L’allarme per i venti di guerra che percorrono il mondo con il perpetrarsi dell’aggressione genocida di Israele nei confronti del popolo palestinese, e la contemporanea preoccupazione prodotta nel nostro paese dai sistematici attacchi alla Costituzione, dall’autonomia differenziata alle ipotesi di premierato, hanno fatto passare sotto silenzio la pessima proposta di riforma della legge sulla caccia che ha come primo firmatario il leghista Bruzzone (naturalmente un cacciatore!).

Una proposta che è stata giustamente definita spara-tutto: libertà di cacciare su tutto il territorio nazionale, praticamente senza veri limiti, sette giorni su sette e per cinque mesi, senza alcuna garanzia per la sicurezza pubblica e per la difesa dell’ambiente e della biodiversità. In precedenza Fratelli d’Italia aveva addirittura proposto di aprire la caccia e di armare i sedicenni.

Le associazioni ambientaliste e animaliste sono sul piede di guerra e noi tutti non possiamo che schierarci al loro fianco. Tuttavia, per capire meglio, credo che occorra porsi una domanda in modo radicale. Qual è la logica che sta dietro simili scelte, che sembrano spingere verso una pratica di morte e distruzione?

Personalmente credo che i nostri governanti, sollecitati dal machismo tipico delle ideologie di destra, ma forse senza neanche rendersene del tutto conto, sono sempre più portati a fare proprio, e a volere generalizzare, un modello culturale e antropologico tipicamente nordamericano, basato sui valori (o meglio disvalori) dell’egoismo possessivo esasperato fino ai limiti dell’egoismo armato.

In genere per descrivere il retroterra culturale dell’affermarsi del moderno neoliberismo, si chiama in causa il modello rappresentato dall’ homo oeconomicus, imprenditore di se stesso e del proprio capitale umano ed in competizione per ottenere successo e ricchezze. Ma il riferimento a questo modello comportamentale è forse oggi addirittura riduttivo. Alla sua base sta in fondo l’ipotesi del generalizzarsi della competizione di mercato, che, almeno rispetto alle sue origini pre-capitaliste, prevedeva l’accordo tra le parti e la loro reciproca soddisfazione. Il modello dell’uomo nordamericano va oltre. La competizione si fa scontro, che nella sua massima espressione diviene scontro armato, tra soggetti in lotta per l’appropriazione delle ricchezze e per il possesso, nei modi della proprietà privata, degli spazi e degli ambiti sociali.

Lo scontro armato, reale o comunque costantemente incombente in quanto minacciato e sempre possibile, non è una semplice metafora. Non ci stancheremo mai di richiamare l’attenzione sulla incredibile diffusione delle armi negli Stati Uniti: 400 milioni di armi da fuoco per 330 milioni di residenti. In pratica 1,2 per ogni abitante, compresi bambini e anziani. Non a caso il tasso di omicidi è altissimo: 5 per centomila cittadini. In Italia è di 0,5: dieci volte più basso. La durezza della repressione poi non fa che peggiorare la situazione. I soli caduti per mano della polizia sono poco meno di 2000 e la barbarie della pena di morte non ferma il crimine, ma anzi (imitandolo) sembrerebbe incoraggiarlo.

Siamo di fronte al punto d’arrivo, e al materializzarsi, degenerato, del vecchio mito della libertà occidentale. Liberi tutti di cercare egoisticamente il meglio per sé, senza troppe regole e senza troppi impedimenti. Più che alle logiche di mercato, il riferimento qui sembrerebbe essere al vecchio modello dello stato di natura in cui tutti sono contro tutti, nella strana idea che lo scontro produca infine l’ordine sociale.

La questione non va assolutamente sottovalutata, derubricandola magari ad una semplice questione di ordine sociologico. La collocazione dell’Italia, ma più in generale della stessa Europa, nel mondo Occidentale, prima ancora che sulle scelte politiche e sulle alleanze militari, si fonda su un comune senso di appartenenza, rispetto al quale l’acquisizione e il gioco di valori e disvalori, restano, in ultima analisi, il dato fondante e costitutivo.
Il nostro futuro dipende dalla nostra capacità di affermare una cultura della pace e del disarmo contro la guerra e la diffusione delle armi. Una relazionalità altruistica ed affettiva contro l’egoismo possessivo e l’egoismo militarizzato.

Credo, pertanto, che l’opposizione al progetto di modifica della legge sulla caccia, tanto caro alle destre del nostro paese, debba andare oltre, fino a fare nostra la parola d’ordine “la caccia deve essere abolita”.