.
Nei confronti delle guerre attualmente in corso (quelle più vicine agli europei, le altre vengono per lo più oscurate, in particolare quelle in terre africane), questo è del tutto evidente: l’ostracismo verso tutti coloro che hanno espresso e continuano ad esprimere pareri non in linea con il racconto ufficiale della guerra in Ucraina, con l’ esplodere della russofobia attraverso la censura di artisti, le inchieste contro avversari politici, le liste di proscrizione; l’espandersi, inoltre, dell’islamofobia, fomentata anche dal linguaggio discriminatorio e razzista di esponenti politici della destra populista: di fatto, si tende a negare il diritto di parola a chiunque osi criticare lo Stato d’Israele. Il governo italiano, forte della maggioranza parlamentare, produce decreti tendenti a imbavagliare la magistratura e l’informazione, e a limitare il diritto di manifestazione; esponenti politici e ministri utilizzano l’arma della querela per mettere a tacere qualunque opinione critica sulle vicende che li riguardano; il servizio pubblico della RAI, da sempre lottizzato tra i partiti al potere, ora è trasformato in vero e proprio megafono governativo.
Ma torniamo al politico greco Yanis Varoufakis, ex braccio destro di Tsipras. Possiamo leggere il discorso che avrebbe pronunciato a Berlino al Palestine Congress, perché era stato pubblicato antecedentemente nel web. Egli spiega i motivi per i quali ha ritenuto di partecipare a questo congresso in risposta alla domanda posta da un giornalista tedesco:
«Non sono né ebreo né palestinese. Ma sono incredibilmente orgoglioso di essere qui tra ebrei e palestinesi – di fondere la mia voce per la pace e i diritti umani universali con le voci ebraiche per la pace e i diritti umani universali – insieme alle voci palestinesi per la pace e i diritti umani universali. Essere qui insieme oggi è la prova che la coesistenza non solo è possibile, ma è già qui. “Perché non un Congresso ebreo, signor Varoufakis?”, mi ha chiesto lo stesso giornalista tedesco, immaginando di fare il furbo. Ho accolto con piacere la sua domanda. Perché se un solo ebreo è minacciato da qualche parte solo perché è ebreo, porterò la stella di Davide sul bavero della giacca e offrirò la mia solidarietà – a qualunque costo, a qualunque costo. Quindi, siamo chiari: se gli ebrei fossero sotto attacco, in qualsiasi parte del mondo, sarei il primo a chiedere un Congresso ebraico in cui registrare la nostra solidarietà. Allo stesso modo, quando i palestinesi vengono massacrati perché sono palestinesi – secondo il dogma che per essere morti devono essere stati membri di Hamas – indosserò la mia kefiah e offrirò la mia solidarietà a qualunque costo. I diritti umani universali o sono universali o non significano nulla» (il discorso può essere letto integralmente su DiEM25: https://diem25.org/il-discorso-di-yanis-varoufakis-per-il-palestine-congress-che-e-stato-vietato-dalla-polizia-tedesca/).
Varoufakis pone il dito nella piaga della censura: «Amici, oggi avremmo voluto discutere con persone che la pensano diversamente da noi un dibattito dignitoso, democratico e di reciproco rispetto su come portare la pace e i diritti umani universali per tutti, ebrei e palestinesi, beduini e cristiani, dal fiume Giordano al Mar Mediterraneo. Purtroppo, l’intero sistema politico tedesco ha deciso di non permetterlo. In una dichiarazione congiunta che comprende non solo la CDU-CSU o l’FDP, ma anche l’SPD, i Verdi e, cosa notevole, due leader di Die Linke, hanno unito le forze per garantire che un tale dibattito civile, in cui possiamo essere in disaccordo, non abbia mai luogo in Germania. Io dico loro: Volete metterci a tacere. Vietarci. Demonizzarci. Accusarci. Pertanto, non ci lasciate altra scelta che rispondere alle vostre accuse con le nostre accuse. Voi avete scelto questo. Non noi». Le accuse che vengono ribaltate sono: odio antisemita, sostegno al terrorismo, banalizzazione del terrore scatenato da Hamas il 7 ottobre, non essere interessati alla coesistenza pacifica in Medio Oriente.
Nella parte finale del discorso Varoufakis propone alcune azioni che si dovrebbero mettere in atto per la pace in Israele-Palestina, proposte assolutamente condivisibili:
«Un cessate il fuoco immediato.
Il rilascio di tutti gli ostaggi: di Hamas e delle migliaia di persone detenute da Israele.
Un processo di pace, sotto l’egida delle Nazioni Unite, sostenuto dall’impegno della Comunità Internazionale a porre fine all’Apartheid e a salvaguardare le pari libertà civili per tutti.
Per quanto riguarda ciò che deve sostituire l’Apartheid, spetta a israeliani e palestinesi decidere tra la soluzione dei due Stati e quella di un unico Stato federale laico».
Mi piace concludere queste considerazioni sul difficile momento che attraversiamo all’interno delle democrazie europee, a proposito di libertà d’informazione e di espressione, con una frase che è una sintesi delle motivazioni che hanno spinto Yanis Varoufakis a partecipare al Palestine Congress e che credo siano nel sentire di tutti/e coloro che sognano un futuro di pace: «Amici, Siamo qui perché la vendetta è una forma pigra di dolore. Siamo qui per promuovere non la vendetta ma la pace e la coesistenza in Israele-Palestina».