“Da parte del Governo e della governance della Stretto di Messina Spa viene ripetuto a ogni occasione che il 2024 sarà l’anno del Ponte e che nei prossimi mesi (luglio?) verranno aperti i primi cantieri. Ci appare evidente, dunque, che il dibattito Ponte Sì/Ponte No rischia di essere mero esercizio retorico a fronte dell’accelerazione (quand’anche fosse solo mediatica) cui stiamo assistendo. Non c’è, infatti, alcun dubbio che a una razionale valutazione dei pro e dei contro non si sceglierebbe di impegnare una cifra prossima ai 15 miliardi per una mega opera inutile e dannosa come il ponte a fronte dei tanti bisogni inevasi di cui i territori interessati sono portatori.
Il devastante impatto ambientale, i dubbi sulla edificabilità dell’opera, l’irrilevanza dei vantaggi dal punto di vista trasportistico, l’enorme costo tutto a carico di risorse pubbliche a fronte di una rete viaria e ferroviaria mortificanti, dei rischi permanenti per le popolazioni locali a causa del dissesto idrogeologico e della sismicità delle aree interessate, nonché la precarietà del sistema sanitario e dell’edilizia scolastica. Due modelli diversi, evidentemente, di investimento. Da una parte la concentrazione di risorse in un unico punto a tutto vantaggio di poche corporazioni e delle grandi centrali delle costruzioni e dall’altro investimenti diffusi con un migliore ritorno per le comunità locali e per i lavoratori.
𝐋𝐞 𝐆𝐫𝐚𝐧𝐝𝐢 𝐎𝐩𝐞𝐫𝐞, 𝐩𝐞𝐫ò, 𝐥𝐨 𝐬𝐚𝐩𝐩𝐢𝐚𝐦𝐨, 𝐧𝐨𝐧 𝐬𝐨𝐧𝐨 𝐫𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐚𝐥𝐢. 𝐈𝐥 𝐥𝐨𝐫𝐨 𝐢𝐧𝐭𝐞𝐧𝐭𝐨 𝐧𝐨𝐧 è 𝐢𝐥 𝐛𝐞𝐧𝐞𝐬𝐬𝐞𝐫𝐞 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐞 𝐩𝐨𝐩𝐨𝐥𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐢, 𝐦𝐚 𝐢𝐥 𝐯𝐚𝐧𝐭𝐚𝐠𝐠𝐢𝐨 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐞 𝐥𝐨𝐛𝐛𝐲 𝐞 𝐢𝐥 𝐩𝐫𝐨𝐟𝐢𝐭𝐭𝐨 𝐝𝐞𝐢 𝐩𝐨𝐜𝐡𝐢
È questa la ragione per cui un vero dibattito pubblico, che coinvolgesse le popolazioni interessate, non è stato mai avviato. Le decisioni sono sempre state calate dall’alto e le poche occasioni in cui è stato concesso a chi si oppone all’opera di esprimersi sono avvenute in contesti con nessun potere decisionale.
Il movimento No Ponte, dopo avere chiamato in piazza per ben tre volte in sei mesi decine di migliaia di persone nell’ambito di una mobilitazione che è apparsa sempre più partecipata,
𝐬𝐢 𝐭𝐫𝐨𝐯𝐚 𝐨𝐠𝐠𝐢 𝐚 𝐩𝐨𝐫𝐬𝐢 𝐢𝐥 𝐩𝐫𝐨𝐛𝐥𝐞𝐦𝐚 𝐝𝐞𝐥𝐥’𝐚𝐧𝐧𝐮𝐧𝐜𝐢𝐚𝐭𝐨 𝐚𝐯𝐯𝐢𝐨 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐜𝐚𝐧𝐭𝐢𝐞𝐫𝐢𝐳𝐳𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞
Tocca al Movimento No Ponte attivarsi per rendere esplicito il reale impatto dei cantieri sulla vita degli abitanti dei territori dell’area dello Stretto. Tocca al Movimento No Ponte mettere in guardia la popolazione sull’impatto che i cantieri avranno per dieci/venti/trenta anni sulla biografia di intere generazioni.
Si pone, dunque, il problema di come affrontare la nuova fase di mobilitazione in occasione dell’apertura dei cantieri.
