“Persone e non macchine da profitto”, così una barista della Louisiana, Lizzie Harlow, auspica su HuffPost possano essere i lavoratori di Starbucks.
Alcuni di loro avevano fondato nel 2021 il sindacato Starbucks Workers United (SWU), costituito per la maggior parte da giovani e nato contestando le basse retribuzioni (di non molto superiori al salario minimo) e gli alti carichi di lavoro. Non contentandosi di regalìe aziendali come il pagamento di una parte delle spese sanitarie e delle tasse per l’università, avevano aperto una delle campagne sindacali più rilevanti e coraggiose tra quelle che caratterizzano negli ultimi anni il mondo del lavoro negli USA.
In questi giorni, quella che è stata definita una “guerra di logoramento” è in una fase di forte movimento e lo è certamente in conseguenza del movimento iniziato con una prima vittoria nel dicembre 2021, a Buffalo (Stato di New York).
Da allora, SWU ha vinto in 385 negozi, sindacalizzando 9.500 lavoratori. Nella sola giornata del 20 febbraio sono state presentate istanze di sindacalizzazione in 21 caffetterie di tutta la Nazione, da cui è stata inviata una lettera congiunta all’Amministratore Delegato dell’azienda che rivendica “salari più alti, orari equi e coerenti, benefici migliori e un posto di lavoro sicuro e dignitoso”.
A queste istanze, l’azienda aveva finora contrapposto una sistematica campagna di terra bruciata attorno al Sindacato, impiegando ingenti risorse: si stima sia costata 240 milioni di dollari nel solo 2023. Rifiutandosi di aprire vere trattative per la stipula di un contratto, che non è stato finora possibile firmare in nessuna delle sedi sindacalizzate.
Sono ormai 130 in quasi 3 anni le citazioni rivolte dal Sindacato all’agenzia federale per i diritti dei lavoratori, NLRB, riguardanti 420 accuse contro Starbucks, e più di 1.100 le denunce per violazioni delle leggi sul lavoro: licenziamenti di organizzatori, chiusura dei negozi sindacalizzati, anche se redditizi (il NLRB ne ha individuate 23 a livello nazionale), retribuzioni aumentate solo ai lavoratori non sindacalizzati.
Purtroppo anche le violazioni accertate da un tribunale federale, comportano solamente una direttiva a contrattare in “buona fede”. Ovviamente insufficiente, in assenza quantomeno di sanzioni pecuniarie, a convincere l’azienda a cambiare atteggiamento.
In pochi anni, è totalmente compromessa l’immagine di sedicente progressista costruitasi da Howard Schultz (fondatore e ancor oggi principale azionista di Starbucks), che era il probabile candidato alla nomina di Ministro del Lavoro se Hillary Clinton avesse vinto nel 2016 le elezioni presidenziali contro Trump. Il New York Times del 23 febbraio si è chiesto se Starbucks, sorpassando Amazon, fosse ormai negli USA alla testa dei Villain of Big Labor, le canaglie contro il lavoro organizzato.
Di fronte all’arroganza aziendale, il Sindacato ha prodotto sempre nuove iniziative che si sono aggiunte alle tradizionali e ammesse “marce contro il capo” per consegnare nei singoli negozi richieste collettive. Un pullman per i diritti dei lavoratori Starbucks ha girato, nel luglio scorso, per gli USA per pubblicizzarne la lotta. Uno sciopero aziendale, definito Red Cup Rebellion, proclamato il 16 novembre scorso, nel giorno più stressante per il lavoro nelle caffetterie, quello in cui viene regalata una tazza rossa e sconti a chi ordina una bevanda speciale di tipo vacanziero. Un altro sciopero di 3 giorni a dicembre.
Inoltre SEIU, il Sindacato dei servizi di cui SWU è affiliato, ha richiesto al Dipartimento del Lavoro di costringere Starbucks a pubblicizzare il costo della campagna che contrasta il Sindacato, affidata allo studio legale Littler Mendelson, specializzato in union busting (repressione dell’attività sindacale).
E iniziative di boicottaggio del marchio nei campus sono partite già in 25 Università, con petizioni di studenti e lavoratori che richiedono alle amministrazioni scolastiche di rescindere i legami con Starbucks fino a quando continuerà la repressione del Sindacato.
Negli USA la contrattazione è quasi sempre di “stabilimento”, quasi mai di categoria, raramente di tutte le sedi di un’azienda. Anche in Starbucks il tentativo in corso è di contrattare in ogni singola sede in cui i lavoratori hanno votato a maggioranza per aderire al Sindacato.
