All’inizio del mese sacro del Ramadan, i musulmani di tutto il mondo erano impegnati nei rituali del digiuno, e la protesta contro l’occupazione del Belucistan del 27 marzo 1948 non ha avuto risonanza a livello mondiale.
Il Belucistan sta subendo da 76 anni persecuzioni e atrocità istituzionalizzate nei confronti delle minoranze etniche beluci. Il suo popolo ha vissuto nel dolore e nell’agonia sotto l’occupazione pakistana. Gli esiliati beluci stanno utilizzando il social media @Twitter (ora diventato “X”) per ricordare che il Belucistan è stato annesso al Pakistan con la forza e contro la volontà del popolo.
Non è stato scritto o pubblicato molto a riguardo dalla stampa internazionale. In nessun forum mondiale si è parlato a sufficienza delle atroci violazioni dei diritti umani, delle persone scomparse, delle sparizioni forzate, delle morti extragiudiziali, dei crimini contro l’umanità e del genocidio commesso da soggetti statali: le forze di sicurezza pakistane.
Prima della divisione dell’India e del Pakistan nel 1947, il Belucistan era costituito da quattro Stati principeschi sotto il Raj britannico: Kalat, Lasbela, Kharan e Makran, regione meridionale del Belucistan. Due di queste province, Lasbela e Kharan, erano Stati fiduciari posti sotto il dominio del Khan di Kalat dagli inglesi, così come Makran, un distretto di Kalat. I governanti dello Stato di Kalat furono dapprima sottomessi all’imperatore moghul Akbar a Delhi, poi, dopo il 1839, agli inglesi.
Solo tre mesi prima della creazione del Pakistan (nell’agosto 1947), Muhammed Ali Jinnah e il primo Governatore generale del Pakistan avevano negoziato la libertà del Belucistan sotto lo Stato di Kalat dagli inglesi. La serie di incontri si svolse tra il viceré, il rappresentante della Corona britannica con sede a Nuova Delhi, Jinnah e il Khan di Kalat in merito alle future relazioni con lo Stato di Kalat e il Pakistan.
L’11 agosto 1947 i negoziati portarono alla stesura di un comunicato, popolarmente chiamato accordo di moratoria e stand still, in cui si affermava che il governo del Pakistan riconosceva Kalat come uno Stato sovrano indipendente in rapporti di trattato con il governo britannico con uno status diverso da quello degli Stati indiani.
Le classi dirigenti della Lega Musulmana del Pakistan, guidate da Jinnah, ebbero un ripensamento e decisero unilateralmente di fondere il Belucistan con l’Unione del Pakistan il 27 marzo 1948. L’hashtag #27MarchBlackDay è diventato virale sui social media.
Il giornalista beluci Malik Siraj Akbar ha così commentato: «Il Black Day in Belucistan ricorda la giustizia e la lotta per la libertà che continua ancora oggi».
Per decenni, il popolo beluci esasperato ha protestato ferocemente contro la conversione forzata della popolazione in una minoranza nella loro terra. Militanti armati delle più feroci tribù Marri e Bugti condussero lotte armate e contestarono politicamente l’inclusione forzata della provincia ricca di risorse nel Pakistan nel marzo 1948.
L’esercito pakistano occupò con la forza Quetta (capitale del Belucistan), facendo irruzione nel Palazzo Amar di Mir Sir Ahmad Yar Khan Ahmedzai (Khan di Kalat), che era anche Presidente del Consiglio dei Governanti dell’Unione degli Stati del Belucistan, costringendolo a firmare il documento di adesione al Pakistan.
Nel 1958, l’ufficiale militare pakistano Tikka Khan represse brutalmente il primo movimento nazionalista del popolo baluci; l’ufficiale fu soprannomminato il “Macellaio del Belucistan”.
Dopo 23 anni, fu poi ribattezzato “Macellaio del Bengala” per il suo ruolo nel genocidio durante la guerra di liberazione del Bangladesh del 1971.
La regione del Belucistan è molto ricca di risorse naturali, tra cui petrolio, gas, rame e oro, ma – nonostante gli enormi depositi di ricchezza mineraria –, oltre a essere la più grande provincia del Pakistan, è anche una delle regioni più povere.
«Il Belucistan è una terra ricca con gente povera perché lo Stato non ha mai investito nel suo sviluppo», ha dichiarato Naela Quadri Baloch, difensore dei diritti umani e membro anziano del governo del Belucistan in esilio.
Oggi le risorse vengono saccheggiate dalla giunta pakistana con la complicità della Cina, all’insegna della mega-trappola del debito “Nuova via della seta” (Belt and Road Initiative), a cui i nazionalisti beluci armati hanno opposto una strenua resistenza.
In un rapporto, Amnesty International ha dichiarato che – nonostante i numerosi sforzi volti a risolvere la crisi delle “sparizioni” nel Paese – il nuovo governo civile pakistano non ha ancora fornito informazioni su centinaia di casi di persone che si ritiene siano detenute in prigioni segrete in località non rivelate dall’apparato militare.
I think tank politici internazionali affermano che non c’è alcun sostegno globale al movimento beluci per la libertà, poiché un Belucistan indipendente provocherebbe più violenza e destabilizzazione.
Traduzione dall’inglese di Michele D’Adamo. Revisione di Thomas Schmid.