Nell’ottobre del 2021, ancora in clima di pandemia e di passeggiate solitarie, non poco aveva incuriosito la sbandierata presenza di una prestigiosa università internazionale intitolata a Jean Monnet, che con banner colossali annunciava l’apertura di corsi universitari a Palermo. Ma ancora più sorprendente era la location dell’università: il Real Albergo delle povere in corso Calatafimi a Palermo, sede prestigiosa dell’Assessorato regionale dei Beni Culturali e dell’Identità siciliana, allora da poco transitato dalle esperte mani di Sebastiano Tusa di cui ricorre il 10 marzo l’anniversario della scomparsa, a quelle certamente non altrettanto esperte, di Alberto Samonà.
La difesa dell’identità siciliana e non del paesaggio era diventato il compito assegnato all’Assessorato da Raffaele Lombardo, leader catanese del Movimento Per l’Autonomia, e presidente del governo della Regione Siciliana, che fondava sul populismo la propria forza numerica travolgente.
Una semplice ricerca su internet portò a scoprire che quell’università era una realtà assai articolata: un dipartimento universitario di studi con sede a Lugano, legato alla università internazionale di Goradze in Bosnia e che opera a Locarno, ma nato da una fondazione croata, Zaklada europa, con sede a Umag. Affidare ad una simile organizzazione la formazione in Sicilia era proprio uno schiaffo all’identità siciliana ma allora si inaugurava anche in Sicilia la politica del sovranismo come copertura per l’ingresso della destra politica nella cultura, sulla scia di quanto già avvenuto negli USA e che certamente aveva non poco contribuito all’affermazione di Donald Trump.
Sono passati 4 anni e lo scandalo della falsa università che rilascia lauree in infermieristica non validabili in Italia, è divenuto pubblico. Non è tanto lo scandalo a fare rumore, poiché di familismo, favori, mazzette e scandali inconcludenti, viviamo ogni giorno! Era la trasformazione politica di un assessorato che aveva avviato negli anni settanta un profondo rinnovamento della tutela e valorizzazione del patrimonio culturale che sorprendeva.
L’Assessorato regionale per i Beni Culturali, concedeva propri locali con tanta facilità ad una università almeno discutibile per il management, dando, oltre i locali dell’Albergo delle povere che erano destinati a mostre, convegni, laboratori, i locali della tonnara di Favignana. Cosa ne sia stato della concessione di quei locali visto che le lezioni dell’università, oggi definita fantasma, sembra si siano svolte nelle strutture della Università di Palermo con la partecipazione di rettori, docenti, ricercatori, non ci è dato sapere.
Sarà la magistratura a verificare cosa sia lecito e cosa no, ma, certo sorprende che il Governatore della Regione apra un’inchiesta sul possibile danno erariale (che probabilmente non c’è stato perché i fondi erano quelli degli studenti), nei confronti di una associazione in cui è coinvolto anche il di lui figlio, membro di un noto studio di avvocati palermitani, direttamente legato alla predetta università. E non serve certamente lamentarsi del numero chiuso nelle università che apre spazi e praterie infinite a simili avventurieri.
Non sorprende affatto che la Regione siciliana, avanguardia politica sperimentale dei destini del paese, si affidi a avventurieri internazionali per reggere il mondo della formazione e della cultura e ai privati la realizzazione di mostre o l’apertura di nuovi musei. Queste sono scelte organiche ad una politica che ha ridotto la tutela e valorizzazione del patrimonio a semplice attività burocratica.
La realtà è che i governi siciliani sono sempre debitori al potere del mattone, sia che si tratti di imprese che si tratti di movimenti populisti in difesa del diritto alla conservazione impunita degli abusi, persino su suoli demaniali, presupposto di frane, alluvioni, erosione della costa ma soprattutto privatizzazione e spreco dei suoli. Tutto ciò attraverso lo smantellamento della struttura di tutela del patrimonio paesaggistico e ambientale, in contrasto persino con quanto indicato nel rinnovato articolo 9 della Costituzione italiana che indica l’ambiente accanto al paesaggio come bene nazionale prioritario, riducendo al lumicino la struttura dipartimentale della tutela, e a brandelli quanto creato negli anni ’70 e ’80 da una “lungimirante politica del compromesso storico”, verticalizzando il potere accentrato nelle mani del Soprintendente, oggi un dirigente proveniente da qualunque branca della amministrazione regionale, in dispregio delle leggi nazionali di settore che valgono anche in Sicilia e che prevedono carriere esclusive.
A contraltare nella gestione della tutela, valorizzazione e conservazione, c’è il rinvio da due anni dei nuovi bandi per la gestione dei servizi aggiuntivi; l’affidamento a privati di monumenti ed aree per manifestazioni che poco hanno a che fare con la promozione della storia e della cultura; il martellante susseguirsi di spot su strabilianti scoperte archeologiche, o su eccezionali eventi come la ricomposizione del Kouros di Siracusa, o la Ri-costruzione del singolo Telamone del tempio di Zeus ad Agrigento, singolare custode e nello stesso tempo spaventoso mister Hyde.
Se 4 anni fa poteva ancora sembrare un maldestro e malcelato tentativo di occupare ogni spazio della cultura sul modello trumpiano americano, oggi assistiamo a scandali economici e truffe che ci fanno ancora chiedere: è assenza di progetto politico mascherato da incapacità o incapacità che maschera un preciso progetto politico? E la risposta non può che essere: l’incapacità è malattia diffusa e serve a soddisfare quegli appetiti che il rapidissimo dimagrimento dei bilanci ordinari ha lasciato insaziati; il progetto politico è a lungo o medio termine e comporta l’occupazione degli spazi soprattutto della formazione, mentre la cultura e la storia servono ancora una volta come specchio per le allodole.
Intanto però, appena la notizia delle lauree farlocche si è diffusa, i Banner che adornavano il prospetto e l’ingresso della “Real casa delle Povere”, sono scomparsi.
*già Dirigente Tecnico dei Beni Culturali in Sicilia