Così come SWU è affiliato a SEIU, questa aderisce a sua volta ad una delle due grandi confederazioni statunitensi, Strategic Organizing Center (SOC), che aveva presentato una lista di candidati all’elezione, che si terrà il 13 marzo, del Consiglio di Amministrazione (CdA) di Starbucks. Per la prima volta un Sindacato ha usato strumenti tradizionalmente impiegati dai fondi speculativi (hedge fund) per entrare nei CdA di una società. L’ha fatto sulla base di una minuscola quota di azioni detenuta dal suo fondo pensioni sindacale. Brew a Better Starbucks (questo è il titolo dell’iniziativa) sosteneva la tesi che l’antisindacalismo aziendale danneggia, oltre i lavoratori, anche l’immagine, gli incassi, i profitti, il valore delle azioni di Starbucks e la sua credibilità sul mercato. L’idea ha preso spunto della farsesca, e assai propagandata, iniziativa di Starbucks, proposta dall’ormai ex amministratore delegato Howard Schultz, di lasciare una sedia vuota nelle riunioni del proprio CdA per rappresentare gli interessi dei dipendenti.
Tutte questi iniziative a vari livelli sindacali sembrano aver aperto in questi ultimi giorni una breccia nell’intransigenza padronale: il 27 febbraio la dirigenza di Starbucks ha improvvisamente comunicato di aver raggiunto col Sindacato un accordo propedeutico (a foundational framework) all’apertura di negoziati. Qualunque cosa significhi (l’intesa è ancora da pubblicizzare nei dettagli e i colloqui sono ancora in corso) e cosa possa scaturirne, si tratta comunque di una fatto del tutto nuovo.
Anche se la disponibilità dell’azienda a trattare non significa accettazione delle richieste dei lavoratori, può comunque diminuire la paura che aveva bloccato molti baristi dall’aderire al Sindacato.
Per il momento, l’azienda ha esteso ai lavoratori sindacalizzati la possibilità di aggiungere, come finora concesso solo ai lavoratori dei negozi non sindacalizzati, una mancia ai pagamenti ricevuti con carta di credito (un’importante integrazione dei bassi salari di chi negli USA lavora nei negozi, anche se svilente ai nostri occhi). Saranno probabilmente pagati anche agli iscritti al Sindacato gli aumenti di paga finora loro negati.
Di converso, SOC ha ritirato il 5 marzo la lista delle proprie candidature al CdA come evidente contropartita della disponibilità aziendale ad aprire le trattative. La possibilità, abbastanza remota, che rappresentanti del Sindacato fossero eletti nel CdA aziendale difficilmente avrebbe potuto portare risultati concreti per i lavoratori ma comunque l’iniziativa di “assalto al CdA” ha provocato irritazione nel management.
Altrettanto, il ritiro delle candidature al CdA potrebbe rappresentare un passaggio di centralizzazione delle trattative che è da vedere quanto si concilierà con l’organizzazione delle bariste e dei baristi di Starbucks, diventata un simbolo di come ci si possa mobilitare dal basso per i propri diritti. Inventandosi anche continue forme di attivismo per coinvolgere anche i clienti delle caffetterie.
La speranza dei lavoratori è che finisca la repressione antisindacale e migliorino le condizioni di lavoro attraverso una contrattazione per singola unità commerciale. Un primo passo verso un contratto sindacale dell’intera azienda, assai futuribile allo stato attuale, per il quale il Sindacato comunque è già attrezzato, avendo nel cassetto una piattaforma generale.
Sarà da vedere nelle prossime decisive settimane come procederà il tentativo di raggiungere gli obiettivi di questa vertenza, a partire dal riconoscimento del Sindacato nei posti di lavoro. E come ciò si concilierà col permanere della genuina radicalità di questa iniziativa collettiva di base.
Fonti principali:
M.Gruenberg, SEIU demands that Starbucks disclose union-busting spendin, People’s World, 29.1
K.Smith, California college students petition to remove Starbucks from campuses, East Bay Times, 30.1
D.Jamieson, 21 Starbucks Stores Plan To Form Unions In 1-Day Blitz, Huffpost, 20.2
S.Sarkar, A First Contract Is Finally in Sight for Unionized Starbucks Workers, In This Times, 29.2
A.N.Press, The Starbucks Workers’ Union Has Finally Broken Through, Jacobin, 29.2
https://sbworkersunited.org/