Le avvisaglie non erano state delle migliori: venerdì 19 il corteo e lo “sciopero” dei Fridays for Future aveva raccolto poche centinaia di giovani.
Eppure c’era chi se ne aspettava tante (come me, ma soprattutto come la polizia che era arrivata con un dispiegamento da grandi cortei).
Il giorno dopo, in molti (ed io tra questi…) ci si diceva: bhè se si uniscono i FFF con i palestinesi, questa volta ci vedono in tanti.

Io credo che si debba essere sinceri quando si danno informazioni.
C’era meno gente del previsto.
Va detto, perchè le domande erano sul volto di coloro che erano presenti, e qualche risposta bisognerà pure cominciare a darcela.
Una cosa sembra certa: sui contenuti, le denunce, le analogie di due lotte fondamentali come quella contro le guerre (e il massacro in Palestina in particolare) e la rivendicazione di una giustizia climatica, di un cambio di paradigma, di un genere umano che va verso il baratro: abbiamo ragione.

Eppure, come in parte era avvenuto anche per la fusione della manifestazione contro i CPR (di due sabati fa), la colonna portante è stata ancora una volta la componente dei tanti manifestanti pro-Palestina.

C’era anche un gruppo di operai della GKN, generosissimi, sicuramente stanchi come molti che ieri reggevano a fatica gli striscioni controvento.
Che si vada tutti e tutte contro-vento è sicuro.
Che si debbano trovare formule in cui agli sforzi seguano dei risultati, è altrettanto vero.

Forse bisogna riuscire a trovare modalità più efficaci e creative che rompano questa coltre di rabbia, dolore e fatica che ci attraversano,
Diversamente non rischiamo di esaurirci?

O forse è solo una fase di fronte alla quale bisognerà riuscire ad allargare il cerchio: le università per esempio? da quello che succede negli Usa parrebbe così, vedremo da noi cosa succederà. O ritornare a coinvolgere uomini e donne dai quartieri, dai posti di lavoro (impresa immane, ma indispensabile). Nel frattempo vedremo come andrà il 25 aprile, con ogni probabilità non sarà una ricorrenza che guarda al passato, ma piuttosto un grido di ribellione per ciò che avviene nel presente e potrebbe avvenire nel futuro prossimo.

Due ultimi spunti in positivo: il corteo è stato lungo e se disegnassimo su una cartina i percorsi di tutti questi sabati passati ne uscirebbe una bella ragnatela, c’è da dire che l’affermazione “manifesteremo ogni sabato finchè la guerra non sarà finita!” venne sostenuto anche all’inizio della guerra in Ukraina, ma dopo alcuni sabati, si chiuse l’esperienza. Qui, a denti stretti, ma si va avanti.

Per chiudere: sosteniamo l’iniziativa del BDS Milano che alle 18 del 23 aprile sarà in corso Como 17 a fare un sit-in davanti ad AXA, azienda francese che sostiene Israele. In contemporanea alle tante iniziative che si svolgeranno quel giorno in Francia. Coraggio.