Purtroppo i giorni non si contano più da quando Israele e i suoi alleati hanno scatenato l’inferno non solo a Gaza, ma in tutta la Palestina e il bilancio delle vittime è in crescita in ogni momento.
Ad oggi il conto dei morti è di 33.452 (di cui circa 15.000 bambini e 8.200 donne), 77.350 i feriti, 310 operatori sanitari e 135 giornalisti ed operatori dell’informazione uccisi, oltre 9.700 i dispersi. Un milione e ottocentomila sfollati, di cui un milione e duecentomila accolti dall’Unrwa (Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso dei profughi palestinesi in Medio Oriente), 135 ambulanze distrutte, così come 225 scuole e due terzi dei palazzi e degli immobili al nord della striscia. Al sud la metà, secondo le riprese dall’alto, 4 chiese, 84 moschee, 24 ospedali e 110 strutture sanitarie resi inutilizzabili. Dati agghiaccianti. In aggiunta a tutto questo, in Cisgiordania dall’inizio di quest’anno sono oltre 500 i palestinesi uccisi, di cui 290 solo dal 7 ottobre e 8243 gli arrestati.
La Fondazione palestinese contro il muro e gli insediamenti in Cisgiordania pubblica nel suo rapporto periodico numeri incredibili:1792 aggressioni dei soldati e dei coloni contro villaggi e città palestinesi nell’arco dell’anno corrente, 37 famiglie palestinesi da Hebron e da Ramallah deportate, lo sradicamento di oltre 3100 alberi, in gran parte olivi. In Cisgiordania ci sono 714 posti di blocco che separano i centri abitati palestinesi impedendo lo spostamento per lavoro, salute o acquisto di derrate alimentari.
Un’amica mi scrive: “Qui non si muore solo di bombe. La gente muore di fame”. Non si sa quanti persone compreso i bambini sono morti letteralmente di fame, ma si stima che siano qualche centinaia, sopratutto bambini. Il comportamento dell’Occidente da un lato ha allargato il divario tra il mondo Occidentale e quello Orientale; dall’altro ha unificato mondi storicamente antagonisti: il mondo sunnita rappresentato dai paesi arabi e quello sciita, rappresentato dal mondo persiano. Da questo punto di vista la guerra e il comportamento dell’Europa hanno di fatto dato il colpo di grazia ai movimenti di matrice laica e regalato il mondo arabo ed islamico agli integralisti: così Hamas oggi e domani potrà contare su un bacino di 350 milioni di persone disperate e senza futuro.
L’Italia guidata dall’estrema destra che appoggia in modo incondizionato il governo israeliano non favorisce il dialogo, il confronto, ma nemmeno rispetta la storia di relazioni di amicizia che ha il Bel Paese con la causa e il popolo palestinese. Il governo italiano con questo comportamento antistorico annulla e cancella una tradizione oramai consolidata di solidarietà, vicinanza e sostegno del diritto del popolo palestinese all’autodeterminazione.
Questa storia di solidarietà e di aiuto è iniziata ai tempi di Aldo Moro e non si dimentichi la posizione del nostro grande presidente Sandro Pertini nel messaggio di fine anno il 31 dicembre 1983 in diretta tv, quando pronunciò queste parole di sostegno al popolo palestinese: “Una volta furono gli ebrei a conoscere la diaspora; ebbene, io affermo ancora una volta che i palestinesi hanno diritto sacrosanto a una patria ed una terra come l’hanno avuto gli israeliani”.
Ricordo anche il ruolo e la posizione che hanno avuto diversi dirigenti della DC, del PSI e non si può assolutamente scordare l’amicizia che aveva il PCI di Enrico Berlinguer non solo con Arafat, ma con l’intero popolo palestinese.
Oggi purtroppo questa destra arrogante divenuta più realista del re, non solo cancella la storia, ma elabora anche una campagna mediatica contro la Palestina e i palestinesi. Per fortuna questa scelta e comportamento non è condiviso dal popolo italiano che sempre stato solidale e vicino al popolo palestinese; lancio dunque un appello alla società civile in tutta la sua articolazione e matrice laica e religiosa: facciamo tesoro di quella storia, esperienza e di quella soldarietà tra i nostri popoli non solo per conservarla, ma anche per farla crescere, progredire nel nome della pace, della libertà, della democrazia e del diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese.
Siamo alla vigilia del 25 aprile dove molti di noi si recano ai ceppi dei partigiani per portare un mazzo di fiori, per stare in religioso silenzio, per ringaraziarli per tutto quello che hanno fatto per regalarci la libertà, la democrazia e la pace che stiamo godendo. Ecco io personalmente dedicherò il 25 aprile a fare tutto questo con il mio cuore e sguardo rivolto anche all’altra mia meta, ovvero alla Palestina con la speranza che un giorno non lontano possiamo anchre noi festeggiare il nostro 25 aprile.
Vorrei consigliare a diversi dirigenti di questo governo di andare a leggere gli articoli di giornalisti, intellettuali e scrittori israeliani come Gideon Levy, Amira Hass, Uri Avnery.