Art. 4: “Nessuno può essere sottoposto a (…) trattamenti inumani o degradanti”. E’ legge sancita dalla Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, eppure questi sono i trattamenti abituali nei Centri di Permanenza per il Rimpatrio per coloro che hanno avuto la sfortuna di esservi rinchiusi, senza aver commesso alcun reato, ma solo irregolarità amministrative causate da leggi sempre più restrittive e sempre meno tutelanti.
Assieme a tantissime associazioni da tutta l’Emilia Romagna, sabato 2 marzo la cittadinanza di Ferrara ha detto un grande NO ai CPR, luoghi di disumanità e disperazione, inutili e insensati perché lo scopo che si prefiggono – rispedire ai loro Paesi d’origine migranti che “non hanno diritto” di restare qui (e già questo è abbastanza crudele) – si realizza ben di rado, poiché non esistono i necessari accordi bilaterali con i Paesi d’origine. Una tragica beffa.
Sulla prospettiva di costruire un nuovo CPR nel ferrarese, già qualche tempo fa l’arcivescovo della diocesi di Ferrara-Comacchio Gian Carlo Perego, presidente della Fondazione Migrantes della CEI, si era espresso così: “Perché una città carcere, spazio di reclusione più che di inclusione, territorio di rifiuto più che di accoglienza, luogo di negazione dei diritti più che di tutela dei diritti? Forse, di fronte alle guerre in atto, non dovremmo essere una città-asilo anche per i rifugiati e i richiedenti asilo? Più che una città-carcere, il futuro di Ferrara dovrebbe essere quello di una città aperta, inclusiva, che sappia accogliere e tutelare, promuovere e integrare chi viene da un’altra città italiana o europea o da un altro Paese del mondo. E dove quindi un centro di permanenza per i rimpatri non ha senso di esistere”.
Prendendo la parola in Piazza Castello al termine del corteo, Francesca Battista della segreteria confederale CGIL ha affermato: “I CPR e il prolungamento del periodo di trattenimento fino a 18 mesi, sono espressione di politiche repressive e di criminalizzazione delle migrazioni e delle persone migranti, in cui il rispetto del diritto, dalla nostra Costituzione al diritto internazionale, è sempre più messo in discussione: dai 5.000 euro chiesti ai richiedenti asilo per non essere privati della libertà alle misure per i minori stranieri non accompagnati, dal recente accordo con l’Albania alla stretta sulla possibilità di convertire i permessi. Politiche che hanno un unico obiettivo: ostacolare il più possibile l’ingresso e la permanenza legale delle persone che migrano nel nostro Paese, rendendole invisibili e prive di diritti.
L’illegalità e l’insicurezza la fanno queste politiche e queste leggi, non la fanno le persone! Siamo un sindacato, e sappiamo bene come questo sia funzionale a un sistema economico basato sullo sfruttamento. Sistema che sappiamo bene essere presente anche in questa provincia, anche in questa regione. Condannare le persone a non avere un permesso di soggiorno significa condannarle allo sfruttamento, a favore della parte malata, purtroppo non residuale, della nostra economia. Vogliamo parlare di illegalità e insicurezza? Bene, allora parliamo di caporalato, parliamo di sfruttamento, di precarietà, guardiamo alle condizioni di lavoro dei tanti stranieri e delle tante straniere che lavorano in agricoltura, nell’edilizia, nella logistica, nel turismo, nella ristorazione, come assistenti familiari nelle nostre case. Davvero abbiamo bisogno di stragi sul lavoro, come quella accaduta a Firenze dove hanno perso la vita 5 operai fra cui due – sembrerebbe – privi di permesso e quindi in nero, per accorgerci che c’è un intero sistema produttivo che si basa sullo sfruttamento, e che la politica dei porti chiusi e dei CPR ha il solo effetto di creare un esercito di irregolari che finiscono nelle mani di imprenditori che vogliono fare profitto sulla pelle di lavoratori senza diritti? Non vogliamo CPR, vogliamo l’abrogazione della Legge Bossi-Fini, che sopravvive da 20 anni e rende impossibile entrare legalmente nel nostro Paese. Vogliamo regolarizzazioni e canali legali e sicuri di ingresso. Vogliamo giustizia sociale e sicurezza sociale”.
Particolarmente incisivo l’intervento dell’associazione ferrarese “Cittadini del Mondo” (organizzazione multietnica nata nel ‘93 da cittadini di varie nazionalità con lo scopo di favorire l’integrazione e la tutela degli immigrati), per bocca del suo presidente Adam Atik: “I Centri di Permanenza per i Rimpatri (CPR) sono prigioni per persone straniere senza permesso di soggiorno; alcune non hanno potuto chiederlo, altre hanno perso il lavoro, altre ancora hanno avuto il rifiuto alla richiesta di asilo. Ci sembra profondamente ingiusto che uomini e donne, dopo avere lasciato la propria famiglia, la casa, il Paese per sfuggire a povertà, guerre e persecuzioni, e dopo avere affrontato viaggi pazzeschi per un futuro migliore per sé e per i propri figli, si ritrovino prigionieri senza una ragione. La nostra non è solo un’opposizione di cittadine e cittadini contro modelli di reclusione e segregazione, ma è anche rivendicazione e impegno per un’accoglienza degna, per città aperte e plurali, per percorsi di autonomia, integrazione, libertà e giustizia sociale senza discriminazioni e politiche suprematiste e nazionaliste.
