Il senatore statunitense Bernie Sanders, storico sostenitore dei diritti dei lavoratori, ha presentato un disegno di legge per la riduzione dell’orario a 32 ore settimanali, distribuite su 4 giorni a parità dell’attuale retribuzione. Sanders ha affermato che i progressi tecnologici sono andati solo a vantaggio delle aziende (e dei loro amministratori delegati, che guadagnano milioni di dollari) e che l’intelligenza artificiale, che si diffonde in ogni settore del lavoro, minaccia in prospettiva di diminuire i livelli occupazionali e di approfondire ancora questa disuguaglianza.
Sanders ha citato statistiche secondo le quali 28,5 milioni di persone lavorano più di 60 ore a settimana e il 40% lavora più di 50 ore a settimana. Mediamente lavorano in un anno 204 ore in più rispetto ai lavoratori giapponesi, 279 ore in più di quelli del Regno Unito e 470 ore in più rispetto ai tedeschi.
Il 14 marzo, in occasione dell’audizione presso la commissione senatoriale che si occupa di salute, istruzione, lavoro e pensioni (commissione presieduta dallo stesso Sanders) era presente anche il sindacato United Auto Workers (UAW). Sindacato che oggi non organizza solo i lavoratori e i pensionati delle Big 3, le 3 grandi aziende auto degli USA (e sta cercando di sindacalizzare gli stabilimenti degli altri marchi), ma anche altri lavoratori, tra cui quelli di alcune università.
Il presidente di UAW, Shawn Fain, ha motivato il sostegno alla proposta di forte riduzione di orario (Workers Deserve More Time for Themselves, Jacobin, 15.3) ricordando che la piattaforma del recente rinnovo del contratto di lavoro nelle Big 3 conteneva la richiesta di un orario di 32 ore (che peraltro non sono state ottenute, né forse sostenute come una delle priorità della vertenza).
Fain ha ricordato la necessità dei lavoratori di avere più tempo per sé e per la propria famiglia. Ma il tempo, proprio come ogni risorsa preziosa nella nostra società, non è dato liberamente alla classe dei lavoratori. Secondo Fain con l’avanzare della tecnologia un lavoratore sta facendo oggi ciò che facevano dodici lavoratori decenni fa e la settimana lavorativa di 30 ore era già un’idea, sindacale ma non solo, negli anni ’30 e ’40 del secolo scorso. Il Senato degli Stati Uniti approvò nel 1933 una legislazione sulla settimana lavorativa di 30 ore, boicottata dalle aziende. Nel 1940, il presidente F. D. Roosevelt inserì nel Fair Labor Standards Act la settimana lavorativa di 40 ore, che s’infranse sulle necessità della produzione bellica. Oggi, sottolinea ancora Fain, ci sono persone che lavorano sette giorni alla settimana, dodici ore al giorno e magari fino a 60, 70, 80 anni, poiché non possono permettersi di lasciare il posto di lavoro a causa dei ridotti assegni pensionistici.
Anche per questo crescono gli infortuni sul lavoro e le morti, sia per stress lavorativo che per suicidio da disperazione, mentre a causa di una sperequazione criminale negli Stati Uniti una ridotta minoranza possieda tanta ricchezza quanto il 50% dei cittadini con redditi più bassi.
Fain ha risposto a chi sostiene che “ci sono persone che non hanno voglia di lavorare. Altro che diminuire l’orario!” , ricordando che queste persone esistono davvero e sono gli speculatori di Wall Street. Coloro che traggono profitto dal lavoro degli altri e che hanno tutto il tempo nel mondo, mentre chi fa andare avanti il Paese col proprio lavoro ha sempre meno tempo per se stesso, per la propria famiglia e per la sua vita.
Il disegno di legge di Bernie Sanders si scontra ovviamente a livello istituzionale col dissenso non solo dei Repubblicani ma anche della maggioranza dei Democratici. Senz’altro sono contrarie le imprese che dilatano gli orari, quando e come è loro utile, anche per evitare assunzioni. E anche molti lavoratori, le cui paghe orarie, non si può dimenticarlo, sono così basse che non solo sono indispensabili per poter vivere degnamente ore e ore di straordinario, ma è assai diffuso anche il doppio lavoro nella stessa giornata.
Ma almeno negli Stati Uniti se ne discute e anche con un certo risalto sui mezzi di comunicazione. La necessità di una riduzione generalizzata dell’orario, che non può che essere accompagnata da retribuzioni che ne consentano un’efficace applicazione e da una crescita del potere dei lavoratori, è oggi più che mai una necessità che consenta di “lavorare meno, lavorare tutti ” in un mondo in continua trasformazione tecnologica.