Ne avevamo già parlato, è stata una lunga lotta, che sembrava essere stata vinta quando un gruppo di cittadini, non enorme ma cocciuto e coraggioso, si era messo di traverso di fronte alla costruzione dell’ennesimo distributore di benzina sotto casa loro, in via dei Missaglia, zona Sud Milano.
Un distributore che sarebbe venuto a trovarsi sopra le falde, sopra i pozzi dell’acqua potabile: grazie a questo, soprattutto, gli abitanti avevano vinto.
E’ rimasto a lungo uno spazio verde, incolto, ma un potenziale parchetto che potrebbe attutire l’inquinamento di un viale a dodici corsie che esce da Milano in direzione Sud.
I cittadini si erano tassati, avevano rischiato e facendo ricorso al Tar avevano vinto. Il Comune sembrava stare nel mezzo, tra Q8 e i cittadini. Certo, a parole sosteneva la lotta dei cittadini che “finalmente” erano attivi e partecipavano: l’assessora al verde cittadino è pure verde, di quelle che si struggono, si emozionano, promettono col cuore in mano… ma poi, chi si è visto si è visto.
Così cittadini e cittadine stavano all’erta: il lupo era ferito, ma per nulla abbattuto (e mi perdonino i lupi per l’ingiusta analogia).
Ricordo la mattina in cui, facendo anche io parte della zona, mi arrivarono tanti messaggi: “Chi può corra in via dei Missaglia! Stanno tagliando gli alberi!!”. Qualcuon fece delle riprese dall’alto, qualcuno scese e gridò agli operai che lavoravano sulle macchine o con le motoseghe, ma questi risposero con risate….
A posteriori si disse che era per il decoro… Vergogne su vergogne. A lungo restarono appesi striscioni che cercavano di dare la sveglia al Comune, indifferente.
Ma arriviamo ad oggi. Ecco che ora il Comune si rivela per quello che è: a fianco di Q8, INSIEME, presentano appello al Consiglio di Stato per ribaltare la sentenza.
Grazie Comune, la maschera è calata.
Va bene, ci vediamo in piazza Scala lunedì 8 Aprile alle 18. Saremo in tanti e tante, e non più a chiedere alcunchè, ma a gridare forte, a denunciare e a pretendere. Vergogna.
Pubblichiamo di seguito il comunicato stampa del Comitato Difesa Ambiente Zona 5 che offre maggiori dettagli.
5 ANNI DI PROMESSE MANCATE
Via dei Missaglia: un distributore sopra i pozzi dell’acqua potabile?
La lunga e assurda vicenda del cantiere Q8 in Via dei Missaglia è a un punto di svolta.
L’8 maggio ci sarà l’udienza al Consiglio di Stato, al quale Q8 e Comune di Milano si sono rivolti per ribaltare la sentenza del TAR che nel 2019 aveva dato ragione ai cittadini: non si possono edificare distributori di carburante sopra pozzi dell’acqua potabile, “il diritto alla salute e sicurezza umana risulta comunque prevalente rispetto agli interessi del Comune”.
Dopo cinque anni di promesse mancate sul ripristino a verde dell’area, gli abitanti del quartiere sono esasperati e hanno deciso di tornare in piazza.
Il Comitato Difesa Ambiente Zona 5 annuncia un PRESIDIO in Piazza della Scala l’8 APRILE DALLE ORE 18, hanno già aderito moltissime realtà e comitati ambientalisti.
Ripercorriamo la vicenda.
Il “giardino delle promesse mancate” sorge su un’area contesa che fu data in permuta dal Comune alla Q8 con l’autorizzazione per realizzare un distributore. I lavori sono stati avviati nel 2018 abbattendo gli alberi di un’area verde di circa 2000 mq che fungeva da piccolo polmone e barriera tra l’abitato e la trafficata Via dei Missaglia. Nel 2019 una sentenza del TAR, accogliendo il ricorso del comitato dei residenti, ha bloccato i lavori e censurato le autorizzazioni con la motivazione “non si possono – per legge – edificare distributori di carburante sopra i pozzi di captazione dell’acqua potabile”.
Nonostante ciò, Q8 e Comune hanno presentato appello al Consiglio di Stato per ribaltare la sentenza; nel frattempo l’area è rimasta abbandonata e in condizioni di degrado.
I cittadini nel corso di questi anni hanno organizzato numerose iniziative e sollecitato l’Amministrazione Comunale, ma malgrado la volontà espressa dal Comune di tornare in possesso dell’area e di destinarla a verde pubblico e una trattativa in tal senso in corso con la Q8, in cinque anni non è stato concluso alcun accordo. Se tale è l’intenzione del Comune, è inspiegabile come non metta in atto azioni concrete e prese di posizione coerenti anche in sede giudiziaria, ritirandosi immediatamente dalla causa. I cittadini vengono lasciati da soli nella difesa dell’ambiente.