I giovani di oggi – se vivono ancora, mediamente, in una condizione di benessere – faticano a raggiungere una vera autonomia di vita che passa necessariamente dalla scuola, dal lavoro, dalla condizione abitativa. In un contesto di bassa crescita, dove a prevalere sono le dinamiche conservative delle generazioni senior, i giovani rischiano di restare sempre più al palo, imprigionati nella rete di una agiatezza ricevuta e non conquistata che qualche volta disinnesca il desiderio e più spesso li relega ai margini dell’economia e della società.
Prigionieri di una “gabbia (semi)dorata”, molti ragazzi rischiano di perdere la spinta creativa e l’energia motivazionale, adagiandosi su una prospettiva del “giorno per giorno” di brevissimo termine e di basso profilo (benché non privo dei suoi piccoli piaceri e di micro sicurezze) che diventa strategia di vita. Per molti l’unica alternativa sembra quella di lasciare il Paese alla ricerca di possibilità che non riescono a trovare in Italia. Un adattamento negativo per loro e per l’intero Paese. E’ quanto si legge in “Via dalla Gabbia (Semi) Dorata. Riaprire il Futuro delle Giovani Generazioni”, il recente Rapporto Italia Generativa 2023, promosso da Generatività Sociale (https://generativitasociale.it/) e curato dal Centre for the Anthropology of Religion and Generative Studies (ARC) dell’Università Cattolica del Sacro Cuore con la collaborazione di IFEL e il sostegno di Fondazione Unipolis.
Assumendo il punto di vista dei giovani italiani, il Rapporto Italia Generativa 2023 individua 5 aree tematiche decisive nel passaggio all’adultità: l’educazione e la formazione; l’ingresso nel mondo del lavoro; l’accesso all’autonomia abitativa; il benessere; la fiducia e la partecipazione.
Il quadro complessivo restituisce un pesante e trasversale ritardo del nostro Paese. Sono molteplici le condizioni di penalità che i giovani italiani si trovano ad affrontare rispetto a molti dei loro coetanei europei, praticamente in tutte le transizioni analizzate. Il Rapporto si affida all’immagine di “inverno demografico” per restituire le dinamiche involutive della popolazione italiana, con il numero dei giovani che continua a calare: nel 2030, al netto dei flussi migratori, i giovani tra i 20 e i 34 anni saranno 580mila in meno rispetto ad oggi. Più che inverno, evidenzia il Rapporto, siamo davanti ad una “glaciazione demografica”.
Oggi più che mai, la qualità e la coerenza dei percorsi educativi e formativi possono fare la differenza nell’affrontare con maggiore fiducia le sfide della crescita e della fioritura personale, a livello professionale, sociale, economico, culturale, civico, politico. Ma, continua il Rapporto, l’Italia è in ritardo nel confronto con i principali Paesi europei: il mancato raggiungimento degli standard attesi in lettura, matematica e scienze coinvolge una “quota inaccettabile” di 15enni italiani. L’Italia si colloca al penultimo posto per numero di giovani di età compresa tra i 25 e i 34 anni che hanno conseguito almeno un titolo di studio terziario (dalla Laurea triennale o altri titoli equipollenti in poi). Non va meglio nell’area del digitale. Tra i giovani italiani tra i 16 e i 29 anni poco meno di un terzo raggiunge un livello di competenze digitali superiori a quelle di base.
Ma anche a proposito di lavoro la situazione è alquanto critica: l’Italia è al penultimo posto per quota di giovani occupati a tre anni di distanza dal conseguimento del titolo di studio. Una condizione che vale sia per i laureati che per i diplomati. Non va meglio la questione femminile, ove l’Italia registra il più basso tasso di occupazione femminile in Europa: risulta occupata infatti poco più di una donna su due di età compresa tra i 20 e i 64 anni, 15 punti percentuali al di sotto della media europea.
