Si è svolto il 5 aprile 2024 a Monserrato (CA), presso la sede dell’Associazione Pauly Aps, un interessante convegno dal titolo Comunità rom, esperti, comuni e scuole del territorio, a confronto su politiche di inclusione e buone prassi. Il progetto ha ricevuto un finanziamento pubblico dall’UNAR (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali) in occasione della Prima Settimana per la promozione della Cultura Romanì e per il contrasto all’antiziganismo, 3 – 10 aprile 2024.
Nella prima parte della mattinata sono stati presentati i risultati della Ricerca-azione realizzata dall’A.S.C.E (Associazione Sarda Contro l’Emarginazione) e dall’Università degli Sudi di Firenze su Inclusione delle comunità rom in Sardegna. Storia cultura, interazione. Stefano Colaneri del Gruppo di lavoro ASCE-Rom ha illustrato come è nato il progetto di ricerca e la collaborazione con il gruppo di lavoro dell’Università fiorentina. La modalità operativa è stata la visita alle comunità sparse per la Sardegna, quelle di Sassari, Olbia, la comunità di Porto Torres, le cui famiglie oggi vivono in case di proprità, Oristano, San Nicolò d’Arcidano, Carbonia, Selargius e Monserrato; l’ascolto attivo delle storie, dei bisogni, degli traguardi raggiunti, delle criticità ancora in essere per quanto concerne l’abitazione, la scuola e l’inclusione sociale.
Lo storico Luca Bravi ha presentato a grandi linee la storia della presenza di Sinti e Rom in Sardegna, facendo riferimento anche agli studi di Massimo Aresu; in particolare, si è soffermato sul confino a Perdasdefogu durante il fascismo di comunità provenienti dall’Istria. Famiglie di cui si sono perse le tracce, che non sono rimaste nell’isola, ma sono tornate nel continente. Interessante si presenta la ricostruzione storica attraverso i racconti che si sono tramandati all’interno delle famiglie. Ma il focus è stato messo sulla storia più recente della presenza delle comunità Rom in Sardegna, in particolare delle comunità arrivate in loco a causa della guerra nei Balcani.
Luca Bravi ha riferito,inoltre, della Ricerca dell’Università di Cagliari del 2017, che sostanzialmente offre un quadro corrispondente. Egli ha sottolineato la necessità di superare il modo di interagire con i Rom: dal diventare la loro voce, ad ascoltare la loro voce, le loro storie, valorizzare la loro cultura, attraverso l’interazione piuttosto che l’integrazione.
Luca Bravi ha riferito,inoltre, della Ricerca dell’Università di Cagliari del 2017, che sostanzialmente offre un quadro corrispondente. Egli ha sottolineato la necessità di superare il modo di interagire con i Rom: dal diventare la loro voce, ad ascoltare la loro voce, le loro storie, valorizzare la loro cultura, attraverso l’interazione piuttosto che l’integrazione.
Successivamente, ha preso la parola Clarissa Beganovic, giovane rappresentante della comunità rom di Oristano. Nel suo intervento accorato ha denunciato la difficile situazione abitativa della sua famiglia, la quale vive ancora oggi accampata in un campeggio comunale nonostante lo sgombero del campo rom risalga a sette mesi fa.
La terza relazione è stata tenuta da Sabrina Milanovic della comunità rom di San Nicolò d’Arcidano, oggi mediatrice interculturale. Sabrina ha raccontato la sua storia personale e quella della comunità, che superati i problemi iniziali di inserimento, causa i pregiudizi e gli stereotipi diffusi, col tempo l’interazione tra comunità locale e i nuovi arrivati ha avuto risvolti positivi anche grazie all’impegno della scuola. Una immagine sintetizza l’inclusione raggiunta: un bimbo gagè (non rom) in braccio a una ragazza rom.
Nella quarta relazione, la dottoressa Eva Rizzin, ricercatrice all’università di Verona e direttrice dell’osservatorio antiziganismo, si è soffermata sul fatto che in Itali è ancora molto diffuso tale fenomeno. Ha portato diversi esempi, a partire dalla propria storia famigliare, in particolare riferendosi alla scolarizzazione del proprio figlio; l’uso inappropriato del termine “zingari” con cui vengono chiamati rom e sinti, termine usato in senso dispregiativo. Il suo libro, Attraversare Auschwitz. Storie di rom e sinti: identità, memorie, antiziganismo, è un punto di riferimento per capire quanto cammino c’è ancora da fare per superare pregiudizi e stereotipi nei confronti di rom e sinti, erroneamente definiti nomadi.
Nella quarta relazione, la dottoressa Eva Rizzin, ricercatrice all’università di Verona e direttrice dell’osservatorio antiziganismo, si è soffermata sul fatto che in Itali è ancora molto diffuso tale fenomeno. Ha portato diversi esempi, a partire dalla propria storia famigliare, in particolare riferendosi alla scolarizzazione del proprio figlio; l’uso inappropriato del termine “zingari” con cui vengono chiamati rom e sinti, termine usato in senso dispregiativo. Il suo libro, Attraversare Auschwitz. Storie di rom e sinti: identità, memorie, antiziganismo, è un punto di riferimento per capire quanto cammino c’è ancora da fare per superare pregiudizi e stereotipi nei confronti di rom e sinti, erroneamente definiti nomadi.
Nella seconda parte di questo incontro, una tavola rotonda, sono intervenuti/e esponenti delle amministrazioni locali, della scuola, delle associazioni che interagiscono con le comunità rom del territorio. Ci si è confrontati sulle politiche abitative, sulle connessioni tra politiche abitative e scuola, e inclusione sociale. Anche il dibattito conclusivo è stato arricchito dagli interventi del pubblico presente in sala.
Dopo la pausa pranzo con buffet tradizionale rom, il pomeriggio è proseguito con la mostra fotografica Rom e Sinti, immagini di una resistenza, a cura di Sardinia To Do e lo spettacolo di musica tradizionale rom con il musicista Rifet Sejdic, per la gioia di donne uomini e bambine/i, rom e gagè, che hanno partecipato con canti e danze.