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Agenzia DIRE- Gaza, appello urgente dell’Onu: servono 2 miliardi e 800 milioni
Appello lanciato dalle Nazioni Unite per la raccolta di donazioni per il sostegno della popolazione palestinese nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania
La misura è stata preannunciata, nel corso di una video-conferenza, da Andrea De Domenico, a capo dell’Ufficio per il coordinamento dell’assistenza umanitaria (Ocha) nei Territori palestinesi. Secondo il responsabile, il 90 per cento dei fondi dovrebbe essere destinato alle comunità di Gaza. I beneficiari degli interventi potrebbero essere circa tre milioni di persone. La richiesta di donazioni ha la forma del “flash appeal”, l’appello urgente.
fonte.Dire
Surriscaldamento climatico: emissioni, questione di classe. In Europa il 10% più ricco inquina “quasi 6 volte rispetto al 50% meno abbiente”. Anche all’interno dei singoli paesi sussistono differenze in base alla ricchezza detenuta e in molti di essi la forbice delle disuguaglianze continua a divaricarsi
Si parla spesso dei diversi contributi dei paesi, con i paesi più poveri che inquinano di meno ma ne risultano più sproporzionatamente colpiti – leggi quanto precedentemente rilevava Openpolis -. Tuttavia le differenze sussistono anche tra classi sociali all’interno dei singoli stati. Come evidenzia il world inequality lab, un laboratorio di ricerca che studia le disuguaglianze, è questo il divario che più si è ampliato a livello globale negli ultimi decenni
Per rimanere entro il limite di +2 gradi centigradi stabilito dall’accordo di Parigi, le emissioni globali pro capite dovrebbero limitarsi a 3,4 tonnellate di anidride carbonica, da oggi fino al 2050. Attualmente però sono 6,6, circa il doppio. Lo evidenzia il world inequality lab, l’istituto di ricerca che da circa un decennio studia la disuguaglianze, tra paesi e all’interno dei singoli stati, analizzando anche le disuguaglianze di genere e climatiche, oltre a quelle economiche. Come riportato dall’istituto, si tratta di dati che vanno analizzati con attenzione. In primo luogo, esistono marcati divari tra paesi e aree del mondo. Per esempio le emissioni medie del continente africano sub-sahariano sono di appena 1,6 tonnellate per abitante, mentre nel nord America si arriva a una media di 20,8. Il che significa che un cittadino nord americano medio emette la Co2 equivalente di 13 cittadini dell’Africa sub-sahariana. Ma ancora maggiori rispetto alle differenze tra paesi sono quelle all’interno dei singoli paesi, tra i più e i meno abbienti. Globalmente il 10% più ricco (ovvero meno di 800 milioni di persone su quasi 8 miliardi) è responsabile della metà di tutte le emissioni di sostanze inquinanti nell’atmosfera. Mentre il 50% più povero contribuisce per il 12%. Si tratta di una piramide e pertanto se restringiamo ulteriormente il campo vediamo che l’1% più abbiente da solo è responsabile del 17% delle emissioni totali. E ancora, circa 770mila persone, lo 0,01% più ricco della popolazione mondiale, emettono una quota pari al 3,9% delle emissioni globali. Ovvero più di 2.500 tonnellate di Co2 equivalente l’anno, contro una media, come abbiamo accennato, di 6,6. Oltre 700 volte quello che dovrebbero essere per mantenere l’aumento della temperatura al di sotto dei 2 gradi. Inoltre questo è il gruppo le cui emissioni sono più aumentate: nel 1990 erano circa la metà. Il 10% più ricco invece, che emette mediamente 31 tonnellate, dovrebbe ridurre il proprio contributo del 90%. Oxfam ha evidenziato tre principali ragioni per cui le persone più facoltose causano più inquinamento. In primis c’è lo stile di vita, caratterizzato da più comodità e lussi e quindi causa di maggiori emissioni. In secondo luogo ci sono gli investimenti che le persone più ricche fanno nelle industrie inquinanti e il loro interesse a mantenere lo status quo economico corrente. Infine, c’è il fatto che quest’ultimo si concretizza con influenze dirette sui media e sulla politica.
