Pubblichiamo qui la lettera inviataci da Hector LLaitul, portavoce del Coordinamento Arauco Malleco, dalla sua prigionia nel carcere di Concepción. Llaitul è in sciopero della fame da diverse settimane, insieme ad altri detenuti, per protestare contro la condanna di quattro prigionieri mapuche:
“Al di là dell’analisi del conflitto tra il Popolo della Nazione Mapuche e lo Stato della Nazione Cilena, è necessario riflettere sull’invisibilità di questa mobilitazione di 15 membri della comunità mapuche, dove 4 di loro sono in sciopero della fame da più di 83 giorni. A questi si aggiungono 11 weichafe (guerrieri o difensori del proprio popolo e territorio, Ndt.) che si trovano nelle carceri di Temuco e Concepción.
Lo scopo di questo nuovo sciopero è quello di protestare contro l’ingiusta condanna che 4 weichafe della nostra organizzazione hanno subito e che, a nostro avviso, non è altro che un comportamento arbitrario della magistratura rispetto al ruolo che la giustizia cilena ha svolto, in contrasto con la reale comprensione delle rivendicazioni territoriali e della lotta per la ricostruzione nazionale del nostro popolo.
Da qui l’ingiusta decisione del tribunale, che si è pronunciato secondo la logica dello Stato cileno nel suo classico formato coloniale: razzista, discriminatorio e intollerante nei confronti del popolo Mapuche in generale, e delle sue espressioni politiche in termini di rivendicazioni territoriali in particolare.
In questo contesto segnato dalla persecuzione e dalla criminalizzazione della resistenza del Movimento Autonomista Mapuche, i suoi weichafe più importanti sono stati imprigionati e perseguiti come conseguenza di un Grande Accordo Politico assunto dall’attuale governo Boric con l’attuale classe politica dirigente, rappresentata oggi da un’estrema destra con radici profonde in Araucanía, fino all’ex Concertación (quando Pinochet se ne andò, nel 1990 entrò la Concertación a governare, Ndt.).
Oggi il nemico è la Nazione Popolare in lotta
Questa presa di potere, che a nostro avviso mette a nudo la vera natura dello Stato cileno, va al di là di un semplice accordo, poiché permea, deteriora, mina e corrompe tutto ciò che incontra sul suo cammino: diritti, doveri e persino le stesse fondamenta dello Stato di diritto democratico che pretende di difendere. È stato attuato e applicato un tipo di giustizia che ristabilisce logiche e metodi utilizzati durante la dittatura militare cilena e che si pensava fossero stati superati, come la definizione del nemico interno, nell’ambito della Dottrina di Sicurezza Nazionale.
In effetti, questo accordo di leadership politica ha preso corpo come una decisione di Stato nella logica della Dottrina di Sicurezza Nazionale, ma deve essere molto chiaro: è per la difesa illimitata dei potenti, dell’oligarchia cilena che intende continuare a dominare nel Wallmapu (il territorio Mapuche complessivo, sia in Cile che in Argentina, Ndt.).
Solo così si può capire che il legislatore, attraverso leggi come la Naim Retamal (dai nomi di due carabinieri uccisi; con questa legge del governo Boric o “del grilletto facile”, si rendono ancor meno punibili le cosiddette forze dell’ordine che sparano, Ndt.) e la legge Usurpazioni (legge recente che condanna chi “usurpa” un terreno, e che spesso colpisce la popolazione Mapuche quando recupera terre ai latifondisti e alle multinazionali, Ndt.). Queste leggi permettono una repressione diretta contro il movimento autonomista, che attualmente contesta nel Wallmapu i diritti fondamentali del popolo della Nazione Mapuche all’autonomia e al territorio, contro gli interessi del grande capitale che non esita a usare tutto il suo potere per cercare di sterminare la causa autonomista mapuche.
Oggi capiamo che questo è il ruolo svolto dalle corti di giustizia cilene che, agendo sotto questa definizione di Stato e sotto la pressione dell’accordo dall’alto, non hanno concesso e non concederanno il giusto processo ai Mapuche, emettendo sentenze ingiuste e arbitrarie, come nel caso dei 4 attivisti del CAM che hanno scioperato per quasi tre mesi. Le azioni dei diversi poteri dello Stato sono legate al potere di dominio in questo Paese, incoraggiandolo a sviluppare azioni e leggi repressive nella loro massima espressione.
Questo è uno dei motivi per cui stiamo portando avanti lo sciopero della fame, perché è evidente che c’è stata un’azione penale che non soddisfa gli standard minimi di prove per la condanna.
