Nel discorso introduttivo alla 78^ Assemblea Generale Straordinaria della CEI, apertasi ad Assisi il 13 novembre 2023, il cardinale Matteo Zuppi auspicava la riaffermazione della pace prima che «la Terza Guerra mondiale a pezzi – come ripete da anni Papa Francesco – possa diventare un’unica guerra. […] La pace, insomma, è il problema dei problemi – aveva sottolineato – perché la guerra genera ogni male e versa ovunque i suoi veleni di odio e violenza, che raggiungono tutti, pandemia di morte che minaccia il mondo. Tutto è perduto con la guerra: lo sappiamo, ma non impariamo!». Un discorso ineccepibile rivolto ai vescovi italiani ad Assisi, la città della pace. Il “non impariamo”, destinato in particolare ai responsabili della politica che governa il mondo, credo sia attuale anche per la Chiesa cattolica, infatti non impariamo come Chiesa, a partire dai vertici; ci si aspetterebbe un po’ di coerenza nella prassi di chi nella Chiesa ha ruoli istituzionali.
In occasione del 4 Novembre 2023 scrissi una lettera all’Arcivescovo di Cagliari mons. Giuseppe Baturi, un appello a non partecipare alle celebrazioni ufficiali nella nostra città della Festa delle Forze Armate con la presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e del Ministro della Difesa Guido Crosetto, almeno a non presenziare alla parata militare. Avevo apprezzato il suo discorso – tenuto ai Vespri nella basilica di San Saturnino per la festa del Patrono (30 novembre) – per il patos che emanava dalle sue parole. Volevo rendere partecipe il mio vescovo del mio stato d’animo mentre veniva eseguito magistralmente dal coro il canto dei vespri in gregoriano: «Per un’interruzione di corrente, la basilica è rimasta al buio. Ho pensato con dolore alle tenebre che sovrastano la nostra terra, lacerata da massacri e guerre che perpetuano uccisioni a migliaia di uomini donne e bambini, negando la vita. Mi è venuta alla mente l’espressione del teologo evangelico Dietrich Bonhoeffer, giustiziato dai nazisti nel campo di concentramento di Flossenburg il 9 aprile del 1945 per la sua opposizione al nazismo: “Solo chi grida per gli ebrei può cantare il gregoriano”. Nel mio cuore sento che quella frase oggi si applica anche ai palestinesi di Gaza e Cisgiordania, discriminati, imprigionati e uccisi: “Solo chi grida per i palestinesi può cantare il gregoriano”; ma anche chi grida per tutte le popolazioni allontanate a forza dalle proprie terre, come gli armeni del Nagorno Karabakh, e per i profughi a causa delle guerre e dei cambiamenti climatici in molti Paesi africani».
Un altro motivo per il quale avevo apprezzato il discorso di mons. Baturi era l’attenzione rivolta al mondo giovanile, il richiamo alla necessità del “Patto globale per l’educazione” lanciato da papa Francesco, perciò ho proseguito: «Riferendosi alla Giornata mondiale della gioventù di Lisbona, Lei ha affermato: “Abbiamo potuto vedere una moltitudine mobilitarsi nella ricerca e contemplazione della fede percepita nella sua bellezza e grandezza, nella intensità proposta e testimoniata dal Papa. La giovinezza ha bisogno di compagnie autorevoli e proposte alte. Questa è l’educazione” (Giuseppe Baturi, Sfida educativa e giovani, è tempo di nuove alleanze, Avvenire, 29 ottobre 2023). A “compagnie autorevoli e proposte alte” aggiungerei anche gesti coerenti e simboli autentici. Se denunciamo col Papa la follia della guerra e della produzione di armamenti – e lo dobbiamo continuare a fare con tutta la nostra voce anche nelle nostre celebrazioni – dobbiamo anche promuovere l’educazione alla nonviolenza, alla pace e alla mondialità, di modo che i giovani possano diventare sovrani fino ad esercitare l’obiezione alla guerra. Al contrario, assistiamo all’incremento della propaganda bellica nei media e fin dentro le nostre scuole, dove si promuovono incontri con militari e stage per gli studenti nelle basi militari e nelle navi della Marina durante le esercitazioni militari».
I giovani non hanno bisogno di bei discorsi, ma di testimonianze, di gesti e di simboli in cui riconoscersi. La nostra terra di Sardegna ha l’onere gravoso del 60% di tutte le servitù militari del territorio italiano. Nei poligoni interforze ci si esercita alla guerra con danni di inquinamento ambientale, di salute pubblica e di carattere economico. Capo Teulada, uno splendido tratto di costa del Sulcis, è talmente inquinato che è stato dichiarato non bonificabile. Nel nostro territorio è presente la RWM, fabbrica di ordigni bellici, bombe vendute all’Arabia Saudita che sono state utilizzate contro la popolazione civile yemenita; di droni-killer destinati a Israele e utilizzati contro i palestinesi in Cisgiordania e sulla Striscia di Gaza. Fabbrica, alla quale il nostro governo ha commissionato di recente munizioni da utilizzare nella guerra tra Russia e Ucraina. Concludevo la mia lettera all’Arcivescovo con queste parole: «Che cosa abbiamo da festeggiare? Dovremmo fare lutto perché “ogni vittima ha il volto di Abele”. Perciò, come povero cristiano, impegnato nel cammino ecumenico, nel dialogo interreligioso e nel movimento per la pace, Le chiedo di non presenziare alle celebrazioni ufficiali, in particolare alla parata militare, per dare un segno chiaro che il nome di Dio non può essere in nessun modo accomunato alla guerra: il nome del Dio in cui crediamo è PACE».
A sessant’anni dalla Pacem in Terris di Papa Roncalli (11 aprile 1963), il suo messaggio è più che mai attuale. Affermando che nell’era atomica bellum alienum est a ratione, Giovanni XXIII poneva le basi per un superamento della dottrina della “guerra giusta”. Il Concilio Vaticano II non giunse a una totale condanna della guerra – ciò che rammaricò molto Aldo Capitini, fondatore del Movimento Nonviolento. Tuttavia, nel capitolo V della Gaudium et spes, Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo, trovano cittadinanza la nonviolenza e il riconoscimento del diritto all’obiezione di coscienza. Possiamo affermare che con Papa Francesco, la dottrina della “guerra giusta” sia stata del tutto abbandonata: «…non possiamo più pensare alla guerra come soluzione, dato che i rischi probabilmente saranno sempre superiori all’ipotetica utilità che le si attribuisce. Davanti a tale realtà, oggi è molto difficile sostenere i criteri razionali maturati in altri secoli per parlare di una possibile “guerra giusta”. Mai più la guerra!» (Enciclica Fratelli tutti, n. 258).
Coerenza vorrebbe che l’assistenza spirituale a coloro che si trovano nella condizione di soldati non fosse affidata a cappellani militari, preti e religiosi con le stellette, e che l’Ordinariato Militare fosse definitivamente superato.
Pierpaolo Loi