Viviamo in una società soggettivista, individualista e alquanto egoista. Siamo pervasi dall’indifferenza verso gli altri come verso l’ambiente. Inizia così “La tentazione del tralasciare”, una ricerca del Censis presentata di recente nella Capitale, in occasione dei 50 anni dal convegno su “i mali di Roma” del febbraio 1974.
E’ un mondo quello in cui siamo immersi “in cui alla sovrabbondanza di mezzi corrisponde un deficit di fini. (…) Non è più sufficiente quindi ripetere moralisticamente che serve “senso di responsabilità” perché l’individuo soggettivizzato, suggestionato continuamente da oggetti di consumo, cioè da mezzi, non sa che farsene di una morale, ha bisogno prima di trovare un completamento alla sua soggettività, una motivazione più profonda e che la morale tradizionale non sa dare, vale a dire la costruzione di una “vita buona”, una vita cioè esistenzialmente più complessa di una vita in cui “si è fatto del bene” o peggio “non si è fatto del male””.
Al 66,2% degli italiani non piace la società in cui vive, percentuale che sale drammaticamente al 72% tra i giovani e che scende con l’alzarsi dell’età, contraddicendo il luogo comune degli anziani perennemente scontenti del mondo di oggi. E anche se nelle nostre comunità di recente sembra avanzare qualche interessante fermento di cambiamento (https://www.pressenza.com/it/2024/03/quando-e-la-comunita-il-vero-motore-del-cambiamento/), dall’indagine Censis emerge che solo il 15,3% degli italiani sente di appartenere pienamente a una comunità (famiglia esclusa) e il 42,5% ci si sente in parte, mentre il 32,1% non ci si sente e non gli interessa, percentuale che sale al 36% presso i giovani e scende al 27,6% presso gli anziani. Infine, il 10,1% del campione ammette che gli dispiace non sentirsi parte di una comunità. Più della metà dei giovani non si sente parte di una comunità e di questi 3 su 4 non ne sentono la mancanza.
E lo scarso senso di appartenenza a una comunità si sposa con la sensazione di contare poco nell’ambiente in cui si vive, sensazione che vive il 48,3% degli italiani. Addirittura, il 55,9% tra i giovani. Uno dei motivi di ciò è il fatto che le persone sentono di avere scarso controllo sugli eventi, il 55,7% è di questo avviso e in questo caso non ci sono particolari differenze di età, in sostanza la maggior parte degli italiani sente di non avere presa sugli eventi. La vita sembra passare senza un senso vero e proprio, perché vince la casualità. Anche questo vale per circa la metà degli italiani: il 48,3%. Sembrerebbe che tutto ciò nasconda una grave carenza di senso, che la gente fatichi a trovare un senso nella vita.
Colpisce nella ricerca del Censis il dato che fa riferimento a quali siano i rammarichi più sentiti: il 63,8% ammette di sentire il peso di non aver messo a frutto completamente i propri talenti, percentuale che sale al 70% nell’età di mezzo, tra 45 e 65 anni. Solo il 18,5% ritiene di non avere nulla da rimproverarsi. E poco meno del 18% si rammarica di non aver fatto di più per gli altri. Sembra proprio che la parabola dei talenti faccia riflettere gli italiani assai più di quella del buon samaritano. Non a caso il 47,4% degli italiani si ritrova nella seguente affermazione: “vorrei fare qualcosa di buono, di costruttivo ma non ho modo”, percentuale che sale fino al 55,9% presso i giovani, come a dire: “saresti disponibile a fare opere di beneficenza?” “No, grazie!” “Ti senti chiamato a una vita buona e costruttiva?” “Sì, magari!”.
Sorprende poi vedere quanto la voce della Chiesa risulti poco incisiva quando richiama le coscienze a “far del bene”. Se infatti si domanda agli italiani: “quale movimento di sensibilizzazione ha sollecitato maggiormente la sua riflessione negli ultimi anni?”, la risposta “la posizione della Chiesa a favore degli ultimi” risulta essere all’ultimo posto, appena il 16,3% del campione in una domanda in cui erano possibili più risposte. Mentre al primo posto ci sono i movimenti ambientalisti, 42,4%; poi i movimenti per la parità di genere, 36,1%; i movimenti omosessuali, 33,0% e ancora i movimenti pacifisti, 18,2%. Una posizione, sottolinea il Censis, così apparentemente irrilevante, anche in un mondo che per 3⁄4 si definisce cattolico (praticante o meno), che dovrebbe far riflettere su quali siano le aspettative di tante persone nei confronti della Chiesa.
Dalla ricerca emerge un Paese in cui avanza il disinteresse all’azione, in cui vince sempre più il tralasciare, l’indifferenza e la rinuncia. Tuttavia, c’è un dato che lascia uno spiraglio di ottimismo per il futuro. Alla classica domanda motivazionale: “Per cosa saresti disposto ad alzarti mezz’ora prima al mattino?”, solo il 7,1% degli italiani, senza alcuna differenza né di età, né di sesso, né di appartenenza religiosa ammette che non si alzerebbe prima per niente al mondo. La preferenza sulla motivazione non cade neanche sull’opzione che ci si aspetterebbe in un Paese di milioni di piccole imprese autonome, solo all’11,6% degli italiani piacerebbe alzarsi prima per mandare avanti la bottega. Percentuale che sale di pochissimo presso i giovani, 15,6%. Non sono tantissimi nemmeno coloro che si alzerebbero prima dal letto per curare il loro benessere, appena il 23,5%. Il 45,6% trascorrerebbe il tempo che risparmia dal sonno per stare con le persone che ama. Potremmo dire allora che la principale motivazione in grado di scuotere gli italiani è la qualità delle relazioni umane.
Qui l’analisi del Censis: https://www.censis.it/sites/default/files/downloads/LA%20TENTAZIONE%20DEL%20TRALASCIARE.pdf.