Un caso emblematico quello della scuola di alfabetizzazione per donne adulte del CPIA3 – De Mauro di via Poma 14
Questa sede del CPIA3 ha messo in atto un progetto virtuoso di alfabetizzazione: le circa 80 donne, praticamente tutte immigrate e con figli, in questa scuola potevano andare con i propri bambini, che durante le ore di lezione venivano accuditi da educatori professionali.
La De Mauro è stata purtroppo oggetto di un effrazione e di atti vandalici il settembre scorso, gli autori del reato hanno spaccato delle finestre e hanno defecato nelle aule.
Il danno è ridotto, la scuola è stata chiusa, ma a tutt’oggi i danni non sono stati riparati e la scuola non è stata riaperta. Ennio Avanzi, docente in pensione, oltre ad aver rilasciato una lettera aperta rivolta agli uffici competenti, ci ha rilasciato un’intervista in merito.
Le mamme con bambini piccoli da accudire hanno la possibilità di frequentare la scuola di Stato, i Cpia?
Se non trovano autonomamente una soluzione per “sistemare” i figli, non hanno nessuna possibilità di seguire le lezioni regolari nelle sedi dei Cpia. Gli spazi non consentono di accogliere i bambini piccoli. Il bisogno è stato in parte soddisfatto da iniziative di associazioni con attività basate quasi esclusivamente sul volontariato. I Cpia più sensibili al diritto allo studio hanno stipulato accordi, di vario genere, con il privato sociale spesso delegando alle associazioni il compito di istruire le mamme. Il risultato è che il percorso delle mamme, al contrario di quello dei padri dei loro figli, è quasi sempre più lungo, con meno offerta formativa e spesso non porta al titolo di studio importante per un inserimento lavorativo. Nonostante la supplenza del privato sociale ogni anno sono centinaia le mamme che non fruiscono di nessuna possibilità di studio. Connesso c’è il problema dei figli: solo in poche esperienze del privato sociale i bambini sono accolti in spazi a norma e con progetti educativi.
Lei denuncia che la scuola che offriva istruzione alle mamme e un servizio educativo ai loro figli quest’anno è chiusa. Che caratteristiche aveva?
Qualche anno fa il Comune ha assegnato al cpia3 una ex scuola dell’infanzia, in via Poma 14. L’opportunità di avere locali attrezzati ha propiziato la nascita di una sperimentazione, unica in Torino, lo “Spazio Non-Solo mamme”, che ha coinvolto la scuola di Stato, l’Università di Torino, il privato sociale. Una rete i cui membri hanno messo in comune esperienze e saperi arricchendosi vicendevolmente. Un luogo dove le mamme hanno potuto fruire delle lezioni del Cpia e i bambini avere un servizio educativo. Un fiore all’occhiello ritenuto tale dalle Amministrazioni Comunali che si sono avvicendate: luogo di passerelle per assessori e politici locali che spesso hanno citato l’esperienza in conferenze e interviste.
Perché la scuola di via Poma è chiusa e il servizio è stato interrotto?
Per quanto possa sembrare incredibile la causa sono i piccoli danni prodotti da ladruncoli penetrati nei locali nei primi giorni di settembre. Veramente poca roba: l’agibilità della struttura avrebbe potuto essere rapidamente ripristinata semplicemente riparando porte, vetri, finestre, e pulendo i locali. Una spesa di poche migliaia di euro. Dati riferiti a novembre dall’Assessore Rosatelli e ribaditi a dicembre dall’Assessora Salerno.
Ritengo scandaloso che danni tanto lievi abbiano determinato la chiusura di un intero plesso scolastico, l’annichilimento di una sperimentazione unica in città, la negazione del diritto all’istruzione di circa ottanta donne, serie difficoltà alla programmazione didattica del Cpia3.
Sconcertante è stato il balletto sulla data di riapertura: l’assessore Rosatelli in aula consigliare disse che i locali sarebbero stati agibili entro fine novembre, Salerno a dicembre spostò la data della riapertura a fine dicembre, recentemente su un quotidiano è stato scritto fine febbraio ….. Quando e da chi verrà detto fine aprile? O fine giugno?
È possibile che l’Assessora all’istruzione e l’Assessore alle pari opportunità non siano state/i in grado di monitorare affinché il servizio riaprisse in tempi ragionevoli?
Perché è accaduto? Forse perché la voce delle persone private del servizio è flebile? sono donne, mamme, povere, migranti …..
