In via Corelli 28 c’è il CPR di Milano; qui come altrove la fabbrica di dolore, di disagio, di sofferenza e di morte lavora giorno e notte.
Da cinque anni gli attivisti della Rete Mai più lager No ai CPR si battono, raccolgono informazioni, le divulgano, denunciano, organizzano assemblee e presidi. Quella di sabato 6 aprile nel pomeriggio è stata una bella manifestazione. Sicuramente ha aiutato la confluenza del corteo pro Palestina che da quasi sei mesi si ripete ogni sabato in città.
Una parte ha rinvigorito e dato forza e slancio all’altra. Le questioni si avvicinano: si parla di soprusi, di ingiustizia, di oppressi e oppressori, di desiderio di libertà, di dolore e rabbia. Di diritto alla vita.
Si parte da Piazza Tricolore, una piazza relativamente centrale, ma questa volta non si pretende di andare verso il centro, la direzione è opposta: dritta sparata verso la periferia. Quasi 4 chilometri sotto un sole che finalmente scalda.
I giovani palestinesi gridano, come sempre fanno, spesso trainati da giovanissime o da bimbi sulle spalle di adulti. Megafoni ai quali rispondono in massa, decisi, esasperati dalla distruzione alla quale assistono quotidianamente da 180 giorni e notti.
In testa al corteo, dal camion si alternano gli interventi, che ricordano come il commissariamento del CPR di Milano non abbia modificato nulla, dimostrando come il male, anzi il MALE, sia strutturale, e non un “accidente”.
Oltre alla rete, ci sono il Naga, Mediterranea, i sindacati di base, un po’ di CGIL, molti anarchici, Rifondazione, ma il corpo centrale del corteo è fatto da quei gruppi, italiani o arabi, che sventolano le bandiere palestinesi. Un mix riuscito.
Giunti a poche centinaia di metri dal CPR, nella speranza che le grida arrivino fino alle orecchie dei detenuti, la polizia fa ben capire che avanti non si va, e ci si ferma; si concludono gli interventi, si annunciano i prossimi passi, convinti che, quest’anno, anche il 25 aprile e il 1° maggio non potranno fare a meno di toccare queste tematiche.
Rimane un chiodo fisso: i CPR devono chiudere, tutti, e al più presto.
Foto di Andrea Mancuso