All’Università di Padova opera il Centro di ateneo per i diritti umani intitolato al professor Antonio Papisca, ordinario di Relazioni internazionali fin dagli anni di piombo, quando la facoltà di Scienze politiche di cui era preside viveva nell’incubo della violenza e del terrorismo.
Nel 1982 ha creato il Centro di studi e di formazione sui diritti della persona e dei popoli.
Era il primo centro in Europa e nel mondo che veniva istituito all’interno di una università.
In risposta all’appello contenuto nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani di promuovere “con l’insegnamento e l’educazione” il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali. “Il centro nasceva nel segno della speranza e della rinnovata capacità creativa del mondo universitario- spiegano i suoi ex allievi-. La visione di Antonio Papisca era quella di un umanesimo integrale. Da realizzarsi nello spazio dilatato dei diritti umani internazionalmente riconosciuti. Nella costante tensione a costruire un ordine di pace. In cui vita e pace, stato di diritto e stato sociale sono assunti come due facce della stessa medaglia. Interdipendenti e indivisibili“.
Contro la tratta
Oggi, 25 marzo, si celebra la Giornata internazionale in memoria delle vittime della schiavitù e del commercio degli schiavi transatlantici, istituita nel 2007 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.
Per oltre 400 anni, più di 15 milioni di uomini, donne e bambini sono stati vittime del tragico commercio transatlantico di schiavi.
“Ogni anno, la Giornata internazionale del ricordo delle vittime della schiavitù e del commercio degli schiavi transatlantici offre l’opportunità di onorare e ricordare coloro che hanno sofferto e sono morti per mano del brutale sistema della schiavitù – evidenziano al centro di ateneo per i diritti umani di Padova-
La Giornata internazionale mira anche a sensibilizzare sui pericoli del razzismo e dei pregiudizi. Il commercio transatlantico di schiavi fu la più grande migrazione forzata della storia, e innegabilmente una fra le più disumane, coinvolgendo milioni di persone provenienti per la maggior parte dalle coste africane e diretti nelle Americhe e nelle Isole Caraibiche”.
Diritti umani
Nell’ateneo di Padova l’obiettivo strategico di inserire nell’ordinamento universitario italiano l’insegnamento dei diritti umani è stato raggiunto nel 1988.
Nel 40° anniversario della Dichiarazione universale, entrò in funzione la scuola triennale di specializzazione in Istituzioni e tecniche di tutela dei diritti umani.
Poi trasformata, con la riforma universitaria, nella laurea magistrale in Istituzioni e politiche dei diritti umani e della pace.
Inoltre l’Università veneta ha promosso la creazione del master europeo in Diritti Umani e Democratizzazione (progetto maggiore dell’Ue).
Come riconoscimento per l’impegno nel campo dell’educazione, al professor Papisca è stata conferita la Cattedra Unesco “Diritti umani, democrazia e pace”.
Gli studi nel campo dei diritti umani sono strettamente correlati con quelli sulla democrazia internazionale.
Con i suoi scritti Antonio Papisca ha accompagnato i Beati i Costruttori di Pace che rompevano l’assedio di Sarajevo, gli obiettori di coscienza della Comunità Papa Giovanni XXIII che partivano per la ex Jugoslavia, la Tavola della pace e il Coordinamento nazionale degli enti locali per la pace e i diritti umani nel dar vita all’Assemblea dell’Onu dei Popoli, gli enti del servizio civile e le associazioni pacifiste nel promuovere l’esperienza dei Corpi civili di pace.
Oltre al riconoscimento della pace come diritto fondamentale della persona e dei popoli.
Stop al crimine
Lavoro forzato, sfruttamento sessuale e minorile, matrimoni forzati.
Sono i variegati aspetti della tratta degli esseri umani.
Un reato a cui l’Unione europea intende mettere la parola fine, coinvolgendo tutti e 27 i Paesi, con un approccio multidimensionale.
“Nella mia missione a Roma ho avuto modo di incontrare i rappresentanti delle organizzazioni della società civile, di alcuni ministeri, Pari Opportunità, Interni, Estero, Giustizia e Lavoro, i vari dipartimenti che si occupano di asilo e migrazione e le forze di sicurezza. In questa maratona di incontri ho avuto modo di constatare una certa sensibilità ed un forte impegno dell’Italia a combattere questo crimine”. A dichiararlo all’Ansa al termine della sua missione a Roma è la coordinatrice Ue anti tratta di esseri umani, Diane Schmitt.
“In Italia il 98% delle vittime proviene da Paesi non Ue”, puntualizza.
Il fenomeno è in crescita. Secondo i dati Eurostat nel 2022 nell’Ue sono state registrate 10.093 vittime, con un aumento del 41% rispetto al 2021.
Sfruttamento
“La forma principale di sfruttamento è quella sessuale che coinvolge in maggioranza le donne e le ragazze – aggiunge Schmitt-. Ma i numeri sugli uomini sono in aumento specialmente nel mondo del lavoro. Inoltre abbiamo constatato casi di persone Lgbtq+ provenienti dal Sud America, ad esempio dal Brasile e dalla Colombia”.
Secondo Eurostat, più della metà di tutte le vittime in Ue sono donne e ragazze (63%).
Nei casi in cui è nota l’età della vittima, i bambini rappresentano il 15% con un calo rispetto al 2021.
La maggior parte delle vittime minorenni sono donne (75%).
Tra le principali “difficoltà c’è l’identificazione delle vittime – assicura la coordinatrice lussemburghese -. Molte arrivano nell’ambito dei flussi migratori, attraverso le traversate, altre attraverso delle vie più o meno legali con dei visti di lavoro in mano. E poi si ritrovano in situazione di sfruttamento, come ad esempio i cinesi“.
Vittime
I dati dell’istituto statistico europeo mostrano inoltre che per la prima volta il numero delle vittime registrate per sfruttamento lavorativo (3.990) si è avvicinato a quello delle vittime di sfruttamento sessuale (4.014).
Ciascuna “pari a circa il 41%”, precisa Schmitt. Mentre la tratta per altri scopi – attività criminali, accattonaggio forzato, prelievo di organi e altro – ha raggiunto un totale di 1.699 vittime (il 18% di tutte le vittime della tratta).
A “complicare la situazione c’è stato il Covid che ha portato ad un aumento relativo all’espansione del fenomeno online e in ambienti privati”, afferma la coordinatrice Ue.
Auspicando in questo contesto una maggiore collaborazione tra le forze dell’ordine dei 27 Paesi. “L’Italia, come ogni Paese Ue, ha una sua specificità. Come in Grecia e in Spagna la maggioranza delle vittime che si registrano nel vostro Paese proviene da fuori dalla Ue – precisa Schmitt -. Mentre ad esempio in Romania ci sono molte più vittime originarie di quel Paese.
Ma l’obiettivo rimane lo stesso da nazione a nazionale. Cioè prevenire questo crimine.
Svelare gli aspetti sommersi di questo fenomeno. Perseguire i criminali a livello penale.
Ed infine implementare la strategia Ue nei diversi settori. Lavorando tutti insieme con un approccio omnicomprensivo“.
( intervista a cura della agenzia stampa www.interris.it )