Infatti la presenza di un CPR peggiora il clima delle nostre città, in particolar modo per le comunità di origine straniera. Chi è già vittima di profilazione razziale e viene costantemente fermato dalla polizia perché nero, o parla arabo, o ha il velo, o sembra straniero, si sentirà ancora più intimidito e ghettizzato dal probabile aumento dei fermi e dei controlli, a volte effettuati anche per far credere che il CPR serva a “ripulire” le strade. I CPR sono luoghi inaccessibili, dove di continuo avvengono soprusi e violenze che spesso portano ad atti di autolesionismo fino al suicidio, come quello di Ousmane Sylla, rinchiuso nel CPR di Ponte Galeria, avvenuto all’inizio di febbraio dopo otto mesi di ingiustificata prigionia. A lui e a tutte le altre vittime dedichiamo questa grande manifestazione.”
Anche il mondo cattolico, presente in piazza numeroso, ha fatto un sentito intervento congiunto letto da Piera Murador dell’Associazione Papa Giovanni: “Crediamo che compito fondamentale della comunità cristiana sia sostenere modelli sociali improntati ai valori del bene comune che è in sé inclusivo e aperto a un orizzonte globale. Crediamo profondamente nella solidarietà umana e come cristiani cerchiamo di declinarla in diverse forme, negli ambiti più disparati della vita. Perché la solidarietà è uno dei principi cardine dell’insegnamento sociale cattolico, insieme alla dignità della persona umana, alla ricerca del bene comune e al principio di sussidiarietà. Noi crediamo nella cultura del dialogo come via, non nei respingimenti. Crediamo che, come Occidente ricco che ha assoggettato e sfruttato per secoli i popoli del Sud del mondo, sia solo una questione di giustizia condividere le ricchezze e il benessere che ci siamo costruiti anche con le loro risorse. Crediamo altresì che la nostra società abbia bisogno di arricchirsi di culture diverse, di forze giovani.
I valori ispiratori della nostra posizione sul “NO ai CPR né qui né altrove” sono anche nell’enciclica FRATELLI TUTTI di Papa Francesco sulla fraternità e l’amicizia sociale, dove “il concetto di popolo è una categoria aperta: un popolo è vivo, dinamico e con un futuro se rimane costantemente aperto a nuove sintesi assumendo in sé ciò che è diverso. Non lo fa negando sé stesso, ma piuttosto con la disposizione a essere messo in movimento e in discussione, a essere allargato, arricchito da altri; solo in tal modo può evolversi”.
Sul palco in Piazza Castello è intervenuto pure l’attore bolognese Alessandro Bergonzoni, sottolineando, a proposito delle persone trattenute nei CPR, che “la violenza che c’è nel non fargli niente. La tortura è anche non fargli fare nulla, non dirgli quanto staranno dentro, non dirgli se andranno a casa: questa è una grande violenza. E non sono rei! Perché i drammi che accadono [nei CPR in Italia] – non in Libia, Egitto o Ungheria, in Italia! – sono drammi che succedono a persone “presumibilmente” ree. Che cosa hanno commesso? Quali sono le loro colpe?…. E poi se 600 muoiono annegate al largo della Grecia…quando le piangiamo, le piangiamo come uomini, quelli che si salvano li maltrattiamo! Che differenza c’è tra quello che muore e quello che si salva? Grazie, ONG, per quello che fate, non vi fermano! Dove li mettiamo se arrivano? Li raccogliamo o li accogliamo? Molti dicono “li raccogliamo”, cioè li mettiamo nel “vetro” (in televisione) oppure nella “carta” (sui giornali) oppure nell’“umido” (sotto terra). Questo noi non lo possiamo permettere. Tutti ci dobbiamo rimettere qualche cosa. Chiunque ci deve rimettere qualche cosa. Non mi interessa il PIL italiano, se il PIL si fonda sulle armi che noi produciamo e vendiamo. Vi chiedo scusa, a voi dei CPR, per quello che non sappiamo fare.”
Presente, infine, anche Stop Border Violence, la cui campagna di raccolta firme per l’Iniziativa dei Cittadini Europei “Art. 4: Stop Tortura e Trattamenti Disumani alle Frontiere d’Europa” chiede la cessazione delle violenze contro i migranti non solo ai confini UE, ma anche all’interno dei Paesi membri nella gestione dell’accoglienza dei migranti, dunque soprattutto nei CPR.
Una meravigliosa manifestazione: almeno 1.500 persone, a nome di una settantina di gruppi e associazioni, che con la “Rete NO CPR Emilia Romagna” continueranno a farsi sentire.
Foto di Silvia Ridolfi e Riccardo Giori