E le difficoltà ad inserirsi nel mondo del lavoro bloccano di conseguenza l’autonomia economica e abitativa dei giovani. Dall’analisi, emerge, inoltre, un preoccupante squilibrio generazionale – di cui beneficiano le coorti più anziane del nostro Paese a discapito delle più giovani – che aggrava ulteriormente le prospettive di sviluppo tanto a livello personale che collettivo dei giovani cittadini italiani.
Nel contesto di grandi transizioni planetarie, da quella ecologico-energetica a quella digitale, e nell’ottica delle grandi trasformazioni che stanno impattando sempre più significativamente sul nostro Paese (si pensi ai cambiamenti demografici e ai processi migratori, ad esempio), è evidente la necessità di un’azione integrale e strutturale che può porsi unicamente nella prospettiva di un grande Patto generazionale. È questa la priorità che dovrebbe essere assunta come obiettivo unitario dalle diverse forze del Paese e che dovrebbe informare ogni iniziativa ed azione di policy nel prossimo futuro.
Affinché però l’idea di un patto generazionale non resti solo uno slogan, affascinante ma sostanzialmente vuoto, servono coraggio e concretezza. Come potrebbe declinarsi una nuova alleanza generazionale? Il Rapporto indica alcune azioni concrete su cui incominciare a lavorare:
- Azione fiscale, con una decisa rimodulazione del carico fiscale a vantaggio delle nuove generazioni. Tale azione può essere tradotta concretamente riducendo le tasse per i contratti dei neoassunti e per l’acquisto della prima casa; includendo le spese per la formazione nel computo delle spese scaricabili, incrementando il valore dell’assegno famigliare, ma anche riconoscendo alle imprese dei vantaggi nel momento in cui mantengono un contratto di lavoro con le donne che vanno in maternità.
- Azione elettorale, trovando soluzioni in grado di far pesare di più i giovani anche sul piano politico, abbassando per esempio la soglia degli elettori ai 16 anni, oppure variando il peso del voto in base all’età, oppure ancora introducendo una quota verde (riservata agli under 30), simile alle quote rosa, nelle liste delle candidature.
- Azione educativa/formativa, con un grande investimento nell’educazione e nella scuola che superi la contrapposizione tra i licei e le scuole tecniche.
- Azione abitativa, pensando all’introduzione della possibilità di un contratto di mutuo (già esistente in altri Paesi come ad esempio la Svizzera) in cui per i primi 5/10 anni si restituiscono solo gli interessi e non la quota capitaria, oppure all’introduzione di garanzie pubbliche per l’accesso al mutuo, ipotecando per esempio i tanti beni immobili pubblici in disuso.
- Azione di genere, promuovendo il lavoro femminile e creando le condizioni per cui la scelta genitoriale non sia una penalizzazione per le giovani donne italiane.
- Azione finanziaria, evitare che le ingenti risorse presenti sui conti correnti degli italiani (si stima che siano almeno 1.300 miliardi di € in larga parte nelle mani degli ultracinquantenni, appartenenti al ceto medio/alto) non si perdano nei circuiti della finanza internazionale, ma vengano orientate a livello locale per creare una nuova e più feconda relazione tra le diverse generazioni che abitano in questi territori.
- Azione di mobilità migratoria, valorizzare la presenza di cinque milioni di stranieri che costituisce già oggi una risorsa per l’Italia e ancora di più lo sarà nei prossimi anni.
- Azione di pianificazione della spesa pubblica, adottando -come già fanno altri paesi- strumenti innovativi di governance per armonizzare i bisogni dei giovani, come ad esempio l’adozione di valutazioni di impatto delle norme legislative per le politiche giovanili.
- Azione legislativa, mettendo al centro dell’azione politica i giovani, anche con l’adozione di cornici legislative adeguate. Non tutti i Paesi vantano una legge quadro sulle politiche giovanili. I dati confermano che le nazioni che ne dispongono hanno minori probabilità di avere carenze legate a mandati poco chiari. In Italia, l’attuale Strategia nazionale per la gioventù non prevede forme istituzionalizzate di partecipazione dei giovani nella sua formulazione.
Qui il Rapporto: https://www.italiagenerativa.it/rig2023/