Il caso Scurati si è ritorto contro il Capo del Governo italiano: quel che si voleva mettere a tacere, la denuncia del fascismo odierno, adesso urla dai tetti e rimbalza e si moltiplica come una poderosa eco su quotidiani, tv e agenzie di stampa. Quel po’ di democrazia superstite, formale certo, non sostanziale, giuridica e non economica, per dirla con Norberto Bobbio, pure ci ha salvati, almeno stavolta, e ci auguriamo abbia ridestato molte coscienze.
Noi che facciamo controinformazione, da dilettanti o da professionisti, per passione e per mestiere, sappiamo che il nostro primo dovere è quello che filosofi antichi e profeti biblici chiamavano parresia: dire con franchezza la verità, o meglio parlare a voce spiegata anche problematizzando, anche criticando, anche quando non abbiamo soluzioni ma solo domande inquietanti. La vocazione di Socrate, insomma.
Quando Giona rifiutò, per paura o per quieto vivere, di denunciare la corruzione di Ninive, fu inghiottito da un enorme pesce, nel cui ventre ebbe modo di meditare il suo errore e più tardi porvi rimedio!
La persecuzione dei giornalisti sta estendendosi a tutto il mondo: non solo Julian Assange o Salman Rushdie, ma scrittori e scrittrici turche, iraniane, irachene, curde sono perseguitate. E l’ondata montante delle destre al potere, con i suoi venti di guerra sempre più rovinosi, ricorda drammaticamente gli anni Trenta del secolo scorso, quella che allora Luigi Salvatorelli aveva chiamato “la fuga dall’Occidente”, ossia la rinuncia ai valori di libertà e uguaglianza della tradizione europea.
Hannah Arendt per prima distinse il totalitarismo dalle dittature militari per la sua pervasività, per l’ottundimento delle menti, per la fabbricazione del consenso tramite il controllo dell’ideologia e della propaganda. Oggi, nell’era del capitalismo della sorveglianza, che ha realizzato (e corrobora ogni momento) quello che Rammonet definisce “pensiero unico”, il dettato del Min.Cul.Pop. e le veline dell’Agenzia Stefani sono superflue: abbiamo introiettato la censura; “il potere anonimo e diffuso” di cui parlava Michel Foucault è dentro ognuno di noi e genera menzogna paura indifferenza o, nel migliore dei casi, rassegnazione delusa.
Per l’Italia, poi, vale l’avvertimento di Piero Gobetti: “il fascismo è l’autobiografia della nazione”. La maggioranza silenziosa, muta appunto e incapace di parresia, si adagia comodamente all’ombra del Capo, gode della delega di responsabilità che la lascia ‘in pace’ a sbrigare le sue cosucce private, almeno finché i suoi affari prosperano. Lo aveva scoperto Kant che “l’assenza di pensiero” dei sudditi (per citare ancora Arendt) giova non solo a chi esercita il potere, ma anche a chi lo subisce: chi non cammina sulle proprie gambe non rischia di cadere e può incolpare altri dei suoi guai e dei suoi sbagli!
Noi che “dormienti” non siamo dobbiamo recuperare l’energia dell’indignazione e il coraggio della parola. La fuga di menti lucide dalla televisione di Stato, in corso in questi giorni, questo ci manda a dire: il giornalismo alternativo nonviolento è innanzi tutto una questione etica.