Il Global Carbon Atlas nel 2021 ha indicato l’Italia come il diciottesimo paese più inquinante a livello mondiale per quantità di emissioni territoriali di CO2.

E il nostro Paese figura anche tra le venti nazioni con la maggiore responsabilità storica per le emissioni cumulative di CO2 generate a livello mondiale tra il 1850 e il 2021.

Ridurre le emissioni per garantire un’adeguata protezione dei diritti umani diviene cruciale per quei Paesi come il nostro che sono particolarmente vulnerabili alle conseguenze nefaste del cambiamento climatico.

Si parla al riguardo di “hotspot climatici”, una categoria in cui rientra a pieno titolo anche l’Italia.

Soltanto tra il 30 maggio e il 4 settembre 2022, l’Italia è risultata il primo paese europeo per numero di decessi legati al caldo (18.010). E nel 2023 tale trend è tutt’altro che migliorato.

Complessivamente, tra il 1980 e il 2022 gli eventi estremi dovuti al cambiamento climatico hanno provocato in Italia quasi 22.000 vittime e circa 111 miliardi di € di danni.

Eppure, sul fronte climatico l’Italia continua ad essere inadempiente e la situazione sta peggiorando con gli anni.
È quanto emerge dal dossier “Inerzia al potere – Gli obblighi climatici e la persistente negligenza dello Stato italiano”, pubblicato di recente da A Sud (https://asud.net/) che fa il punto sulla distanza tra le azioni di mitigazione messe in campo e gli obblighi internazionali assunti dal nostro Paese.

Mentre i 203 ricorrenti del contenzioso climatico contro lo Stato italiano (https://giudiziouniversale.eu/) sono in attesa della sentenza di primo grado, che potrebbe arrivare nelle prossime settimane, A Sud aggiorna le valutazioni portate in giudizio sulla coerenza delle policy italiane sul clima.

Il report si concentra sugli aggiornamenti relativi al biennio 2022-2023.
Nel nuovo dossier si evidenziano i punti critici riguardanti le lacune normative, l’insufficienza dei processi di partecipazione pubblica, il varo di politiche volte a incentivare il consumo di fonti energetiche fossili e l’ostruzionismo esercitato dalle istituzioni italiane nei confronti delle politiche climatiche UE.

Lo scenario delineato è preoccupante: i livelli attuali di riduzione delle emissioni, le limitate ambizioni per il futuro e le politiche varate di recente – incompatibili con l’azione climatica – evidenziano un impegno complessivo ben lontano da quanto raccomandato dalla comunità scientifica e da quanto previsto dagli standard europei vigenti.

L’inazione dello Stato è ancor più sconcertante perchè si situa in aperta contraddizione delle posizioni che l’Italia ha di recente assunto presso la Corte Europea dei Diritti umani.
Chiamato a difendersi nel caso Duarte, lo Stato italiano ha infatti affermato dinanzi alla Corte europea la consapevolezza di dover fare la propria parte per proteggere i diritti umani dal cambiamento climatico e contenere il riscaldamento globale entro la soglia di 1,5°C.

Questi alcuni dati di sintesi del report: l’Italia ha già generato 10 milioni di tonnellate di CO2-eq in più rispetto ai target definiti per il 2021 a livello UE;
il nostro Paese è tra i cinque paesi europei con la peggiore performance complessiva in ambito di clima e energia e tra i paesi con i risultati più bassi in assoluto a livello globale;
ISPRA definisce gli scenari di riduzione delle emissioni al 2030 per l’Italia “poco promettenti”;
l’Italia è uno dei pochi Paesi Europei a non disporre di una Legge Quadro sul clima, che è uno strumento fondamentale per la definizione di politiche di mitigazione efficaci;
i combustibili fossili continuano ad essere i principali vettori del sistema energetico nazionale;
nel 2020 l’Italia è risultata il secondo paese per consumi di gas a livello europeo;
secondo il Fondo Monetario Internazionale, nel solo 2022 lo Stato italiano ha destinato 63 miliardi di dollari per sussidi ai combustibili fossili;
negli ultimi due anni l’Italia ha contestato l’adozione di riforme normative dell’UE fondamentali per la decarbonizzazione in settori chiave come trasporti, industria ed edilizia;
l’Italia è l’unica grande economia europea a non prendere parte al Group of Friends for an Ambitious EU Climate Diplomacy, nato per coordinare azioni sul clima nel contesto della politica estera e di sicurezza dell’UE;
alla luce degli scenari dell’IPCC, le politiche in campo in Italia sono inconciliabili con i target di riduzione delle emissioni che i paesi devono raggiungere per centrare l’obiettivo dell’Accordo di Parigi;
se le emissioni nazionali dovessero continuare al ritmo attuale, l’Italia esaurirebbe il carbon budget a sua disposizione già nel 2025.

“In definitiva, dalla disamina di quanto sin qui descritto, è evidente -conclude il report- che la condotta dello Stato italiano in materia climatica non abbia complessivamente registrato alcun ravvedimento né sostanziale aumento di ambizione nel corso degli ultimi anni.
Ciò assume ancora più rilevanza dall’avvio, nel giugno 2021, del contenzioso con il quale si è portata all’attenzione del giudice civile l’inazione climatica di cui lo Stato è responsabile.
Al contrario, come osservato nel presente report, la condotta dello Stato italiano appare ancora in evidente contrasto con gli obblighi assunti a livello internazionale e con il ruolo che l’Italia si è vincolata a perseguire in termini di azione climatica.
Ciò si traduce in una grave omissione rispetto ai doveri che incombono sulle autorità italiane e si sostanzia in una pericolosa minaccia al godimento dei diritti fondamentali di tutte le persone sottoposte alla giurisdizione italiana.

Per tali ragioni, le istanze promosse dinanzi al giudice dai ricorrenti dell’azione legale A Sud e altri vs Italia non soltanto restano valide e attuali, ma risultano caratterizzate, a due anni e mezzo di distanza dall’avvio della causa, da elementi di urgenza e indifferibilità crescenti.”
Qui il report: https://asud.net/wp-content/uploads/2024/02/Report-Inerzia-al-potere-2024-def-ASUD.pdf.