Sono oltre 4 milioni e 800mila gli imprenditori che operano in Italia nel 2021 e le donne rappresentano il 30,0%, in lieve crescita rispetto al 2015 quando la percentuale di donne era del 29,1%. Le imprenditrici sono mediamente più giovani dei colleghi maschi (rispettivamente 49 e 52 anni). Tra gli under 35 si osserva un maggiore equilibrio di genere con una incidenza della presenza femminile del 37,1%. Rispetto al 2015 la quota di donne cresce in tutte le classi di età ma soprattutto tra le under35 (+1,7 punti) e tra le 35-49enni (+2 punti). Minime le differenze nella distribuzione territoriale della sede di impresa. La presenza femminile varia dal 28,6% tra gli imprenditori che guidano imprese del Mezzogiorno al 31,6% nelle regioni del Centro. Sono alcuni dei dati del recente Report dell’ISTAT.
La stragrande maggioranza delle imprenditrici opera nel comparto dei Servizi (90,7% a fronte del 74,9% degli imprenditori), in cui le donne rappresentano poco più di un terzo (34,2%) del complesso degli imprenditori del comparto. “Entrando più nel dettaglio, si legge nel dossier ISTAT, le imprenditrici più frequentemente dei loro colleghi guidano imprese delle Attività professionali, scientifiche e tecniche (20,0% contro il 17,2%), Sanità e assistenza sociale (12,5% contro il 5,5%), Servizi di alloggio e ristorazione (9,3% contro il 6,8%) e Altri servizi alla persona (9,0% a fronte del 2,8% degli imprenditori). Tuttavia, anche nei settori dove la propensione a svolgere attività imprenditoriale è più elevata tra le donne, i divari di genere restano molto elevati: le donne rappresentano infatti poco più di un terzo (34,2%) degli imprenditori operanti nei Servizi. La presenza femminile supera quella maschile solo nelle Altre attività di servizi (58,1%). Una situazione equilibrata si riscontra nel settore della Sanità e assistenza sociale (49,3% di donne) e in quello dell’Istruzione (44,0%), seguiti, ma a distanza, dai Servizi di alloggio e ristorazione (con una presenza femminile del 37,1%). Meno equilibrata la composizione per genere negli altri settori economici dei Servizi. Nel comparto industriale il rapporto di genere è di poco più di uno a cinque (21,6%), per arrivare a uno su 13 nelle Costruzioni (7,6%).” Rispetto al 2015, nel 2021 si osserva un incremento dell’incidenza di libere professioniste (+3,7 punti percentuali), lavoratrici autonome (+3,9 punti) e imprenditrici di cooperativa (+4.6) e un lieve decremento (-1,3 punti) di titolari di imprese individuali.
Poco meno di un milione di donne svolge un’attività imprenditoriale senza dipendenti (64,8% a fronte del 62,4% degli uomini). Il 14,8% ha un solo dipendente (contro il 14,3% degli uomini), il 16,6% (contro 18,5%) ha tra i due e i nove dipendenti, il 3,8% 10 o più dipendenti (a fronte del 4,7% degli imprenditori). L’assenza di dipendenti caratterizza soprattutto l’attività imprenditoriale delle under35 (72,8% contro il 67,2% dei coetanei maschi). Se si analizza specificatamente l’incidenza della presenza femminile per classi di dipendenti, lo squilibrio di genere appare particolarmente evidente nelle imprese tra 10 e 49 dipendenti, dove le donne rappresentano il 25,0% del totale degli imprenditori (22,8% nel Nord-est) e nelle imprese con 2-9 dipendenti (27,7%). Al contrario, il sottoinsieme dei giovani imprenditori senza dipendenti è quello in cui si rileva una composizione per genere meno sbilanciata con un’incidenza femminile del 39%. “Forte la caratterizzazione di genere degli occupati alle dipendenze degli imprenditori, sottolinea l’ISTAT. Il 54,2% del personale dipendente delle imprenditrici (con dipendenti) è di sesso femminile a fronte del 38,5% nel personale alle dipendenze degli imprenditori. Ciò avviene non solo nel settore dei Servizi tradizionalmente a forte caratterizzazione femminile (62,2% a fronte del 47,8%), ma anche nel settore dell’Industria dove le imprenditrici hanno il 34,2% di dipendenti donna a fronte del 27,5% nel caso degli imprenditori.”
Ha conseguito un titolo di studio terziario il 34,5% delle imprenditrici a fronte del 23,4% degli uomini. In presenza di un titolo di studio elevato si riduce il gap di genere. “Le imprenditrici hanno un titolo di studio più elevato degli uomini in tutte le classi di età e settori di attività economica, si legge nel Report. L’entità del divario di genere è molto variabile: per le imprenditrici con 50 anni e più la differenza è di 4,5 punti percentuali (27,6% di laureate a fronte del 23,1% di imprenditori laureati); sale a 16-17 punti tra le 35-49enni e tra le 25-34enni.” Guardando ai comparti, il divario di genere a favore delle donne è particolarmente evidente (la differenza in punti percentuali supera le due cifre) nei settori Istruzione (49% di laureate contro il 37,1% tra gli uomini) e nel settore di Attività artistiche, sportive, di intrattenimento e divertimento (37,8% contro 27,2%).
Le cittadinanze più rappresentate nell’imprenditoria femminile straniera sono quella cinese e quella rumena che coprono rispettivamente il 30,8% e il 15,5% del complesso dell’imprenditoria femminile straniera (a fronte del 16,7% e 14,2% di quella maschile). Seguono, a grande distanza, le imprenditrici albanesi (4,1%) e ucraine (3,6%). Un elemento degno di nota è rappresentato dal fatto che le imprenditrici straniere extra-Ue hanno più frequentemente dipendenti rispetto alle italiane e alle imprenditrici con cittadinanze Ue. In particolare, operano più spesso in imprese fino a nove dipendenti: 48,1% a fronte del 20,7% delle italiane.
Le donne rappresentano il 29,7% degli imprenditori italiani e il 30,6% degli imprenditori extra-UE operanti in Italia. L’incidenza sale al 42,5% tra gli imprenditori UE. Un migliore equilibrio di genere tra gli imprenditori con cittadinanza UE si osserva trasversalmente alle classi di dipendenti.
Qui il Report