Una martellante quanto falsa narrazione sovranista continua a blaterare di invasione inarrestabile di immigrati. Eppure, la Fondazione ISMU ETS stima una diminuzione in atto: al 1° gennaio 2023 gli stranieri presenti in Italia sono circa 5 milioni e 775mila, 55mila in meno rispetto alla stessa data del 2022. E diminuisce anche la componente irregolare, che si attesta sulle 458mila unità, contro le 506mila dell’anno precedente. Il calo degli irregolari è dovuto principalmente all’avanzamento delle regolarizzazioni attuate nel 2022 a completamento delle procedure di “emersione 2020”. Così come consistente è la riduzione dei “regolari non residenti”: il loro numero è sceso da 293mila a 176mila (- 117mila). Anche il tasso di natalità degli stranieri è però in calo: il ruolo dell’immigrazione nel mitigare i numeri del nostro “inverno demografico” resta importante con le 393mila nascite registrate in Italia nel 2022, ma sono il 27% in meno rispetto al dato del 2002.
Il Libro bianco sul governo delle migrazioni elaborato da ISMU, per quanto riguarda il lavoro, evidenzia per il 2023 un record storico delle assunzioni di personale immigrato – 1.057.620 persone – programmate dalle imprese italiane (fonte Unioncamere – ANPAL). Sul fronte scolastico, il numero degli alunni con background migratorio nelle scuole italiane è tornato a crescere a un ritmo che lascia presumere che, in circa 10 anni, si potrà arrivare al traguardo di un milione di alunni con background migratorio (nell’a.s. 2021/22 il numero si attesta a 872.360 presenze). Anche se il ritardo scolastico rimane un aspetto problematico. Gran parte degli stranieri proviene da Paesi terzi: al 1° gennaio del 2023, tra gli stranieri regolarmente presenti in Italia la componente extra-Ue è di circa tre quarti del totale. L’aumento di 166mila unità rispetto alla stessa data del 2022 conferma la tendenza alla ripresa “post-Covid” avviata lo scorso anno. Il 40% di cittadini non comunitari proviene da quattro Paesi: Ucraina, Marocco, Albania e Cina. Seguono undici Paesi con quote di presenze regolari extra-UE comprese tra il 2% e il 5%. Nell’ordine: India, Bangladesh, Egitto, Filippine, Pakistan, Moldova, Sri Lanka, Senegal Nigeria, Tunisia e Perù. Nel complesso le prime quindici nazionalità coprono più di tre quarti del totale. La Fondazione ISMU ETS rileva che l’aumento degli stranieri provenienti da Paesi terzi nel 2022 va quasi del tutto attribuito alle vicende che hanno determinato la forte crescita della popolazione ucraina, una presenza che, tra l’altro, era da tempo consolidata nella realtà italiana. Al 1° gennaio 2022 gli ucraini in Italia con regolare permesso di soggiorno erano poco più di 230mila, la gran parte (81,2%) con un titolo di lungo periodo. Dopo lo scoppio della guerra si sono avuti consistenti nuovi arrivi in Italia, con un picco nel mese di maggio 2022. Nel corso dell’anno gli ingressi si sono poi largamente ridotti e, alla fine del 2022, si contavano in Italia circa 146mila cittadini ucraini sotto protezione temporanea, di cui quasi 54mila minori. La pressione migratoria si è affievolita dall’inizio del 2023 assestandosi su una media di poco meno di 350 nuovi permessi al mese, a fronte di 67mila permessi rilasciati tra il 2 marzo e il 30 aprile 2022 e di ulteriori 27mila permessi rilasciati tra maggio e luglio. La Fondazione ISMU ETS stima, inoltre, che al 1° luglio 2023 la maggioranza assoluta della popolazione straniera residente in Italia sia di religione cristiana (53,1%).
Gli sbarchi registrati sulle coste italiane nel 2023 hanno raggiunto volumi simili a quelli del periodo 2014-2017, gli anni della cosiddetta crisi dei rifugiati. In particolare, tra l’1 gennaio e il 31 dicembre 2023 gli sbarchi ammontano a 157mila, con una crescita del 67,1% rispetto allo stesso periodo del 2022 e del 133,6% rispetto al 2021. I decessi nel tentativo di attraversare il Mediterraneo centrale sono in crescita da 1.417 a 2.498, pari rispettivamente a 9 e 13 ogni 1.000 tentati attraversamenti. Il numero complessivo di persone decedute dal 2014 è oltre 22mila, di cui 485 bambini. Nel 2023 sono aumentati i flussi dalla Tunisia (+200% nei primi 10 mesi rispetto al dato complessivo 2022) e leggermente diminuiti quelli dalla Libia (-2.4%). Se consideriamo i paesi d’origine delle persone sbarcate nel 2023 è cresciuto il numero di cittadini originari della Guinea (che costituiscono l’11,6% del totale) seguiti da quelli di Tunisia (11%), Costa d’Avorio, (10,2), Bangladesh (7,7%) ed Egitto (7,0%). In crescita anche gli arrivi alle frontiere terrestri: nel 2022 alla frontiera con la Slovenia erano stati 13.500 (+44% rispetto al 2021), prevalentemente da Pakistan, Afghanistan, Bangladesh, India e Nepal. Nel 2023 gli ingressi tra gennaio e novembre sono stati oltre 11.000, ancora prevalentemente da Pakistan, Afghanistan, Bangladesh.
Passando alle richieste d’asilo, va precisato che solo una parte delle persone entrate irregolarmente in Italia fanno domanda. Inoltre, non tutte derivano dagli sbarchi, ma anche da ingressi via terra, corridoi umanitari, ingressi alla frontiera aeroportuale, ingressi ai sensi del regolamento di Dublino. Nel 2022 le richieste d’asilo sono state 84.289 (di cui 7.090 reiterate), con una crescita del 57% rispetto al 2021, quando le domande erano state 53.609. Nel 2023 le richieste d’asilo verso l’Italia sono state invece 135.820, presentate primariamente da cittadini del Bangladesh (17,3%), dell’Egitto (13,5%) e del Pakistan (12,6%).
Gli immigrati sono costretti prevalentemente ad un “lavoro povero”, a sua volta anticamera, per molti lavoratori stranieri e per le loro famiglie, della caduta in una condizione di povertà assoluta o relativa. E le donne immigrate risultano poi maggiormente penalizzate. Tra i fattori penalizzanti: bassi livelli di istruzione e competenza linguistica, difficoltà sul fronte della conciliazione con gli impegni familiari, esposizione alla discriminazione. Permane il problema dell’overqualification. Rispetto agli altri Paesi, l’Italia attrae una immigrazione poco istruita: la metà degli immigrati nati all’estero ha una bassa istruzione formale e solo il 12% ha una laurea, rispetto al 20% dei nativi. Ciò nondimeno, la quota di lavoratori stranieri laureati occupati in una professione low o medium skill è pari al 60,2% nel caso dei cittadini non UE e al 42,5% nel caso degli UE, a fronte del 19,3% stimato per gli italiani. Pesa il mancato riconoscimento dei titoli acquisiti all’estero: meno del 3% degli stranieri possiede un titolo estero riconosciuto in Italia.
Qui per scaricare il Rapporto: https://www.ismu.org/ventinovesimo-rapporto-sulle-migrazioni-2023/.