L’Umanità si trova a un bivio in cui le decisioni politiche sui bilanci della difesa determineranno la traiettoria delle molteplici crisi in cui siamo immersi.

Guerre e conflitti armati stanno devastando intere regioni del mondo. Secondo i dati del SIPRI, la spesa militare globale è aumentata del 19% tra il 2013 e il 2022, e dal 2015 è aumentata ogni anno. Eppure, da Gaza all’Ucraina, alla Repubblica Democratica del Congo, al Sudan, al Myanmar o al Manipur, questo non ha fatto nulla per risolvere i conflitti persistenti né per ridurre le tensioni globali. Al contrario, l’aumento delle spese militari e l’intensificazione del militarismo hanno solo aumentato la fragilità della pace e della cooperazione globale. L’aumento delle temperature sta modificando i modelli climatici in modo profondo ed estremo. Milioni di persone stanno già sperimentando le conseguenze disastrose del cambiamento climatico e del degrado ambientale, amplificate ulteriormente da conflitti violenti. Queste fluttuazioni meteorologiche e dei modelli climatici hanno ripercussioni dirette sulla possibilità di mantenere l’abitabilità dei territori e sul futuro di condizioni di vita dignitose e sostenibili per tutti.

Il mondo si trova a un bivio geopolitico, anche se ci stiamo allontanando dal periodo post-Guerra Fredda verso una nuova era di multipolarità, ma i leader globali stanno aumentando in modo preoccupante la loro dipendenza da soluzioni militarizzateOggi la spesa militare viene propagandata come una necessità per mantenere tutti gli aspetti della sicurezza. Nel frattempo, è emersa una vasta rete di interessi e di potere globale, guidata da pochissimi attori privati sovranazionali che controllano le imprese e influenzano i governi in modo puramente antidemocratico. Si tratta di una rete di potere globale che include e collega imprese militari e dell’energia fossile. Una rete in cui la militarizzazione non solo causa la morte di centinaia di migliaia di persone, ma diventa anche strumentalmente responsabile del disastro ambientale, proteggendo gli interessi dei combustibili fossili e gli attori predatori. Una rete che lavora, direttamente e indirettamente, per impedire l’adozione di misure che potrebbero alleviare la crisi ambientale planetaria e la sofferenza di milioni di persone. Una rete che non si sottrae a raccogliere profitti dalla vendita di armi ad attori genocidi, come vediamo nel sostegno militare dato a Israele per continuare i suoi implacabili attacchi a Gaza. Dobbiamo invece garantire il dispiegamento di un potere democratico in tutto il mondo.

Le spese militari non solo alimentano guerre e conflitti armati in tutto il mondo, ma sottraggono anche risorse che potrebbero essere destinate ad affrontare i cambiamenti climatici, a investire nella giustizia globale (compresi gli Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite) e a promuovere la trasformazione pacifica dei conflitti e il disarmo. Le forze armate sono tra i maggiori consumatori di carburante al mondo, con il 5,5% delle emissioni globali, mentre l’uso di sostanze chimiche inquina il territorio intorno alle basi militari, avvelenandolo per generazioni. L’uso continuo di mine e munizioni a grappolo, così come di armi convenzionali, lascia la terra inabitabile per generazioni. Il costo opportunità della spesa militare “ci costa un Mondo”. Letteralmente.

Siamo consapevoli che le attuali sfide che l’Umanità deve affrontare (guerre e conflitti, crisi climatica, crisi sociale, crisi della democrazia, pandemie, deforestazione, perdita di biodiversità e molte altre) sono globali e transfrontaliere. Queste sfide richiedono uno sforzo comune e coordinato che può essere raggiunto solo costruendo nuove alleanze tra una vasta gamma di attori – dalla società civile alle istituzioni internazionali, agli Stati, alle imprese e ai popoli – per finanziare e creare giustizia, pace e diritti umani per il pianeta.

Insieme, dobbiamo spingere per una sicurezza globale comune o collettiva, basata sulla costruzione della fiducia, sulla cooperazione e sulla solidarietà. La riduzione delle spese militari è un primo passo necessario e la migliore opportunità per costruire la pace e creare un mondo sostenibile con dignità per tutti.

A tal fine…
Chiediamo ai governi di ridurre le spese militari e di affrontare invece le pressanti sfide globali che richiedono tutte le risorse disponibili. Dobbiamo denunciare gli interessi e le pressioni nascoste del complesso militare-industriale.

Chiediamo sforzi reali per il disarmo globale, per fermare il commercio di armi e per cessare le spedizioni di armi ai Paesi in conflitto. È tempo che l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite si impegni a definire una data e una struttura definitive per una quarta sessione speciale sul disarmo, considerando che l’ultima sessione risale a 36 anni fa e che gli Stati hanno trascurato la loro responsabilità e il loro dovere di perseguire il disarmo attraverso il quadro delle Nazioni Unite.

Chiediamo ai governi di dare priorità alla giustizia rispetto ai profitti derivanti dal commercio di armi e in particolare, li invitiamo a cessare la fornitura e l’acquisto di armi da Israele e a utilizzare tutti i mezzi esistenti per spingere verso un cessate il fuoco e la fine del genocidio a Gaza.

Chiediamo una discussione sincera e attiva su architetture di sicurezza internazionali e regionali nuove e reattive, basate sulle idee di base della sicurezza comune e sulla Nuova Agenda per la Pace del Segretario Generale delle Nazioni Unite António Guterres. Da Gaza al Sudan al Myanmar, i conflitti non saranno risolti con mezzi militari. Chiediamo un cessate il fuoco globale; la logica della pace deve prevalere su quella della guerra.

Chiediamo una nuova geopolitica che si lasci alle spalle guerre e violenza, creando strutture di governance globale in un ambiente di cooperazione e dialogo. Deve fiorire una nuova era post-violenta, basata su una cultura di pace, su principi femministi e su una risoluzione dei conflitti basata sul dialogo.

Chiediamo ai governi di agire ora. È urgente un vero piano di decarbonizzazione. Denunciamo inoltre le grandi imprese dell’industria fossile che hanno dirottato e cooptato i governi mondiali.

Facciamo appello alla società civile a livello locale, nazionale, regionale e internazionale, affinché si unisca nella campagna per combattere la tendenza all’aumento delle spese militari, per rafforzare il movimento globale per la pace e la giustizia e per sfidare i responsabili delle decisioni che cercano di giustificare un militarismo senza fine in nome della nostra sicurezza.

 


 

Le Global Days of Action on Military Spending (GDAMS) sono una iniziativa dell’International Peace Bureau (IPB) > vai al sito internazionale

La prima edizione si è svolta nel 2011. L’edizione 2024 è iniziata il 12 aprile e terminerà il 15 maggio.

Tutte le informazioni sulle iniziative di Rete Italiana Pace Disarmo per la riduzione delle spese militari si possono trovare nella sezione del nostro sito dedicata a questo tema