Ancora più sconcertante ed inspiegabile è avere constatato che i due assessori non hanno avuto la sensibilità sociale e democratica di affrontare tempestivamente la discussione proposta da una Mozione che chiede la rapida riapertura del servizio. Mozione presentata ai primi di novembre e di cui non se ne sa più nulla.
Nella lettera aperta c’è una critica più complessiva rivolta ai due assessori. Lei contesta il loro immobilismo rispetto a indicazioni votate dal Consiglio comunale per sostenere il diritto all’istruzione delle persone adulte. Può spiegare perché rivolge le critiche proprio ai due assessori?
L’educazione degli adulti a Torino soffre di problemi strutturali, i cpia hanno organici insufficienti a dare risposta ai bisogni di istruzione della popolazione adulta e mancano punti di erogazione nei territori socialmente più complessi. Da oltre un anno rispondendo alle richieste di attenzione provenienti dal territorio e di chi conosce la disperazione delle/degli esclusi dalla possibilità di studiare, le Consigliere ed i Consiglieri comunali hanno approfondito i problemi che affliggono l’educazione degli adulti. Sono state presentate e discusse interpellanze e mozioni. Mozioni votate all’unanimità a giugno e ai primi di settembre, impegnavano, e impegnano, la Giunta e gli assessori competenti a promuovere un tavolo specifico permanente con Ufficio Scolastico regionale, Cpia, Università, a replicare in tutti i cpia progetti simili a quello, ritenuto pilota, di via Poma, a sostenere e razionalizzare l’accesso delle mamme ai percorsi di studio.
Ad oggi, febbraio inoltrato, nessuno degli impegni votati dal Consiglio Comunale sono stati attuati dagli assessori competenti. Neanche quelli che assolutamente non richiedono spese, come l’attivazione dei tavoli. Nulla. L’anno scolastico è praticamente terminato senza neanche un segnale: per certi territori l’assenza di interventi e di proposte ha acuito la disperazione sociale.
Quali sono, a suo giudizio, i motivi della poca attenzione?
Escludo che dipenda da incapacità dei personaggi. Non credo neanche che dipenda da limiti strutturali della “macchina amministrativa”.
Constato però che il 95% delle studentesse e degli studenti che frequentano i cpia sono migranti, la quasi totalità delle mamme con bambini da accudire sono immigrate: donne e uomini invisibili che non protestano e soprattutto non votano.
Molto più interessante, dal punto di vista del consenso, potrebbe essere l’apprezzamento del privato sociale se, come è possibile accada, le progettazioni della Giunta e dei due Assessori proponessero un sistema di “scuole delle mamme” centrato non sulla scuola di Stato ma proprio sul privato sociale magari con finanziamenti recuperati dalle solite potenti fondazioni bancarie. È solo una supposizione. Si rafforzerebbe se le proposte venissero magicamente alla luce del sole da marzo in poi in piena campagna elettorale per le elezioni del Consiglio Regionale.
Che risultati si aspetta dalla sua lettera aperta?
Non ho la presunzione di cambiare, da solo, l’agenda dei due Assessori e della Giunta e so che la lettera in sé conta poco se non come strumento, se avrà un minimo di diffusione per far conoscere la situazione ed i problemi. Mi conforta sapere che gruppi di base, attivi nella difesa del diritto allo studio delle/dei migranti, abbiano già sollecitato pubblicamente la soluzione degli stessi problemi segnalati nel mio scritto.
Quali sono le azioni che riterrebbe opportuno facessero gli Assessori Rosatelli e Salerno?
Per prima cosa dovrebbero provvedere a restituire subito al Cpia3 il plesso di via Poma. Ma la restituzione dei soli locali non basta: dovrebbero fare gli atti amministrativi necessari per permettere attività uguali a quelle del passato. Mi auguro che nell’attesa della riapertura abbiano almeno individuato le risorse necessarie per attuare il servizio educativo per i bimbi, senza il quale le loro mamme non potrebbero frequentare.
Quindi sarebbe auspicabile illustrassero pubblicamente cosa intendono proporre per permettere alle mamme dell’intera città di frequentare lezioni tenute da insegnanti della scuola di Stato mente i loro bambini non vengono semplicemente “parcheggiati”. Sia chiaro che soluzioni esclusivamente basate sul privato sociale, non sarebbero una soluzione al problema di offrire pari opportunità di apprendimento alle mamme. Il privato sociale può avere un ruolo importante per ampliare l’offerta formativa ma non può sostituirsi al lavoro istituzionale dei CPIA, scuola di Stato che anche le mamme devono essere messe nelle condizioni di poter frequentare.