Indubbiamente, siamo sottoposti a sentenze politiche dettate da chi è al potere, stabilite dal patto politico e assunte dall’attuale amministrazione, che agisce direttamente al servizio dei potenti. Questa determinazione è dovuta al semplice fatto che apparteniamo a un’organizzazione autonomista mapuche, un’espressione politica di lotta che si confronta direttamente con gli interessi del grande capitale rappresentato dall’industria forestale. Le rivendicazioni fondiarie da parte delle comunità mapuche sono di carattere autonomista, per esercitare un controllo territoriale che mette in discussione le fondamenta del sistema che ci opprime come popolo.
Prigione politica
La nostra lotta come weichafe è la nostra fede, la saggezza e il pensiero mapuche, ed è da questo spazio cosmovisionario che nasce la rivendicazione dei diritti fondamentali: chiediamo uno spazio segregato per esercitare la nostra cultura, la nostra conversazione, il nostro sentire e pensare, con gli elementi minimi e un trattamento dignitoso dei nostri parenti e della comunità.
La Dottrina della Sicurezza Nazionale, basata sulla persecuzione, la repressione e lo sterminio di un presunto nemico interno, trova applicazione, oltre che nell’assenza di in giusto processo, anche nel carattere razzista e inquisitorio delle politiche carcerarie che dobbiamo affrontare.
E questo è il secondo motivo dello sciopero contro la politica punitiva del Ministero della Giustizia e della Gendarmeria del Cile, che si riferisce all’ingiusta detenzione, alle pene eccessive, alla mancanza di un giusto processo. Ma anche alle pratiche inquisitorie e crudeli, abusi del sistema carcerario che dobbiamo subire come prigionieri politici mapuche, così come le nostre famiglie e comunità. Un modello inquisitorio di pratiche che ci riportano a un passato di genocidio e sterminio dell’intera cultura mapuche.
Il Cile è uno dei Paesi più arretrati dell’America Latina in termini di rispetto dei diritti politici e culturali dei popoli indigeni. Non esiste alcun riconoscimento costituzionale, né l’applicazione dei trattati e delle convenzioni internazionali.
La nostra protesta è assolutamente legittima e giusta, e trova origine e fondamento nella nostra condizione di degni rappresentanti, membri di un popolo originario.
Nella prigione in concessione CP Bío Bío (le carceri sono private in Cile e quindi in concessione; in Cile le chiamano “carceri imprese” perché sono un business, Ndt.), i diritti culturali e politici che abbiamo ereditato dai nostri antenati non sono rispettati. E per noi mapuche è chiaro che perdere la libertà per qualsiasi atto o risoluzione di un sistema procedurale ingiusto non significa perdere il diritto di continuare a essere mapuche. La punizione in qualsiasi Stato democratico di diritto – a differenza dell’Inquisizione – dovrebbe avere a che fare con il valore della giustizia basata su un fondamento umano al di là di qualsiasi credo, religione o dottrina di sicurezza. Oggi non è così.
Parole finali
Questi processi di persecuzione politica e di punizione che stiamo vivendo hanno a che fare con la lotta del movimento autonomista da e con le comunità per la ricostruzione della Nazione Mapuche. Nel mio caso, come Werken (messaggero, Ndt.), sono stato perseguitato, processato e condannato per i miei approcci politici, ideologici e culturali che minacciano l’ordine stabilito della continuità del modello neoliberale a Wallmapu. Questo sta accadendo anche agli altri weichafe.
Questo sciopero è un modo per protestare contro la persecuzione politica che si sta verificando sia nei confronti del movimento Mapuche in resistenza, sia nei confronti di quelli di noi che sono costretti a subire la reclusione politica.
In definitiva è un’altra dimostrazione contro lo Stato capitalista e coloniale che nega tutti i diritti fondamentali della Nazione Mapuche, che ci riporta inevitabilmente a un passato segnato dalla resistenza eroica allo sterminio e al genocidio umano, culturale, spirituale e territoriale.
Come hanno fatto i nostri antenati, i füta keche kuifi (lotteremo, resisteremo, vinceremo)
Weuwaiñ – marrichiweu!
Héctor LLaitul Carrillanca”
Oggi 5 Febbraio, Milano, riceviamo continui messaggi sull’evoluzione delle condizioni dei prigionieri. Ci arriva tra l’altro il messaggio che il giovane Pelentaro Llaitul, di soli 20 anni, soffre di una nuova scompensazione dopo 56 giorni di sciopero della fame, e viene trasferito ora al pronto Soccorso dell’Ospedale.
Per seguire la vicenda o saperne di più:
Radio Kvrruf: https://www.facebook.com/radiokurruf
Muros y Resistencia: https://www.facebook.com/murosyresistencia
Rete internazionalista per il popolo Mapuche: https://mapucheit.wordpress.com/
Traduzione dallo spagnolo di Andrea De Lotto. Revisione di Thomas Schmid.