A Mweso, Nord Kivu, colpito ospedale e sede di MSF
12 febbraio 2024 – In Nord Kivu, in Repubblica Democratica del Congo (RDC), le strutture mediche supportate dai team di Medici Senza Frontiere (MSF) hanno ricevuto un enorme afflusso di feriti in seguito agli ultimi scontri armati nell’area. La sicurezza dei civili e delle strutture mediche è sempre più a rischio e MSF chiede urgentemente a tutte le parti in conflitto di garantire la sicurezza dei pazienti, del personale medico e delle strutture sanitarie, così come la protezione dei civili e l’accesso senza ostacoli delle organizzazioni umanitarie.
A seguito dell’intensificarsi degli scontri tra i vari gruppi armati nell’area, dopo il 22 gennaio circa 10.000 persone hanno lasciato le loro case nella zona di Mweso, nel territorio di Masisi, per cercare rifugio nell’ospedale della città. I team di MSF che supportano l’ospedale gestito dal Ministero della salute hanno curato nelle ultime settimane di gennaio circa 67 persone, per lo più con ferite causate da colpi di armi da fuoco ed esplosioni, tra cui 21 bambini con meno di 15 anni. Inoltre, le équipe di MSF hanno fornito supporto psicologico, rifugi temporanei, filtri per l’acqua e sapone alla popolazione sfollata.
Con l’intensificarsi dei combattimenti a Mweso, molte persone sono fuggite verso Kitshanga, Katsiru, Nyanzale, Pinga, Kalembe e Kashunga ma almeno 2.500 persone, compresi i bambini i cui genitori sono stati uccisi, continuano a rifugiarsi nell’ospedale di Mweso.
“La situazione è estremamente preoccupante” dice Çaglar Tahiroglu, coordinatore del progetto di MSF a Mweso. “L’ospedale è sopraffatto, con migliaia di persone stipate all’interno alla ricerca di protezione dai combattimenti. Insieme al Ministero della salute, stiamo facendo del nostro meglio per aiutare tutti ma non abbiamo beni di prima necessità a sufficienza, come ad esempio il cibo”.
Nel centro di Mweso, diverse case sono state colpite da esplosivi, uccidendo alcuni civili. Solo nella settimana del 22 gennaio si stima che 20 civili, tra cui un bambino, siano stati uccisi e 41 siano rimasti feriti. Nell’ultima settimana di gennaio, la sede di MSF e l’ospedale di Mweso sono stati colpiti ferendo un operatore sanitario, mentre il 2 febbraio, l’area tra l’ospedale di Mweso e la sede di MSF è stata colpita da un esplosivo.
Nuova ondata di persone sfollate in Sud Kivu
In Sud Kivu, dove secondo l’ONU sono arrivate quasi 155.000 persone sfollate da dicembre 2022, i recenti scontri hanno causato una nuova ondata di sfollamenti, con diverse migliaia di persone arrivate negli scorsi giorni nella città di confine di Bweremana e a Minova.
All’ospedale di Minova supportato da MSF, lo staff medico ha curato circa 30 feriti tra il 2 e il 6 febbraio, compresi 4 bambini, 10 donne e 12 persone che necessitavano interventi chirurgici.
Data l’inagibilità della strada che collega Goma, la capitale del Nord Kivu, e la città di Shasha a causa dei combattimenti, le persone vengono indirizzate dai centri sanitari della parte meridionale del Nord Kivu all’ospedale di Minova e in altre strutture mediche nel Sud Kivu. Quest’ultime sono attualmente sovraccariche di pazienti e tra questi vi è un numero crescente di vittime di violenze sessuali.
“Oggi, le strutture mediche a Minova sono allo stremo e stanno affrontando carenze di medicinali essenziali per curare malattie comuni come la malaria, diarrea, malnutrizione e infezioni respiratorie” dice Rabia Ben Alí, coordinatore dell’emergenza medica di MSF in Sud Kivu. “Nelle ultime quattro settimane i casi di violenze sessuali trattati all’ospedale di Minova sono raddoppiati”.
MSF, preoccupata per la sicurezza dei team, ha deciso di trasferire temporaneamente parte dello staff da Mweso e Minova.
“Continuiamo a fornire supporto, principalmente a distanza, all’ospedale di Mweso e alle nove cliniche mediche nell’area. Lo staff di MSF tornerà non appena la situazione lo permetterà. Attualmente non possiamo fornire cure mediche in queste condizioni, dove le strutture mediche non sono protette e lo staff medico è bloccato tra due fuochi” conclude Tahiroglu di MSF.
L’Ufficio stampa di Medici Senza Frontiere