Il modo con cui l’ambasciatore dell’Ucraina in Italia ha argomentato la sua recente protesta per il contenuto dei libri scolastici sulla storia dell’Ucraina e della Russia, che non riporterebbero l’interpretazione storica del suo governo, è tanto ridicolo che non sarebbe nemmeno il caso di parlarne se non fosse per l’ingerenza sul sistema scolastico italiano. A suo parere l’insieme degli storici estensori di quasi tutti i libri di testo adottati dalle scuole italiane nonché gli insegnanti che li adottano sarebbero in massa vittime della “massiccia disinformazione russa”, se non direttamente al soldo del Kremlino.
Preoccupa invece che nessuno, nel variegato ma omologato mondo politico italiano, si sia sentito in dovere di rimandare al mittente tanta inopportuna ingerenza, ricordando al suddetto ambasciatore che in Italia, almeno per ora, c’è la libertà di insegnamento. Anzi, il Ministro Valditara, rispondendo anche a indignate sollecitazioni, ha prontamente dichiarato che c’è “un problema da risolvere” e che “farà accertamenti, tradendo la tendenza a estendere anche alla scuola, dopo la stampa e la televisione, la Verità Ufficiale.
Non che i libri di testo non possano essere criticati, e chi scrive ad esempio lo ha fatto spesso in merito alle omissioni sui massacri commessi dalle truppe di occupazione italiane nei Paesi colonizzati nel solco della narrazione “italiani brava gente”. Anzi proprio perché la Storia come Verità, con la S e la V maiuscola, non esiste, ma è sempre interpretazione, deve essere contestabile e contendibile nell’ambito del confronto culturale e delle diverse storiografie. Quanto viene insegnato e scritto nei libri di testo è il risultato di questa dinamica ed è anche rispecchiamento della diversità dei punti di vista che c’è nella società. Ma non può mai essere verità ufficiale.
Tutto ciò non ha nulla a che fare con il merito dei contenuti dei libri sull’Ucraina. Il punto non è se quanto scritto sia condivisibile o meno, vero o falso, giusto o sbagliato, anche se un motivo ci sarà se un gran numero di libri di testo riportano interpretazioni diverse da quelle dell’ambasciatore. Ma il punto qui è se il governo, e quindi la maggioranza protempore, debba occuparsi di ciò. Se possa esistere una storia di Stato e una interpretazione ufficiale dei fatti storici decisa per legge a colpi di maggioranza.
Non lo si ricorda mai abbastanza, ma la libertà di insegnamento è una parte costitutiva della democrazia costituzionale italiana, al pari della libertà di stampa, dell’autonomia della magistratura e della separazione dei poteri. L’art. 33 della Costituzione è inequivocabile: “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento.” Punto.
Continua: “La Repubblica stabilisce le norme generali sull’istruzione…”. Le norme generali e non il contenuto dell’insegnamento, che è materia sottratta alla maggioranza di governo a tutela del pluralismo. E’ invece proprio degli Stati totalitari, come ci ha insegnato Hanna Arendt, costruire una narrazione ufficiale pervasiva e a senso unico, nel quale avvolgere la vita delle persone fino a farle vivere in un universo coerente con il potere che li domina.
E di tentazioni totalitarie, di limitazione dei poteri e dei contrappesi, di voglia di pensiero unico purtroppo c’è già più di un segnale.
Non c’è che da auspicare che siano le insegnanti e gli insegnanti e le stesse case editrici a difendere le proprie prerogative, rimandando al mittente, ministro e ambasciatore, le pretese di omologazione.