Sabato 8 marzo 2024, nella giornata di sciopero globale contro la violenza maschile sulle donne e la violenza di genere, come assemblea femminista e transfemminista di Non Una di Meno Padova abbiamo riaperto per le abitanti del quartiere e la cittadinanza tutta il consultorio di via Salerno, che da cinque anni giaceva nell’abbandono.
Lo stabile era dato in gestione all’ULSS, ma è di proprietà dell’Ater, l’ente regionale dell’edilizia pubblica. Questo edificio è simbolo delle scelte politiche in atto da anni nel territorio: da una parte ATER, che in tutta la città attua politiche di svendita e speculazione sul patrimonio pubblico e che è tra i responsabili della precarietà abitativa nella nostra città. Dall’altra gli interventi di cosiddetta “riorganizzazione” della sanità territoriale, e dunque anche dei consultori familiari. Il consultorio di via Salerno è stato chiuso dalla Regione e dalla ULSS nella primavera del 2019 e le sue funzioni sono state ufficialmente spostate in via Scrovegni, ma l’effetto è stato quello di una chiusura perché con tale spostamento un intero quartiere è stato privato di un presidio di sanità di prossimità.
La legge 405/75 che istituisce i consultori attribuisce loro funzioni non solo sanitarie, ma anche sociali: dall’assistenza psicologica e sociale alla genitorialità responsabile, alla divulgazione delle informazioni per una sessualità consapevole. La legge regionale 28/1977 aggiunge ulteriori funzioni di supporto psico-sociale e prevede che “la distribuzione dei consultori familiari sul territorio regionale dovrà essere corrispondente alle esigenze della popolazione secondo criteri di ampia diffusione del servizio”. Ma come dimostra l’ultima indagine dell’Istituto Superiore di Sanità, “Con una sede ogni 49.817 residenti il Veneto ha una diffusione dei CF in linea con quanto stabilito dalle Linee guida regionali per il Servizio di CF del 2010 (40.000/50.000 abitanti). Tale valore colloca il Veneto tra le 3 realtà (2 Regioni e 1 PA) con la più bassa diffusione di sedi di CF sul proprio territorio nel panorama nazionale. Il numero dei residenti afferenti al bacino di utenza è superiore alla media nazionale ed è più del doppio del gold standard di un consultorio ogni 20.000 residenti”. Non si tratta quindi della sola carenza numerica, ma di una precisa scelta politica nel non aumentare nelle Linee guida il rapporto tra consultori e numero di abitanti.
I consultori sono nati cinquant’anni fa grazie alle lotte femministe e delle donne che hanno portato una visione politica e sessuata della salute: donne che si organizzavano autonomamente per parlare di salute, contraccezione, sessualità, maternità, violenza, relazioni. Oggi i consultori non solo sono insufficienti, ma non svolgono più molte delle funzioni per la quale sono nati. Da quella che all’epoca è stata una grande innovazione con l’introduzione del paradigma bio-psico-sociale in sanità, si sta tornando a dare spazio al solo paradigma bio-medico. Infatti, anche i consultori attualmente aperti sono stati svuotati della loro funzione politica quali punti di riferimento e spazi di organizzazione e di confronto per le donne, per diventare, quando va bene, poco più che ambulatori. Questo ha una diretta ricaduta sulle donne e sulla popolazione che perde servizi di prossimità fondamentali, ma ricade anche sulle spalle di chi all’interno di queste strutture lavora con sempre meno riconoscimento e maggiori difficoltà.
La salute è da sempre un tema centrale per il movimento Non Una di Meno, perché i luoghi della salute sono dei luoghi dove come donne e libere soggettività viviamo la violenza patriarcale: dal mancato accesso all’aborto e alla contraccezione gratuita, dallo smantellamento del welfare alla difficoltà di curarsi se si è povere o precarie, fino alla chiusura dei presidi territoriali di salute.
Come da anni diciamo insieme alle donne di tutto il mondo, la giornata dell’8 marzo è solo un momento di visibilità in lotte che proseguono giorno per giorno nei territori e nelle vite di ciascuno e ciascuna. Per questo, da oggi 9 marzo sistemeremo lo spazio per renderlo accessibile e invitiamo tutte e tutti a venire ad aiutarci. La Consultoria di via Salerno sarà sin da subito uno spazio di informazione e confronto sulla salute sessuale e riproduttiva, sull’accesso all’IVG a Padova, sulla genitorialità, sulla violenza ginecologica ed ostetrica, sulle molestie sui luoghi di lavoro, sul contrasto alla violenza di genere. Tutto quello che un consultorio dovrebbe fare e che non fa più. Tutto quello che vorremmo che un consultorio facesse anche oltre alle funzioni istituzionalizzate cinquant’anni fa.
Da ieri questo spazio lo abbiamo restituito alla collettività. È dunque a tutte e tutti che ci rivolgiamo ora: costruiamo insieme la Consultoria per trasformarla da edificio abbandonato, simbolo della distruzione della sanità pubblica, a luogo di raccolta e scambio di informazioni, di costruzione condivisa di saperi sui corpi, di lotte per la salute del territorio e di chi lo attraversa.