per approfondimenti leggi il report Openpolis
La crisi climatica, le nonne, i giudici. Storica sentenza della la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo: il governo svizzero ha violato i diritti umani, dando così ragione alle Klimatseniorinnen, le “anziane per il clima”
La CEDU ha riconosciuto che: da un lato, il surriscaldamento del pianeta mette in pericolo i diritti umani della cittadinanza dei 46 Paesi che aderiscono alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali; dall’altro, restringe i margini di discrezionalità dei governi per quanto riguarda le azioni esecutive volte alla riduzione dell’emissioni di CO2, al fine del raggiungimento degli obiettivi derivanti dagli accordi internazionali sottoscritti sul clima
Da molte parti la sentenza viene definita storica, perché è la prima volta che la Corte annovera il diritto a un clima stabile tra i diritti umani, anche se nello stesso giorno ha respinto, per questioni procedurali, analoghi ricorsi promossi da sei giovani portoghesi e dall’ex sindaco di una cittadina francese. Le questioni affrontate nelle 260 pagine della sentenza della CEDU sono molte e complesse per le loro possibili ripercussioni che vanno ben oltre al caso specifico. Merita una riflessione – scrive Roberto Mezzalama – il fatto che l’iniziativa legale sia stata condotta da un’associazione di 2500 anziane signore, che rivendicano il diritto alla propria salute appartenendo a una categoria particolarmente esposta ai rischi dovuti alle ondate di calore, sempre più frequenti e intense. Dopo anni nei quali giovani e giovanissimi hanno riempito le piazze di tutto il mondo e sono diventati protagonisti della lotta al cambiamento climatico, sono ora le loro nonne ad aver registrato uno dei risultati più importanti, almeno sul piano del diritto internazionale. È un messaggio straordinario, che dimostra l’importanza di far uscire la lotta per il clima dalla dimensione generazionale nella quale è stata confinata dalla retorica del “mondo salvato dai ragazzini” (retorica che, peraltro, non li salva dalle denunce e dalle manganellate quando il potere di turno li ritiene troppo fastidiosi). Non potremo mai ringraziare abbastanza i giovani che si sono spesi e si spendono ogni giorno per tenere viva e alimentare questa lotta e senza di loro la Commissione europea non avrebbe trovato la spinta necessaria per far partire il Green deal. Tuttavia, senza una chiara presa di responsabilità degli adulti che occupano oggi tutte le posizioni di potere, non esiste alcuna possibilità di fermare il riscaldamento globale. Abbiamo un disperato bisogno di un patto tra generazioni: nonne e nipoti ci sono, ora tocca ai padri e alle madri.
leggi integralmente l’articolo su volerelaluna
Sorveglianza e rifiuto, il mantra dell’Europa: il Nuovo Patto su Migrazioni e Asilo. Un successo per l’Italia e per l’UE?
Gli effetti concreti delle norme approvate sulla vita dei migranti e dei richiedenti asilo li vedremo tra qualche anno. Un primo risultato però c’è già stato: quella parte di Europa che vuole innalzare muri e rivendica confini nazionali ed europei sempre più netti, che fa del nazionalismo, della xenofobia e del razzismo il suo programma elettorale, dopo il 10 aprile è sicuramente più forte
“Sorvegliati speciali… da respingere e rimpatriare il prima possibile”. Un pessimo programma per l’Europa che verrà. È questo il destino che attende i migranti e i richiedenti asilo che proveranno a raggiungere la Fortezza Europa, sempre più barricata su sé stessa. In futuro, lo sarà più di ieri, dopo l’approvazione da parte del Parlamento europeo del Patto sulla migrazione e sull’asilo lanciato dalla Commissione Europea il 23 settembre 2020 con l’obiettivo (dichiarato) di promuovere una politica comune europea, capace di “affrontare le pressioni migratorie”. Secondo i comunicati ufficiali il Patto approvato permetterebbe di conciliare “responsabilità e solidarietà” (nei confronti di chi?). Nei fatti, se sarà approvato anche dal Consiglio Europeo entro fine aprile, come previsto, chiedere e ottenere asilo nell’Unione Europea sarà sempre più difficile. Non una rivoluzione, ma un passo ulteriore verso l’indebolimento del diritto di asilo, il rafforzamento dei sistemi di controllo e di sorveglianza delle frontiere esterne e l’estensione delle ipotesi di quel sistema di “trattenimento” dei migranti e dei richiedenti asilo (che in Italia conosciamo molto bene) che il Regolamento Pre-screening, (art. 2, c. 12) definisce senza mezzi termini come una forma di “confinamento”. Basterebbe pensare del resto a ciò che è già successo fino ad oggi, ai diritti violati, alle vite perse nel Mediterraneo, per rabbrividire di fronte al cinismo (elettorale), alla miopia (politica) e alla disumanità (inqualificabile) del voto europeo del 10 aprile. Il Parlamento Europeo ha approvato dieci diversi regolamenti (i testi sono disponibili qui) che entreranno in vigore dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale Europea e troveranno applicazione due anni dopo. Alcuni testi sono molto complessi e profondamente modificati nel corso del processo di negoziazione politica che ha preceduto il voto del 10 aprile. Illustrarne in dettaglio i contenuti è impossibile, qui ci soffermeremo su alcuni punti. Prescreening- procedura integrata di frontiera: Si tratta di controlli sanitari, di sicurezza e biometrici, rilevamento delle impronte digitali e registrazione nella banca dati Eurodac da espletarsi entro 7 giorni; Procedura accelerata di frontiera: L’obiettivo è velocizzare il più possibile la procedura di esame delle domande di asilo, il che aumenta il rischio di violare tale diritto, soprattutto per le persone più vulnerabili; L’accoglienza diventa sempre più detenzione: accogliere il richiedente alla frontiera esterna o in prossimità della stessa ovvero in una zona di transito – ovvero “nell’estensione del sistema di trattenimento dei richiedenti asilo e nella moltiplicazione di strutture detentive -: Gestione delle “crisi” migratorie: non è previsto alcun principio di solidarietà obbligatoria. Refugees welcome ha parlato di “fine del diritto di asilo in Europa così come l’abbiamo conosciuto fino ad oggi”; Arci non ha esitato a considerare il Patto “una resa dell’UE alla destra xenofoba e razzista”. Sicuramente, come ha efficacemente denunciato Amnesty International, le nuove norme provocheranno molte sofferenze in più alle persone che dovrebbero invece trovare accoglienza e protezione.
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