𝐂𝐨𝐦𝐞 𝐜𝐨𝐧𝐭𝐫𝐚𝐬𝐭𝐚𝐫𝐥𝐢? 𝐂𝐨𝐦𝐞 𝐢𝐦𝐩𝐞𝐝𝐢𝐫𝐞 𝐥𝐚 𝐝𝐞𝐯𝐚𝐬𝐭𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐞 𝐜𝐢𝐭𝐭à 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐨 𝐒𝐭𝐫𝐞𝐭𝐭𝐨? 𝐐𝐮𝐚𝐥𝐢 𝐬𝐨𝐧𝐨 𝐥𝐞 𝐩𝐫𝐚𝐭𝐢𝐜𝐡𝐞 𝐩𝐢ù 𝐞𝐟𝐟𝐢𝐜𝐚𝐜𝐢? 𝐐𝐮𝐚𝐥𝐢 𝐠𝐥𝐢 𝐬𝐭𝐫𝐮𝐦𝐞𝐧𝐭𝐢 𝐧𝐞𝐜𝐞𝐬𝐬𝐚𝐫𝐢 𝐚 𝐫𝐞𝐧𝐝𝐞𝐫𝐞 𝐥𝐚 𝐥𝐨𝐭𝐭𝐚 𝐢𝐧𝐜𝐢𝐬𝐢𝐯𝐚? 𝐒𝐨𝐧𝐨 𝐪𝐮𝐞𝐬𝐭𝐞 𝐥𝐞 𝐝𝐨𝐦𝐚𝐧𝐝𝐞 𝐜𝐡𝐞 𝐬𝐢 𝐝𝐞𝐯𝐨𝐧𝐨 𝐩𝐨𝐫𝐫𝐞 𝐭𝐮𝐭𝐭𝐢 𝐜𝐨𝐥𝐨𝐫𝐨 𝐜𝐡𝐞 𝐡𝐚𝐧𝐧𝐨 𝐚 𝐜𝐮𝐨𝐫𝐞 𝐢𝐥 𝐟𝐮𝐭𝐮𝐫𝐨 𝐝𝐞𝐢 𝐭𝐞𝐫𝐫𝐢𝐭𝐨𝐫𝐢 𝐢𝐧𝐭𝐞𝐫𝐞𝐬𝐬𝐚𝐭𝐢, 𝐦𝐚 𝐚𝐧𝐜𝐡𝐞 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐒𝐢𝐜𝐢𝐥𝐢𝐚, 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐂𝐚𝐥𝐚𝐛𝐫𝐢𝐚, 𝐝𝐞𝐥 𝐒𝐮𝐝
Non abbiamo mai considerato il Ponte sullo Stretto come opera sé, originale, sganciata dal contesto politico ed economico. Il Ponte sullo Stretto è opera che segue le prassi tipiche della politica delle Grandi Opere, dei Grandi Eventi, delle emergenze ambientali. Il Ponte, anzi, per dimensioni, investimento, immaginario è opera paradigmatica. In questa opera si condensano tutti i dispositivi finanziari, politici, giuridici, mediatici che caratterizzano le manifestazioni delle economie estrattiviste.
𝐀 𝐭𝐮𝐭𝐭𝐢 𝐜𝐨𝐥𝐨𝐫𝐨 𝐜𝐡𝐞 𝐯𝐨𝐠𝐥𝐢𝐨𝐧𝐨 𝐥𝐨𝐭𝐭𝐚𝐫𝐞 𝐜𝐨𝐧𝐭𝐫𝐨 𝐥𝐚 𝐜𝐨𝐬𝐭𝐫𝐮𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐝𝐞𝐥 𝐩𝐨𝐧𝐭𝐞 𝐬𝐮𝐥𝐥𝐨 𝐒𝐭𝐫𝐞𝐭𝐭𝐨, 𝐚𝐢 𝐦𝐨𝐯𝐢𝐦𝐞𝐧𝐭𝐢, 𝐚𝐢 𝐜𝐨𝐦𝐢𝐭𝐚𝐭𝐢, 𝐚𝐥𝐥𝐞 𝐬𝐢𝐧𝐠𝐨𝐥𝐚𝐫𝐢𝐭à, 𝐜𝐡𝐞 𝐧𝐞𝐢 𝐥𝐨𝐫𝐨 𝐭𝐞𝐫𝐫𝐢𝐭𝐨𝐫𝐢 𝐬𝐢 𝐛𝐚𝐭𝐭𝐨𝐧𝐨 𝐜𝐨𝐧𝐭𝐫𝐨 𝐞𝐠𝐮𝐚𝐥𝐢 𝐦𝐞𝐜𝐜𝐚𝐧𝐢𝐬𝐦𝐢 𝐝𝐢 𝐝𝐞𝐯𝐚𝐬𝐭𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐞 𝐬𝐩𝐞𝐜𝐮𝐥𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐟𝐚𝐜𝐜𝐢𝐚𝐦𝐨 𝐚𝐩𝐩𝐞𝐥𝐥𝐨 𝐩𝐞𝐫 𝐫𝐚𝐠𝐢𝐨𝐧𝐚𝐫𝐞 𝐢𝐧𝐬𝐢𝐞𝐦𝐞 𝐬𝐮 𝐪𝐮𝐚𝐥𝐢 𝐬𝐢𝐚𝐧𝐨 𝐠𝐥𝐢 𝐬𝐭𝐫𝐮𝐦𝐞𝐧𝐭𝐢 𝐞 𝐥𝐞 𝐩𝐫𝐚𝐭𝐢𝐜𝐡𝐞 𝐦𝐢𝐠𝐥𝐢𝐨𝐫𝐢 𝐩𝐞𝐫 𝐜𝐨𝐧𝐭𝐫𝐚𝐬𝐭𝐚𝐫𝐞 𝐪𝐮𝐞𝐬𝐭𝐢 𝐩𝐫𝐨𝐜𝐞𝐬𝐬𝐢
In questa prospettiva invitiamo tutte e tutti a discuterne insieme il 23 e 24 marzo presso il Forte San Jachiddu (Messina)”